L'interrogatorio del medico, che negli ultimi due anni ha intestato più di cento prescrizioni per farmaci e terapie ad Andrea Bonafede, il suo assistito che prestava l’identità al capomafia. Anche Bonafede junior nega le accuse
“Non ho mai avuto contatti, né diretti né indiretti, né professionali né personali, con questo soggetto che è stato identificato come Messina Denaro Matteo“. È questa l’autodifesa di Alfonso Tumbarello, il medico di Campobello in carcere con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e falso. Secondo il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, e l’aggiunto Paolo Guido, Tumbarello ha curato “consapevolmente” il boss di Castelvetrano. “Oltretutto, le ripeto, signor giudice, io per questi tre anni che c’è stato… ho condotto una vita monacale, casa e lavoro, senza alcuna frequentazione in giro per Campobello, nella maniera più assoluta”, ha proseguito il medico, che negli ultimi due anni ha intestato più di cento prescrizioni per farmaci e terapie ad Andrea Bonafede, il suo assistito che prestava l’identità al capomafia.
“Non posso essere certo, maperché non ricordo perfettamente, ma penso, penso, che almeno inizialmente sia venuto Andrea Bonafede, il pelato. Penso, non lo posso dare per certo. Mi ha esibito una… il referto di una colonscopia”, ha sostenuto Tumbarello davanti al gip Alfredo Montaldo, durante l’interrogatorio che è stato depositato davanti al tribunale del Riesame: i giudici, ieri, hanno respinto l’istanza di scarcerazione del dottore. Tumbarello ha raccontato di aver appreso dal vero Bonafede che il geometra si era ammalato di tumore. E di aver poi consegnato al cugino e omonimo di Bonafede – arrestato insieme al medico – le prescrizioni necessarie alle cure per il tumore e di non aver più visto i geometra. Al giudice che gli chiedeva quale spiegazioni gli veniva data al fatto che il paziente mandava il cugino a ritirare le ricette, Tumbarello ha risposto: “Mi è stata data la spiegazione che (il geometra Andrea Bonafede ndr) non voleva fare sapere niente a nessuno, in special modo ai suoi familiari, della sua patologia, di questa sua patologia importante, e siccome anche gli altri familiari erano pure assistiti miei, non voleva incontrarli nello studio”. E poi ha aggiunto: “D’altronde il segreto professionale è la base principale della serietà professionale“.
Insomma, dopo aver visto la diagnosi di cancro, Tumbarello per due anni avrebbe seguito a distanza senza visitarlo Bonafede (in realtà Messina Denaro) , a prescrivergli esami e farmaci “sulla base delle indicazioni di uno specialista oncologo che mi richiedeva di fare degli altri accertamenti”. “Ma non chiedeva a Bonafede di venire allo studio?” gli dice il gip. “Io l’ho sollecitato diverse volte, così come l’ha sollecitato diverse volte la mia segretaria, ma le risposte erano sempre le stesse. ‘Non vuole fare sapere niente a nessuno, specialmente ai familiari, di questa patologia”, la risposta. Il medico ha infine ammesso di aver organizzato un incontro tra l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino, poi condannato per traffico di droga, e il fratello di Messina Denaro Salvatore. All’incontro, però, svolto nel suo studio il dottore ha detto di non aver partecipato. Secondo quanto ha raccontato Vaccarino durante un processo del 2012, quell’incontro serviva per agganciare il boss latitante e aprire una corrispondenza epistolare, su input dei servizi segreti.
Anche Bonafede junior, l’uomo accusato di aver fatto da postino a Messina Denaro, ha negato le accuse. “È stata soltanto una bomba che è scoppiata e siamo qua e basta, cioè, dopo il 16 gennaio tutto è stato limpido e chiaro, tutto si è messo, come si suol dire, alla luce del sole”, ha detto l’impiegato comunale, è in carcere con l’accusa di aver fatto avere al capomafia, ammalato, ricette e prescrizioni fatte da Tumbarello e intestate falsamente al cugino geometra. Al giudice l’indagato ha assicurato di non aver mai saputo che il vero destinatario dei documenti medici fosse il capomafia. “Perchè non è andato dai carabinieri dopo l’arresto di Messina Denaro?”, gli chiede il gip. “Anche per paura sinceramente… Uno cerca di continuare a fare la sua vita in maniera coerente, mi aspettavo di essere chiamato sinceramente, anche lo stesso giorno o l’indomani, sono passati praticamente quattordici giorni, quindici giorni, e non mi aspettavo di essere arrestato, completamente, per me era una cosa impensabile questa“, risponde. Agli inquirenti l’indagato ha raccontato di essere stato incaricato dal cugino di prendere le ricette al suo posto perchè non voleva far sapere di essere malato. “Ma il dottore non le chiedeva perchè non andasse allo studio il suo assistito?”, gli chiede il giudice. “No, perchè era stato avvertito da lui”, risponde. Una argomentazione che va in contrasto con quanto riferito da Tumbarello che ha sempre raccontato che fu l’impiegato comunale a dirgli che si occupava lui di prendere le ricette perchè il cugino non voleva far sapere che stava male.