Il ministro, in un'intervista al Corriere della Sera, ributta la palla nel campo politico, dicendo che "chi scappa da una guerra non deve affidarsi a scafisti senza scrupoli, devono essere politiche responsabili e solidali degli Stati ad offrire la via di uscita al loro dramma". E respinge ogni critica al nuovo codice di condotta sulle ong: "Nessun legame con il possibile aumento di morti in mare"
“Il messaggio deve essere chiaro: chi scappa da una guerra non deve affidarsi a scafisti senza scrupoli“. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, parla al Corriere della Sera a due giorni dal naufragio di Crotone nel quale hanno perso la vita 64 migranti, nel momento in cui si scrive, e dopo le polemiche nate dalle sue dichiarazioni nella conferenza stampa in Prefettura, nella quale ha detto che “la disperazione non giustifica i viaggi che mettono in pericolo i figli”. Il capo del Viminale rivendica le sue posizioni e si scaglia contro le opposizioni che lo accusano di disumanità e le “vuote strumentalizzazioni di chi non è riuscito finora a offrire reali alternative a illusori viaggi della speranza che mettono in pericolo vite umane”. E respinge ogni ipotesi di ritardo nei soccorsi: “Offensivo solo pensarlo”.
Il ministro ributta la palla nel campo politico, dicendo che “devono essere politiche responsabili e solidali degli Stati a offrire la via d’uscita al loro dramma”. Un modo per dire che sta alla politica trovare le soluzioni a una situazione insostenibile dal punto di vista umanitario. Ma se gli si ricordano le accuse rivolte al suo governo, in special modo per il nuovo e stringente codice di condotta per le ong impegnate nei salvataggi in mare, lui risponde: “Per occuparci concretamente della disperazione delle persone, e non a chiacchiere, così anche da evitare simili naufragi, ci siamo mossi sin dal nostro insediamento intensificando i corridoi umanitari con numeri (617 persone) che mai si erano registrati in un così breve lasso di tempo. In soli due mesi abbiamo anche approvato il decreto flussi che consentirà l’ingresso regolare di 83mila persone“. Gli sbarchi, però, sono più che raddoppiati rispetto allo stesso periodo del 2022 e addirittura triplicati rispetto al 2021. A questi numeri, e all’accusa di inutilità del codice di condotta, Piantedosi risponde che “nessuno ha mai pensato né affermato che l’applicazione di un quadro durevole di regole sui comportamenti in mare di navi private esaurisca la portata delle iniziative per mettere sotto controllo i flussi nel Mediterraneo. Il codice serve eccome perché, proprio in un quadro di numeri crescenti, la percentuale degli sbarchi sulle nostre coste determinati da assetti navali di ong si è sensibilmente abbassata. Non c’è alcun legame tra le nuove regole e il possibile aumento di morti in mare. Nella rotta presidiata dalle ong non si è verificato alcun evento che non sia stato adeguatamente fronteggiato da Capitaneria e Guardia di finanza”. E il naufragio di Cutro? “Chi mette questa tragedia in connessione con le nuove regole dice il falso, per ignoranza o malafede“.
Le domande sul corretto svolgimento delle operazioni di segnalazione e salvataggio dell’imbarcazione, però, rimangono. Ma su questo punto il ministro attacca: “Non c’è stato alcun ritardo. Ho presieduto la riunione a Crotone e so che sono stati fatti tutti gli sforzi possibili in condizioni del mare assolutamente proibitive. Per questo voglio ringraziare il personale che, mettendo a rischio la propria vita, interviene quotidianamente per salvare i migranti in difficoltà su barchini alla deriva e che navigano in condizioni di grave pericolo. È estremamente offensivo anche solo adombrare che abbiano derogato agli obblighi e alla innata vocazione”.
Adesso la discussione deve di nuovo tornare a livello europeo, per trovare una soluzione condivisa su un tema, quello del diritto d’asilo e della condivisione delle responsabilità a livello europeo, finito da anni in sabbie mobili che hanno congelato qualsiasi tipo di riforma degli accordi di Dublino. “Esiste sempre di più la consapevolezza che la cooperazione internazionale deve essere di comune interesse di tutti i Paesi membri e non solo di quelli di primo ingresso – conclude Piantedosi – Anche grazie alle pressioni che stiamo facendo si può intravedere un primo segnale di cambiamento di linguaggio e prospettiva. Il giudizio definitivo lo daranno i fatti, ma io mi auguro possano essere tangibili al più presto”.