Un ospedale pienamente operativo, ma anche un sistema di emergenza con dieci ambulanze di soccorso sul territorio delle regioni contese e cinque team che curano i pazienti delle città e dei paesi sotto assedio attraverso il sistema delle cliniche mobili. Nel Donbass, Medici Senza Frontiere è l’unica organizzazione internazionale presente, baluardo sanitario nella zona più calda e drammatica dell’Ucraina in guerra: “Noi arriviamo dove altri non riescono – spiega il coordinatore del ‘Progetto Donbass’, Vincenzo Porpiglia – e siamo presenti in Donbass dall’inizio del conflitto. Anzi, eravamo in Ucraina già dal 2014, quando è scoppiato il conflitto interno, poi dopo l’invasione del 24 febbraio 2022 è cambiato tutto, facendo entrare in azione l’Emergency Pool. Per portare avanti il nostro lavoro c’è un team di 135 persone che lavora tra Dnipro e alcuni centri del Donbass, impegnato su vari fronti, tanti quanti sono i nostri progetti attivati nel concreto. Da sempre Msf si muove in maniera diretta negli scenari di guerra e va dritto al punto. Le nostre regole d’ingaggio sul fronte della sicurezza sono diverse dalle altre organizzazioni che possono operare spesso solo in remoto. Certo, qualora i russi dovessero assumere il controllo di Bakhmut, la prima città a essere minacciata sarebbe proprio Kostantinivka. Non è detto dunque che in futuro lo scenario possa cambiare per noi, vedendoci costretti a evacuare da qui e garantire la nostra attività più a occidente, dietro una linea di sicurezza”.
Msf garantisce cure ai civili che, ostinatamente, sono voluti rimanere nelle loro case minacciate dalla guerra nei centri abitati della provincia del Donetsk. Attraverso un sistema di cliniche mobili ciclicamente il personale sanitario, composto sia da infermieri sia da medici, si sposta sul terreno toccando 24 località. Un servizio fondamentale per una popolazione la cui età media è molto alta e le necessità sanitarie spesso urgenti. Diabetici e cardiopatici ricevono cure sul posto. Il progetto è stato attivato nell’ottobre scorso. La base è a Slov’jansk, altra città minacciata dall’avanzata russa e nel 2014 al centro di violenti combattimenti tra filorussi e forze ucraine per il controllo della città, oggi nelle mani di Kiev.
C’è poi un altro pezzo del ‘Progetto Donbass’: “Abbiamo attivato equipaggi di soccorso per le emergenze sul territorio con personale locale a bordo di una decina di ambulanze – aggiunge Porpiglia, in Donbass dal giugno del 2022 -. Una specie di 118 in zone di guerra con Intensive Care Unit. Nelle prime due settimane di febbraio abbiamo soccorso 220 pazienti. Per quanto concerne la parte dei soccorsi, Msf è stata la prima a coprire le emergenze per la cittadinanza nei centri liberati dalle occupazioni russe, anche fuori dal Donbass. Penso a Izium e a tutto l’oblast di Kharkiv, dove la gente non aveva più niente ed era in condizioni drammatiche”. Infine il progetto base. Se a Kostantinivka non ci fosse l’ospedale gestito direttamente da Medici Senza Frontiere praticamente non sarebbe possibile curare i civili feriti durante il conflitto. La guerra nel Donbass ha stravolto tutto, compreso il sistema sanitario nella parte nord-occidentale della regione ancora sotto il controllo ucraino. Da Pokrovsk a Kramatorsk, fino a Slov’jansk non esistono centri sanitari dotati di chirurgia di guerra in grado di curare ferite provocate da esplosioni e da armi da fuoco. Dopo la formazione garantita da personale chirurgico internazionale, ora praticamente assente in ospedale, due chirurghi locali garantiscono gli interventi chirurgici per ferite di guerra. A gestire l’ospedale solo personale locale, tra sanitari, logisti, addetti alla sicurezza e così via: “Il conflitto si sta radicalizzando e in ospedale arrivano sempre più feriti e la situazione potrebbe peggiorare”.