Il fango, le querele, la vergogna, la pena. Quindi il consueto refrain rispolverato in ogni occasione di difficoltà: “Ma vi pare che un papà…”. Più per difendersi che per difendere la Guardia Costiera, che nessuno ha attaccato sminuendone impegno e professionalità, Matteo Salvini sfodera tutto il campionario fatto di minacce a “certi” giornalisti, accusati di fare politica quando da domenica chiedono solo che venga chiarito il quadro delle operazioni messe in campo nella notte tra sabato e domenica prima che il barcone di migranti si schiantasse a 150 metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro provocando almeno 67 morti. E cercano di capire quali “regole d’ingaggio” abbiano estromesso dalla ricerca del barcone gli uomini più professionalizzati e meglio equipaggiati. Sono le stesse domande che ora si pone la procura di Crotone guidata da Giuseppe Capoccia. E al di là degli aspetti penali – i pubblici ministeri hanno chiesto a Guardia di Finanza e Guardia costiera gli atti della loro attività nelle ore antecedenti il naufragio – restano i silenzi da una parte e i chiarimenti arrivati dall’altra. E a volte fanno a pugni.
L’oltraggio che non c’è – Mercoledì Salvini, stretto anche tra le richieste di chiarimento da parte di Fratelli d’Italia e le polemiche sul ministro Piantedosi a lui vicinissimo, è partito all’attacco: “Solo pensare che il ministro dei Trasporti che è un papà abbia non solo detto ma anche solo pensato di non intervenire è un oltraggio: chi vuole fare polemiche, far politica su questo, lasci in pace pezzi dello Stato, la Guardia costiera. Se uno non è avvisato non interviene, se è avvisato a cose avvenute fa il possibile. Prima della strage nessuno è stato avvisato. Non c’è stata nessuna richiesta di soccorso alla Guardia costiera fino a disastro avvenuto”. Il ministro sposta insomma l’attenzione sul piano del dolo quando invece la vicenda in prima battuta ha contorni di tutt’altro tipo. Per dire: sei anni fa, come ricostruito da ilfattoquotidiano.it, tra i suoi “principi precauzionali” spiegava pubblicamente esserci che “ogni barca sovraffollata è un caso Sar e una possibile situazione di pericolo”. Sabato questo era quantomeno un sospetto: Frontex segnalava la forte possibilità che ci fossero “altre persone sotto coperta” vista la “significativa risposta termica” delle immagini fotografiche scattate. E specificava anche che non erano visibili giubbotti di salvataggio, altro elemento da tenere in considerazione per la catalogazione dell’intervento come Sar. Quel principio era riportato nelle slide di una presentazione della stessa Guardia costiera all’ISU Associate Members’ Day che si tenne a Londra il 22 marzo 2017. Di più: nel comunicato di martedì la Guardia costiera rimarcava come non fossero mai arrivate richieste d’aiuto dall’imbarcazione. Sei anni fa, invece, negli aspetti precauzionali evidenziava che “la fase di distress inizia anche senza un esplicito segnale di soccorso”. Nel mezzo sono arrivati due decreti Sicurezza, voluti da Salvini, con nuove regole d’ingaggio. Resta da capire se sia cambiato qualcosa anche sotto il profilo della precauzione.
I cronisti “volgari” ma nessuno ha accusato gli operatori – La sua “verità dei fatti”, il ministro l’ha condensata in un monologo di tre minuti durante i quali ha sostenuto: “Per certa sinistra ignorante gli assassini non sono trafficanti, mafiosi e scafisti, ma donne e uomini della gloriosa Guardia Costiera Italiana. Vergogna. Per voi solo pena, e querele”. E ha attaccato: “Figurati se non vogliamo salvare i bambini in mare, quando però si tirano in ballo pezzi di Stato, quando qualcuno insulta il sacrificio di 10mila e 200 persone della Guardia costiera, se qualcuno titola che la Guardia costiera ha lasciato morire i migranti commette uno scempio, anche solo sospettare è uno scempio, ignorando i fatti e le procedure, è volgare. I giornalisti prima di far domande dovrebbero studiare i dossier”. Ma nessuno ha accusato la Guardia costiera di aver “lasciato morire” i migranti. L’interrogativo è legato proprio all’aspetto politico: quale procedura, al di là dei “profili di precauzione” che la stessa Guardia costiera si era data, non ha permesso ai più esperti soccorritori del mare di intervenire almeno per ‘scortare’ il barcone? Il sospetto che trasportasse migranti, del resto, esisteva visto che la Guardia di finanza si era mossa per law enforcement e a bordo era stato rilevato un telefono turco. Se la Guardia di finanza era stata costretta a rientrare a causa delle condizioni meteo-marine nessuno ha immaginato che il barcone – mai monitorato dopo il sorvolo del velivolo Eagle 1 di Frontex – potesse avere difficoltà ad affrontare il mare? Del resto, la prima difesa di Salvini era partita da più lontano, sempre con la minaccia delle querele: “Solidarietà a donne e uomini della Guardia costiera, che fanno sforzi immani per salvare vite e contrastare i trafficanti di esseri umani: chi osa metterne in dubbio l’impegno, lo sforzo e la straordinaria professionalità ne risponderà nelle sedi opportune”. Gli unici che di fatto hanno indirettamente sminuito le capacità degli operatori riducendo tutto a una questione di condizioni del mare, per paradosso, sono stati alcuni componenti del governo e della maggioranza che in televisione hanno ripetuto come un mantra le difficoltà delle condizioni meteo. Un esempio per tutti: il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha sostenuto al Tg4 che “le imbarcazioni della Gdf e Guardia costiera non hanno potuto raggiungere” la barca perché “il mare era talmente forte”.
Le capacità tecniche e il coordinamento – Ma alla fine lo ha spiegato il comandante Vittorio Aloi, che guida la Capitaneria di porto di Crotone: “A noi risulta che domenica il mare fosse forza 4 ma motovedette più grandi avrebbero potuto navigare anche con mare forza otto”. La Guardia costiera insomma aveva tutte le capacità tecniche almeno per provare un intervento. E del resto ci sono decine di comunicati degli scorsi anni nei quali si racconta di operazioni tanto pericolose quanto efficaci in altura, anche a decine di miglia dalla costa, per salvare vite umane da parte degli straordinari professionisti della Guardia costiera. Salvataggi che hanno riguardato diportisti e migranti. Basti pensare che sempre in Calabria, due anni fa, le stesse motovedette – CP321 e CP323 – mandate in acqua dopo lo schianto del barcone vennero spedite in soccorso di un peschereccio con oltre cento migranti a bordo. Il mare era forza 6/7 e c’erano raffiche di vento a 40 nodi. I due mezzi della Guardia costiera – insieme a terzo spedito da Siracusa – ‘scortarono’ i migranti per circa 24 ore aiutati da una portacontainer usata a mo’ di diga e riuscirono a portare tutti a terra. Per dirla con le parole dell’ammiraglio Vittorio Alessandro, ex portavoce della Guardi costiera, la questione è legata a “un orientamento pericoloso” e non un atto d’accusa “con cui si cercano colpevoli”. Qual è l’orientamento? “È come se di fronte a un incendio che sta divorando case e persone si invia la polizia che deve identificare il piromane. No, si devono chiamare i vigili del fuoco”. Proprio questo è il punto. E riguarda Salvini: è lui ad aver rivendicato mercoledì, in maniera molto enfatica, di essere “onorato di coordinare” la Guardia costiera travalicando il ruolo politico e intestandosene uno operativo. Ma il ministro, così attivo sul fronte dei social e delle dichiarazioni pubbliche, non ha ancora risposto alla richiesta di audizione in Parlamento presentata dalle opposizioni.