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Il presidente tunisino alimenta il razzismo contro i sub-sahariani nel Paese: “Rischio sostituzione etnica”. E così spinge le partenze

Attivisti, società civile e opposizioni nel Paese hanno subito condannato le dichiarazioni di Saied, definendole "razziste" e "fasciste". Mentre complimenti sono arrivati dall'ultranazionalista francese Eric Zemmour. In centinaia, nonostante vivano nello Stato maghrebino da anni, stanno già tornando a casa, mentre agli studenti viene detto di girare sempre con i documenti in tasca. E si ipotizzano ripercussioni anche sui flussi verso Italia ed Europa

“C’è un accordo criminale che è stato preparato dall’inizio di questo secolo per cambiare la composizione demografica del Paese”. No, non è il solito ritornello di qualche politico di destra europeo. A pronunciare queste parole è il capo dello Stato di uno dei Paesi al di là del Mediterraneo: la Tunisia. Kais Saied ha infatti iniziato una vera e propria campagna d’odio contro gli immigrati sub-sahariani, regolari e non, residenti nel Paese nordafricano. Il 21 febbraio scorso, durante una seduta del Consiglio Nazionale di Sicurezza dedicata alla risoluzione dei problemi del fenomeno migratorio in Tunisia, Saied ha sottolineato la necessità di “porre fine rapidamente a questo fenomeno, soprattutto perché gli immigrati incontrollati provenienti dall’Africa sub-sahariana” sono responsabili di “violenza, crimini e pratiche inaccettabili”. Saied accusa poi i partiti politici di complottare contro lo Stato tunisino avendo accettato “grosse somme di denaro dopo il 2011 per l’insediamento di immigrati clandestini” nel Paese. Attivisti e società civile in Tunisia hanno subito condannato le dichiarazioni di Saied, definendole “razziste” e “fasciste”, mentre l’opposizione ha risposto alle accuse e alle dichiarazioni del presidente mettendo in guardia dal ripetersi della retorica razzista del politico di estrema destra francese Eric Zemmour in Tunisia.

“La Grande Sostituzione” – L’ex candidato alla presidenza francese, non a caso, è stato uno dei primi a lodare le dichiarazioni di Saied e, in un tweet, scrive che “gli stessi Paesi del Maghreb cominciano a lanciare l’allarme di fronte all’impennata migratoria. Qui è la Tunisia che vuole prendere misure urgenti per proteggere la sua gente. Cosa aspettiamo a combattere contro la Grande Sostituzione?”. Il cosiddetto “Grand remplacement“, in francese, è una teoria del complotto di estrema destra diffusa dall’autore francese Renaud Camus negli ambienti nazionalisti secondo la quale gli immigrati non bianchi potrebbero, con l’immigrazione di massa, soppiantare le popolazioni autoctone e cambiare drasticamente la demografia di un Paese. Un cavallo di battaglia dei movimenti di destra estrema identitaria presenti nel continente europeo.

E non solo: nonostante le critiche degli attivisti, le ultime dichiarazioni di Saied sono state sostenute da diversi tunisini sui social. “La soluzione è espellerli e rafforzare il monitoraggio e la verifica di ogni persona che si trova sul suolo tunisino senza visto e in modo illegale”, è solo uno dei commenti. Secondo un sondaggio del 2022 commissionato da BBC News Arabic, l’80% dei tunisini ritiene che la discriminazione razziale sia un problema nel proprio Paese, il dato più alto nella regione del Medio Oriente e del Nord Africa. Ed è proprio questo razzismo, evidentemente non solo percepito, che Saied cerca di cavalcare con la sua retorica populista, addossando la colpa dei problemi economici e sociali sugli immigrati. L’Unione africana (Ua) ha condannato le dichiarazioni del presidente tunisino mettendo in guardia contro “l’incitamento all’odio razziale” e convocando il rappresentante tunisino nell’Ua per un incontro urgente. Ha poi ricordato che gli Stati membri dell’Ua sono obbligati “a trattare tutti i migranti con dignità”. Il 25 febbraio centinaia di persone sono scese per le strade della capitale tunisina per chiedere al presidente di scusarsi con i migranti subsahariani. “Abbasso il fascismo, la Tunisia è un paese africano” erano i cori urlati dai manifestanti.

Clima d’odio – In Tunisia si respira quindi un’aria pesante e il clima d’odio verso gli immigrati è aumentato esponenzialmente nelle ultime settimane. L’1 marzo l’Associazione degli studenti e degli stagisti africani in Tunisia (Aesat) ha esortato i suoi membri a non uscire se non per le emergenze e portare sempre con sé i documenti d’identità. L’Aesat lamenta infatti che diversi studenti dei paesi sub-sahariani sono stati arrestati nonostante la loro situazione legale. “Sebbene alla fine siano stati rilasciati, uno di loro ha trascorso sei giorni in detenzione, metà dei quali senza cibo. Pertanto, non sorprende che gli studenti non osino sporgere denuncia durante gli attacchi per paura di essere vittime di questi arresti ingiustificati”, ha dichiarato l’associazione in un comunicato stampa. Intanto, Guinea e Costa d’Avorio hanno iniziato a rimpatriare centinaia di loro cittadini. Secondo quanto riporta il quotidiano The New Arab, più di 800 ivoriani si sono registrati per essere rimpatriati, molti dei quali erano in Tunisia da più di cinque anni prima di ricevere improvvisamente l’ordine di andarsene. Secondo i dati del Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes), circa 21mila migranti privi di documenti provenienti da altre parti dell’Africa soggiornano attualmente nel piccolo Paese nordafricano. Molti migranti irregolari provenienti dalla Costa d’Avorio, dal Camerun, dal Ghana e dalla Guinea svolgono infatti lavori mal pagati e in nero nel tentativo di raggiungere l’Italia e l’Europa in generale. La situazione attuale in Tunisia non fa che accelerare questo processo, portando a eventuali situazioni incontrollabili in tutto il Mediterraneo.