Un altro corpo di un uomo, ritrovato proprio sulla spiaggia di Steccato. Un’altra vittima, la 64esima, del naufragio avvenuto all’alba di domenica. Le ricerche proseguono anche oggi, a due giorni di distanza, con due elicotteri e il lavoro dei nuclei sommozzatori dei Vigili del Fuoco e della Guardia di Finanza. E chissà quando il mare restituirà tutti i corpi di chi era a bordo di quella imbarcazione. Il timore è che ad aver perso la vita siano oltre 100 persone, fuggite dai loro Paesi, in cerca di un futuro migliore. I racconti dei sopravvissuti ascoltati nel Cara di Capo Rizzuto restituiscono la cronologia della tragedia: ammassate nella stiva dell’imbarcazione c’erano almeno 150 persone, due scafisti “ci facevano salire per respirare per poi farci scendere sotto”. Un viaggio lunghissimo in queste condizioni, poi l’annuncio che la riva era ormai vicina e l’inizio dell’incubo: “All’improvviso il motore ha iniziato a fare fumo, c’era tanto fumo e puzza di olio bruciato“. Il superstite racconta: “Ho fatto in tempo ad afferrare mio nipote e a salire in coperta, dopodiché la barca si è spezzata e l’acqua ha iniziato a entrare”.

Le testimonianze sono contenute nei verbali del provvedimento di fermo, visionato dall’Adnkronos. Per il momento sono tre i presunti scafisti individuati dagli inquirenti: chi indaga ha scoperto che a ogni migrante solito a bordo sono stati chiesti circa 8mila euro. Mentre proseguono le indagini della Procura per capire cosa potrebbe non aver funzionato nella macchina dei soccorsi, si cerca di accertare le responsabilità di chi ha gestito il viaggio di quella barca partita da Smirne e che ha solcato il mare Egeo fino alle acque davanti la spiaggia di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone. “La Squadra Mobile della Polizia di Stato, la compagnia Carabinieri di Crotone e i finanzieri della Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza di Crotone, sotto il coordinamento di questo Ufficio di Procura, sono riusciti ad individuare tre presunti trafficanti di uomini che avrebbero condotto il barcone dalla Turchia all’Italia, nonostante le condizioni proibitive del mare, approdando sulle coste calabre e causando il terribile naufragio”, spiega la Procura. Si tratta di un cittadino turco e due pakistani, individuati “quali presunti responsabili principali della tragedia”. Secondo i primi accertamenti, si legge, “avrebbero richiesto ai migranti, per il viaggio di morte, circa 8 mila euro ciascuno“.

“Il turco con il tatuaggio sullo zigomo” – I tre sono stati individuati anche grazie alle testimonianze dei sopravvissuti. Nel primo racconto riportato dall’Adnkronos, l’uomo fa anche una descrizione di uno degli scafisti arrestati e portati in carcere: “Era un turco che aveva un tatuaggio sullo zigomo destro“, “non guidava ma dava ordini agli altri componenti dell’equipaggio. Lui era sempre seduto”. “Poi c’erano due pakistani, uno che era quello che ha gestito lo spostamento da Izmir alla prima barca“, dice un superstite sentito dalla Polizia giudiziaria. Un altro sopravvissuto comincia dal principio la sua testimonianza: “Ho lasciato la Siria nel 2015 per raggiungere la Turchia dive ho vissuto per otto anni, lavorando come pavimentista e muratore. Dopo tanti tentativi andati a vuoto per arrivare in Italia in cui sono stato arrestato, in questa ultima occasione, tramite Facebook ho contattato tale Abo Naser, palestinese conosciuto tramite un amico il quale ha organizzato questo viaggio”.

La partenza e il primo imprevisto – “La partenza era da Izmir. Per arrivarci mi trovavo in una casa a Istanbul dove io e altri siamo stati nascosti per una notte. Arrivato di notte a Izmir su un camion con altre 130 persone, ho incontrato un pakistano che poi si è imbarcato sino all’arrivo in Italia. Questa persona mi è rimasta impressa perché ha sorpreso mio nipote filmare con il cellulare e lo ha rimproverato, al punto che io ho litigato con lui”, spiega l’uomo. “Da qui ci siamo incamminati per circa tre ore in un bosco sino ad arrivare presso una spiaggia. Ci hanno raccolto tutti in un punto ed abbiamo aspettato un po’ fino a quando qualcuno ha fatto arrivare la barca con un segnale luminoso“. Qui il primo imprevisto: “E’ arrivata un’imbarcazione e siamo stati fatto salire. Iniziato il viaggio, dopo alcune ore la barca ha avuto una avaria ed il personale e l’equipaggio ha fatto arrivare una seconda imbarcazione sulla quale siamo stati fatti salire”. La seconda imbarcazione “è arrivata con quattro persone a bordo”: tra queste c’erano il turco con il tatuaggio sullo zigomo e un siriano, poi c’erano due pakistani.

La tragedia e la fuga degli scafisti – “Circa quattro ore prima dell’urto della barca è sceso nella stiva uno dei due pakistani e ci ha detto che dopo tre ore saremmo arrivati a destinazione. Lui si è ripresentato un’ora prima dello schianto dicendoci di prendere i bagagli e prepararci a scendere che eravamo quasi arrivati. All’improvviso il motore ha iniziato a fare fumo, c’era tanto fumo e puzza di olio bruciato”, racconta l’uomo in merito agli attimi prima del naufragio. “La gente nella stiva iniziava a soffocare e a salire su – si legge nei verbali riportati dall’Adnkronos – Ho fatto in tempo ad afferrare mio nipote e a salire in coperta dopo di che la barca si è spezzata e l’acqua ha iniziato a entrare. Quando sono salito senza più riscendere sotto c’erano circa 120 persone tra donne e bambini“. A quel punto, gli investigatori gli chiedono cosa hanno fatto gli scafisti. Ecco la risposta: “Ho visto che il siriano e due turchi hanno gonfiato un gommone e sono scappati. Non ho visto cosa ha fatto il turco con il tatuaggio sullo zigomo perché ho pensato a mettere in salvo mio nipote”.

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