La vicenda del superbonus “sembra quasi il cubo di Rubik per il quale, senza che si veda un metodo preciso, si continuano a modificare le facce senza mai far combaciare i colori”. La dg di Confindustria Francesca Mariotti ha commentato così, in audizione in Commissione Finanze della Camera, le tante modifiche alle norme sui crediti edilizi culminate nel blocco repentino della cedibilità deciso il 16 febbraio dal governo Meloni. Un intervento dietro il quale ci sono “considerazioni imprescindibili” legati alle nuove modalità di registrazione nei conti pubblici degli incentivi, che però “non possono validare le modalità con cui è stato attuato il repentino blocco delle operazioni di sconto in fattura e cessione. Eliminare tout court, e senza un ragionevole spazio transitorio, le forme di utilizzo alternative alle detrazioni ha minato l’affidamento, la capacità di programmazione e lo spazio di investimento di tutti gli operatori coinvolti”.
“Far venir meno in poche ore una disciplina, già in parte depotenziata nelle aliquote agevolative e su cui facevano affidamento numerose famiglie, prima ancora che numerose imprese, non è una buona prassi”, è il ragionamento di viale dell’Astronomia. Per questo “abbiamo in varie occasioni, anche in questi giorni, ribadito la necessità di un preventivo confronto con parti sociali e imprese: la lunga e travagliata storia di questi bonus avrebbe consentito, da tempo, l’avvio di un tavolo tecnico per calibrare i pur necessari correttivi, con le esigenze di famiglie e imprese”. Anche perché ora “i pareri di Istat e Eurostat hanno chiarito una volta per tutte che i crediti derivanti dai bonus edilizi sono già stati contabilizzati nel bilancio dello Stato e quindi, come sosteniamo da tempo, possono e devono essere pagati subito alle famiglie e alle imprese dell’edilizia. Quelle stesse imprese che, come certifica l’Istat, hanno trainato il Pil del 2021 e del 2022 (+20,7% e +10,2% il valore aggiunto delle costruzioni nei due anni) e che se messe in condizioni di operare possono fornire un apporto determinante anche alla crescita del 2023”.
La dg di Confindustria ricostruisce: “L’urgenza dell’intervento normativo è motivata da una preoccupazione per la dimensione economica assunta dai bonus. Infatti, alla data del 31 dicembre 2022, i crediti di imposta generati dalle opzioni di sconto e cessione ammontano già a circa 105 miliardi di euro e si prefigura un loro possibile incremento a 120 miliardi per effetto del termine più ampio (31 marzo 2023) concesso ai contribuenti per comunicare le citate opzioni in relazione alle spese sostenute nel 2022″. I dati “vanno però esaminati nella loro complessità: questi crediti d’imposta hanno agevolato lavori che in larga parte non sarebbero stati eseguiti e hanno portato nelle casse pubbliche entrate fiscali derivanti da queste attività (quelli sui redditi degli occupati del settore, le imposte indirette su materiali e prodotti, ecc.)”.
I bonus edilizi, infatti, hanno “favorito la crescita molto sostenuta del settore delle costruzioni che si è osservata negli ultimi anni in Italia: gli investimenti del settore (a prezzi costanti) si trovano a valori del 25% superiori al periodo pre-Covid ma il valore aggiunto del settore rimane ancora del 26% sotto i livelli del 2007″. Questa espansione ha avuto “risvolti positivi in termini di occupazione nel settore edilizio e sull’occupazione in generale: +213mila occupati in più nel 3° trimestre 2022 rispetto a fine 2019. Non dobbiamo trascurare poi gli effetti sulla filiera: nel 2021 e 2022 l’espansione dell’edilizia ha fatto da traino all’attività di diversi settori dell’industria italiana”.