La procura di Napoli aveva chiesto le condanne per gli imputati lo scorso novembre. Oggi dirigenti, procuratori e calciatori sono stati prosciolti per intervenuta prescrizione o assolti perché il fatto non sussiste. Il primo grado del processo su calcio e fatture nato dall’inchiesta nel 2016 portò a 64 indagati si è chiudo con questo verdetto. Per gli inquirenti esisteva “un radicato sistema” messo in piedi da 35 tra società di serie A e serie B e da un centinaio tra dirigenti, calciatori e procuratori sportivi. Dodici milioni di euro l’evasione contestata. Imputati l’ad del Milan Adriano Galliani, il patron del Napoli Aurelio De Laurentiis, il presidente della Lazio Claudio Lotito a quello della Fiorentina Andrea Della Valle (quest’ultimo assolto per non aver commesso il fatto). Coinvolti anche alcuni calciatori tra i più importanti, soprattutto argentini: da Crespo a Denis, da Paletta al Pocho Lavezzi. Assolti anche loro. E poi i procuratori, con in prima linea Alessandro Moggi, fulcro di molte delle operazioni di mercato finite al centro dell’inchiesta della procura partenopea e anche lui prosciolto per prescrizione in relazione ad alcuni episodi, e perché il fatto non sussiste per gli altri casi contestati.
Alessandro jr è stato invece condannato a un anno, con sospensione della pena, per un presunto episodio di evasione fiscale legato alla cessione di Lavezzi dal Napoli al Psg sul quale la sua difesa ha già annunciato appello. Per lui la procura aveva chiesto 2 anni e 8 mesi di reclusione. Evasione fiscale e emissione e utilizzazione di fatture per operazioni “soggettivamente” inesistenti i reati all’epoca ipotizzati dal pool di magistrati. Secondo l’accusa, le operazioni di mercato sarebbero state realizzate attraverso un sistema che da un lato avrebbe sottratto soldi alle casse dello Stato e dall’altro favorito società, calciatori e soprattutto i loro agenti. Un teorema, dicono i difensori, smentito dalla sentenza. I procuratori – l’ipotesi dei magistrati – avrebbero fatturato in maniera fittizia alle sole società calcistiche le loro prestazioni, simulando che la loro intermediazione fosse resa nell’interesse esclusivo dei club, mentre di fatto tutelavano gli interessi degli atleti. In altre parole lavoravano per i calciatori ma incassavano dalle squadre. Le società, da parte loro, ne avrebbero approfittato per dedurre completamente dal reddito imponibile queste spese, beneficiando altresì della detrazione dell’Iva relativa alla “pseudo prestazione” ricevuta in esclusiva. Nel mirino della procura partenopea finirono, tra gli altri, i trasferimenti di Legrottaglie dalla Juventus al Milan, di Liverani dalla Fiorentina al Palermo, di Mutu dalla Juve alla Fiorentina, di Immobile dalla Juve al Genoa, di Milito dal Genoa all’Inter e di Crespo dal Chelsea all’Inter. “Sono super tranquillo, è tutta fuffa“, commentò il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis nel giorno della notizia della maxi inchiesta. Lo stesso fece Adriano Galliani, all’epoca ad del Milan, parlando di “vicenda assolutamente marginale e non fondata”. Sette anni dopo la sentenza di primo grado ha segnato un punto a loro favore.
“La sentenza emessa stamani dal Tribunale di Napoli certifica al di là di ogni ragionevole dubbio la completa insussistenza delle accuse mosse ad Alessandro Moggi e all’intera serie A. Non vi era alcun ‘sistema’ di triangolazione fiscale irregolare in relazione alle operazioni di compravendita dei calciatori. Il Tribunale ha sconfessato duramente la tesi della Procura ed ha assolto il procuratore sportivo da tutti i capi di imputazione riguardanti le operazioni di compravendita dei calciatori ‘perché il fatto non sussiste’. sottolinea in una nota l’avvocato Fabrizio D’Urso che con Vanni Cerino difende Moggi – Di tale pronuncia ne hanno beneficiato anche le società che hanno ricevuto le fatture emesse e, per l’effetto, sono stati assolti con Moggi anche tutti i rappresentanti legali delle società calcistiche”. “Mi sembra veramente surreale – commenta Alessandro Moggi, con riferimento all’imputazione per cui è stato condannato – che il mio nome venga ripetutamente accostato in modo negativo lasciando aperti spiragli di intendimenti che anche questa volta sono risultati privi di ogni qualsivoglia consistenza reale. La sola ipotesi accusatoria che rimane in capo alla mia attività, riguarda infatti una vicenda squisitamente fiscale relativa all’Iva da versare per una operazione all’estero (la cessione di Lavezzi al Psg). Vicenda, questa, che sarà sicuramente chiarita con i motivi di appello, come finora ho sempre dimostrato”.