“Nessuno accuserebbe mai un diabetico di essere responsabile della sua malattia, mentre in molti sono pronti a puntare il dito contro una persona obesa e le sue presunte scelte di vita sbagliate. Ma la verità è che così come nessun diabetico sceglie di diventarlo, anche l’obeso non sceglie di esserlo”. È un messaggio chiaro e preciso quello che Marco Chianelli, coordinatore della Commissione Obesità e Metabolismo dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME), lancia in occasione della Giornata mondiale dell’obesità, che si celebra il prossimo 4 marzo. Quello che lo specialista ritiene necessario è un vero e proprio cambio di paradigma in cui l’obesità non è più considerata una colpa, ma una vera e propria malattia. Ed è anche uno dei messaggi chiavi dello slogan “Changing Perspectives: Let’s Talk About Obesity” (“Cambiare le prospettive: parliamo di obesità”, scelto per l’edizione di quest’anno della Giornata mondiale dell’obesità. È
I numeri dell’emergenza dell’obesità in Italia e nel mondo sono allarmanti. Si stima che a livello globale un miliardo di persone, cioè una su sette, convivono con l’obesità, e nel 2035 saranno quasi 2 miliardi, ovvero quasi uno su quattro degli abitanti del nostro pianeta. Secondo i dati del quarto Italian Barometer Obesity Report, in Italia sono 6 milioni le persone con obesità, circa il 12 per cento della popolazione adulta. Nel nostro paese le persone in eccesso di peso sono più di 25 milioni, ovvero più del 46 per cento degli adulti (oltre 23 milioni di persone), e il 26,3 per cento tra bambini e adolescenti di 3-17 anni (2 milioni e 200mila persone). A livello territoriale emergono significative differenze, con punte del 31,9 per cento al Sud e del 26,1 per cento nelle Isole relativamente ai bambini e adolescenti in eccesso di peso.
L’obesità è in Italia una sfida irrisolta di salute pubblica che troppo spesso viene sottovalutata e ignorata da adulti e genitori; l’11,1 per cento degli adulti con obesità e il 54,6 per cento degli adulti in sovrappeso ritiene di essere normo peso e il 40,3 per cento di genitori di bambini in sovrappeso o obesi ritiene i propri figli sotto-normo peso.
Quando non si sottovaluta o si sottostima, l’obesità è vissuta come una colpa. Non solo dall’opinione pubblica, ma in parte anche dalla classe medica e questo può avere ripercussioni anche sui trattamenti. Una ricerca condotta sugli endocrinologi dell’AME, recentemente pubblicata sulla rivista Frontiers in Endocrinology, ha rilevato che solo 2 specialisti su 5 prescrivono ai propri pazienti obesi, in alcuni casi anche gravemente, i farmaci. In particolare, la metformina è stata utilizzata in media sul 30% dei pazienti, la liraglutide nel 10% dei casi, mentre orlistat e naltrexone/bupropione ancora più raramente.
“La tendenza alla sottoprescrizione dei farmaci – spiega Renato Cozzi presidente di AME – dimostra che l’assioma ‘il paziente obeso, è obeso perché mangia’, è ancora adottato da molti medici, anche da alcuni specialisti. In realtà, l’obesità non è determinata dalla cattiva volontà dei pazienti, ma è una vera e propria patologia cronica che va curata valutando tutte le opzioni terapeutiche disponibili, farmaci e chirurgia compresi”. Per raggiungere l’obiettivo di una maggiore appropriatezza terapeutica sono state realizzate e pubblicate la prima Linea Guida “Terapia del sovrappeso e dell’obesità resistenti al trattamento comportamentale nella popolazione adulta con comorbilità metaboliche”. “Il documento, lungo 373 pagine, è focalizzato sia sulla terapia farmacologica che su quella chirurgica nei pazienti in sovrappeso e obesi affetti da comorbilità metabolica”, spiega Chianelli. “I medici hanno quindi a disposizione una vera e propria guida – continua – in grado di fornire indicazioni chiare e utili sulla terapia migliore – da cambiamenti nello stile di vita ai farmaci fino alla chirurgia – a cui sottoporre i pazienti in base alle loro caratteristiche (sesso, età, status socioeconomico, ecc.), all’Indice di massa corporea e alle comorbilità presenti”. La nuova Linea Guida mettono quindi fine al “fai da te” dei medici. “Sdoganano la terapia medica e chirurgica – sottolinea Chianelli – ed evidenziano che prescrivere ai pazienti la terapia giusta non è solo possibile, ma anche doveroso”.
La terapia farmacologica è un’opzione anche per i giovanissimi. La prima scelta è l’adozione di uno stile di vita sano, con un’alimentazione corretta e regolare attività fisica. Ma quando ciò non basta, già a partire dai 12 anni di età nei ragazzi obesi è possibile usare farmaci per perdere peso e abbattere il rischio di sviluppare malattie correlate a un peso eccessivo. Questa è infatti l’indicazione che arriva dalle nuove linee guida per il trattamento dell’obesità infantile e degli adolescenti della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (Siedp) alla luce dei farmaci ora disponibili, di cui uno autorizzato nel dicembre scorso anche per uso pediatrico che sta entrando nella pratica clinica. “L’obesità non è una colpa né una scelta, ma una malattia cronica e complessa non del bambino ma di tutta la famiglia”, ribadisce la presidente Siedp, Mariacarolina Salerno. “Il farmaco non sostituisce, ma si affianca alla correzione dello stile di vita. Una possibilità che non avevamo e che ora è disponibile: farmaci che comportano una riduzione del peso anche del 10%», ribadisce il primo autore delle linee guida, Claudio Maffeis, professore di Pediatria all’Università di Verona. “Poi, se nemmeno le medicine funzionano, si può considerare l’intervento chirurgico”, conclude Maffeis.
Ma prima delle terapie mediche è forte la necessità di investire sulla prevenzione e, ancora prima, sulla conoscenza del problema. “Comunicare la salute significa riuscire a sviluppare l’empowerment del singolo affinché interiorizzi le scelte salutari e contribuisca in modo attivo nel processo di costruzione della propria salute, orientando le scelte di consumo e le proprie abitudini”, dichiara il ministro della Salute Orazio Schillaci. “L’obiettivo è rendere il cittadino responsabile cioè ‘consapevole delle conseguenze delle proprie scelte’ ma non colpevole. Quando parliamo di obesità – conclude – la prevenzione è la chiave di volta: investire di più per incoraggiare l’adozione di stili di vita salutari a partire da una corretta e sana alimentazione e dal contrasto alla sedentarietà. Iniziamo dalle scuole per diffondere la cultura della prevenzione”.
Valentina Arcovio