Nei giorni scorsi è stato pubblicato il sesto rapporto Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità, che periodicamente fotografa lo stato di salute di quella parte della popolazione italiana (10% circa, circa 6.2 milioni di cittadini) costretta a vivere in luoghi inquinati da impianti industriali (i SIN=Siti di Interesse Nazionale).
Non dobbiamo dimenticare mai che dei circa 6,2 milioni di italiani studiati da Sentieri in quanto residenti in zone considerate inquinate da impianti industriali, ben 1.86 milioni sono solo campani (1.859.252 vs 6.228.031 = 29.85% del totale) e di questi circa 450mila residenti in Provincia di Caserta e circa 1.4 milioni in provincia di Napoli. I soli 2 SIN campani sostanzialmente equivalgono, come numero di cittadini studiati, a tutti i 22 SIN del Nord Ovest e del Nord Est di Italia (1.985.729 cittadini).
Per la Provincia di Napoli, non so perché, a suo tempo non sono stati inseriti i cittadini del nolano dove, tra i circa 700mila cittadini residenti, l’Atlante di mortalità regionale 2020 per tutte le cause pure ha identificato diversi Comuni con il doppio di rischio di mortalità dei Comuni di Terra dei Fuochi, all’interno di un territorio con antiche e tossiche maxi discariche come quelle appena scoperte a Tufino.
Ebbene, risulta ormai chiaro a tutti che nelle due Province più giovani ma più massacrate di Italia (Caserta e Napoli) il problema non discende da impianti industriali operanti senza adeguati controlli, come negli altri SIN, ma discende dal continuo, costante e mai fermato smaltimento scorretto e illegittimo non già dei rifiuti urbani ma dei rifiuti industriali e tossici, a cominciare dall’amianto. La Campania è l’unica Regione di Italia che, da oltre 30 anni, non ha e continua a non avere e non volere nessun impianto a norma per il corretto smaltimento finale delle oltre 22mila tonnellate al giorno di rifiuti industriali legali e delle non meno di 6mila tonnellate al giorno di rifiuti industriali e tossici illegali prodotti in regime di evasione fiscale e che quindi certamente ogni giorno vengono smaltiti illegalmente con danno certo alla salute. E non dobbiamo neanche più nominare Terra dei Fuochi.
Terra dei Fuochi è certamente un termine inappropriato per descrivere correttamente il fenomeno dello scorretto smaltimento giornaliero, continuo e costante dei rifiuti industriali e viene scorrettamente interpretato solo come roghi tossici. Oggi sappiamo che oltre all’inquinamento dell’aria questo scorretto smaltimento uccide anche per inquinamento delle falde acquifere almeno superficiali, come dimostrato per esempio nel caso Agrimonda.
Il report Sentieri dell’Iss, ormai da oltre 15 anni sempre ignorato e anzi aspramente criticato dalla Regione Campania e dai suoi medici negazionisti oltre ogni limite di correttezza scientifica e di ragione, purtroppo continua a confermare il danno: 1.668 decessi evitabili all’anno, numero costante da decenni. Sono circa 5 i cittadini al giorno che si ammalano e muoiono in eccesso e in maniera evitabile per inquinamento ambientale da impianti o rifiuti industriali. Per oltre metà dei casi (56%), quei decessi evitabili sono dovuti a tumori maligni. Gli eccessi di rischio e di ospedalizzazione interessano ovviamente anche i bambini, nei quali sono più frequenti anche le anomalie congenite.
“Discriminazione su discriminazione, emerge chiaro anche un gradiente Nord-Sud, con condizioni di ingiustizia distributiva per le comunità di Italia meridionale e Isole, dove il rischio ambientale e sanitario si somma alla maggiore fragilità e vulnerabilità socio-economica – Agostino Di Ciaula, presidente comitato scientifico Isde ha commentato – È purtroppo ancora drammaticamente valido quello che scrivevamo già nel 2015 su Epidemiologia e Prevenzione: i chiari risultati di Sentieri non hanno mai generato grande attenzione tra i decisori politici e il nostro Paese non è ancora attrezzato per la cultura della prevenzione primaria, obiettivo non perseguibile nel breve-medio termine. Si continua a lasciar vivere circa 6 milioni di Italiani (1.86 solo campani! nda) in condizioni di rischio inaccettabili per un Paese civile, spesso aggiungendo inquinamento ad inquinamento…”
La mortalità per tumori, per cause ambientali, è in eccesso del 4% tra i maschi e 3% per le femmine e la componente dovuta a tumori è responsabile del 56% di tutti gli eccessi osservati. Anche i ricoveri ospedalieri nei 46 SIN nel periodo 2014-2018 è risultata in eccesso del 3% per tutte le cause. I risultati riferiti all’età pediatrica e giovanile sono ancora più preoccupanti, così come gli eccessi di rischio a carico delle malformazioni congenite in numerosi SIN analizzati.
In Provincia di Napoli e Caserta quindi si vive di meno, si vive male, ci si ammala sempre prima e, cosa ancora più tragica, ancora oggi l’omertà della classe medica campana attribuisce maggiore importanza ai soli stili di vita individuali rispetto agli evidenti e tragici dati di pessima gestione del nostro ambiente di vita e di lavoro.
Siamo ancora i più giovani di Italia, ma ci ammaliamo e moriamo in maniera “evitabile” più di tutta Italia, e nessuno, soprattutto tra i medici, lo deve sapere e tantomeno fare qualcosa per rimediare. Registriamo quindi l’ennesimo, tragico e totale silenzio pure sui dati presentati dall’ennesimo report nazionale in data 25 gennaio 2023 (18esimo Rapporto Sanità da Crea Sanità).
“Lo studio della mortalità evitabile (capitolo 4c) rappresenta un’utile risorsa che concorre alla valutazione delle politiche sanitarie adottate perché individua la quota di mortalità contrastabile con misure di prevenzione primaria, diagnosi precoci, trattamenti efficaci e altri interventi di sanità pubblica… il divario geografico si amplifica ulteriormente analizzando il fenomeno a livello di maggior dettaglio territoriale come, ad esempio, l’area provinciale (Figura 4c.1.)”.
La “maglia nera” e record italiano ed europeo di mortalità “evitabile” era e resta la Provincia di Napoli! Oggi, 2023, ce lo confermano tutti: da Iss e Progetto Sentieri a Report Crea salute gennaio 2023. Mortalità “evitabile”: è il massimo del dolore per qualunque medico se ne renda conto, soprattutto se non riesce – come non riusciamo noi Medici dell’Ambiente della Campania – a risvegliare non solo le coscienze, ma soprattutto le responsabilità operative di chi deve agire e intervenire ad efficace contrasto!