“C’è il pericolo di reiterazione del reato” perché gli scafisti arrestati potrebbero ripetere “nuove condotte di favoreggiamento di migranti a favore delle organizzazioni di appartenenza, anche sul territorio nazionale”. Fami Fuat, 50enne turco, e Khalid Arslan, 25enne pakistano, devono restare in carcere. Lo ha stabilito il gip del Tribunale di Crotone Michele Ciociola che ha convalidato il fermo per i due, accusati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, naufragio colposo e lesioni. Sono considerati due degli scafisti della barca carica di almeno 180 migranti che si è schiantata sulla costa di Cutro causando la morte di 67 persone.

“L’esistenza di strutture per ospitare i migranti prima della partenza, il servizio di trasporto sino ai natanti, la suddivisione dei ruoli, la presenza di canali di pagamento coinvolgenti l’apporto di terzi soggetti, il servizio di assistenza marittima rappresentano indici sintomatici di un solo dato fattuale: l’imperversare di una organizzazione“, scrive il gip nella ordinanza di custodia cautelare, sottolineando che i migranti a bordo del caicco naufragato sono stati “vittime di uno stato di necessità non altrimenti fronteggiabile se non mercé disperati viaggi della speranza“. I due scafisti sono stati fermati nella giornata di lunedì insieme ad un giovane di 17 anni, per il quale procede il Tribunale dei minorenni di Catanzaro che ha fissato l’udienza di convalida giovedì. Un quarto scafista risulta indagato ma al momento è irreperibile. Analizzando gli indizi a loro carico, il giudice conclude che “lo sbarco in esame non può essere ritenuto frutto di un epifenomenico accordo tra quattro amici al bar che, imbattutisi per caso fortuito in almeno 180 disperati, decidono di affrontare i perigli del mare per speculare sul desiderio di libertà dei disperati medesimi”.

Il sarcasmo del giudice – In altri passaggi dell’ordinanza e in particolare nel prologo, però, le considerazioni del gip lasciano spazio a un sarcasmo e a frasi irrituali: “In attesa dell’atteso ed osannato turismo crocieristico, l’Italia per alcuni giorni scopre altri esotici viaggi alla volta di Crotone e dintorni”, scrive ad esempio il gip Ciociola. Che poi prosegue: “Nel frattempo immarcescibili e sempre più opulente organizzazioni criminali turche (nel caso in specie, tuttavia, emergono appendici strutturali pakistane) brindano all’ultima tragedia umanitaria (il disastroso terremoto che inghiottiva parte della Turchia e della già martoriata Siria) che regalerà ai loro traffici ulteriori miriadi di disperati, disperati disposti a tutto pur di mettersi alle spalle un crudele presente ed un ancor più fosco futuro”. “Nel frattempo – si legge ancora nell’ordinanza – ha trovato tragica epifania quanto già in tante occasioni sfiorato e preconizzato”. E ancora: “Lungi dall’ergersi alla Cassandra di turno, chi scrive, gravato dagli orrori dell’ultima mareggiata pitagorica, si accinge a vagliare l’ultimo fermo disposto in materia di immigrazione clandestina”. “Diversamente dal consueto, il caso di specie registra decine di vittime, vittime di un destino sordo alle loro speranze e di uno stato di necessità non altrimenti fronteggiabile se non alla mercé di disperati viaggi della speranza”. E qui, il gip inizia a parlare delle “condotte contestate ai singoli indagati“.

La convalida del fermo – La decisione del giudice di disporre la custodia in carcere è motivata dal concreto pericolo di reiterazione del reato e anche della possibilità di inquinamento delle prove. Il gip considera i due scafisti “socialmente pericolosi“. Secondo Ciociola, “l’origine turca di uno dei due, ma anche di un terzo uomo di cui si sono perse le tracce, mal si concilia con la pretesa di confondersi tra i disperati”. Lo scafista inoltre, a differenza degli oltre 180 passeggeri, non era “ammassato nella stiva” ma poteva girare liberamente per la barca.
“Altri schiaccianti elementi a sostegno delle ipotesi accusatorie discendono dalle dichiarazioni dei soggetti escussi”, cioè dei superstiti, si legge ancora nell’ordinanza. Tutti “indicavano nei turchi Sami Fuat e Gun Ufuk i principali nocchieri del mezzo nautico”, scrive il giudice. “I colleghi pakistani Ishaq Hassnan e Kalid Arslan, invece avrebbero svolto attività accessorie funzionali alla gestione dei migranti, tanto sul territorio turco quanto sul mare aperto”, prosegue il gip. “Altro elemento valorizzabile è dato individuare nella reazione di alcuni sopravvissuti che nel mentre principiavano i soccorsi, cercavano di dare sfogo alla loro disperazione aggredendo uno dei fermati”, si sottolinea ancora nell’ordinanza.

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