Due giorni di silenzio e poi uno scontro, almeno parziale, su cosa è accaduto nella notte tra sabato e domenica lungo le coste calabresi. A oltre 48 ore dal naufragio che ha provocato almeno 64 morti, la Guardia costiera e Frontex forniscono le loro versioni sulle ore intercorse tra l’alert del velivolo dell’Agenzia europea e il naufragio nel Crotonese. E ci sono discordanze sul numero delle persone segnalate a bordo. Oltre a un chiarimento definitivo: non è mai stato lanciato un dispositivo di ricerca e soccorso, se non dopo il naufragio, mentre nelle sei ore successive all’avvistamento si è svolta un’attività di law enforcement, insomma un’operazione di polizia. È per questo, sostanzialmente, che le imbarcazioni della Guardia costiera non sono state attivate. Nonostante il mare in condizioni difficili nel quale navigava la Summer Love, il barcone che Frontex definisce “pesantemente sovraffollato” di migranti.

La Guardia costiera ha rotto il mutismo durato due giorni in seguito alla strage di migranti sulla spiaggia di Steccato di Cutro e ha spiegato che l’alert di sabato riportava di una barca in navigazione nel mar Jonio che “risultava navigare regolarmente, a 6 nodi e in buone condizioni di galleggiabilità, con solo una persona visibile sulla coperta della nave”, scrive in un comunicato. Il velivolo di Frontex, sostiene la Guardia costiera, ha inviato la segnalazione al punto di contatto nazionale preposto per l’attività di ‘law enforcement’ – ovvero la Guardia di finanza – “informando, tra gli altri, per conoscenza, anche la Centrale operativa della Guardia Costiera di Roma”.

La versione di Frontex non è collimante con quella della Guardia costiera. L’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera spiega infatti di aver “avvistato un’imbarcazione pesantemente sovraffollata” che “si dirigeva verso le coste italiane”. E “come sempre in questi casi, abbiamo immediatamente informato tutte le autorità italiane”. L’aereo non ha mollato l’imbarcazione continuando a “monitorare la zona fino a quando non è dovuto rientrare alla base per mancanza di carburante”. La barca, aggiunge Frontex, “trasportava circa 200 persone” specificando che “stava navigando da sola e non c’erano segni di pericolo”.

È in questo contesto che partono le due unità della Guardia di finanza per “intercettare” la barca. Lo scafo veloce V.5006 e il pattugliatore Barbarisi sono però costretti a rientrare a causa delle condizioni “avverse” del mare. Ma se le condizioni erano così severe da impedire la navigazione anche a una nave di 35 metri come il Barbarisi di stanza a Taranto, perché dopo il tentativo fallito si è immaginato che una barca “pesantemente sovraffollata”, come la descrive Frontex, potesse continuare a navigare tranquillamente verso le coste calabresi? E perché la Guardia di finanza, attiva in quel momento, non ha fatto monitorare l’imbarcazione da un proprio elicottero? La Guardia costiera ha spiegato che solo attorno alle 4.30 “sono giunte alcune segnalazioni telefoniche da terra relative ad un’imbarcazione in pericolo a pochi metri dalla costa”.

E a quel punto, aggiunge, i carabinieri, precedentemente allertati dai finanzieri, “giunti in zona hanno riportato alla Guardia costiera l’avvenuto naufragio”. Questa – sottolinea la Guardia costiera – è “la prima informazione di emergenza” riguardante la barca che era stata avvistata da Frontex. Nessuna segnalazione telefonica, sostiene il corpo militare, è “mai pervenuta ad alcuna articolazione della Guardia Costiera dai migranti, presenti a bordo della citata imbarcazione, o da altri soggetti come avviene in simili situazioni”. E Frontex sottolinea che “l’operazione di salvataggio è stata dichiarata nelle prime ore di domenica, dopo che il naufragio è stato localizzato al largo di Crotone”. Troppo tardi per salvare buona parte dei migranti.

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