“Credo sia giunto il momento che l‘industria europea della difesa passi a un modello di economia di guerra per soddisfare le nostre esigenze di produzione e affrontare la realtà di un conflitto ad alta intensità, a cominciare dalla questione delle munizioni“. Parola di Thierry Breton, commissario europeo per l’industria, che al Financial Times ha detto appunto che la Ue dovrebbe a suo vedere entrare in assetto bellico per espandere la propria produzione di armi e munizioni. L’Ucraina ha chiesto a Bruxelles di ricevere 250.000 proiettili di artiglieria al mese per far fronte a una “carenza critica”, stando a una lettera inviata dal ministro della difesa ucraino Oleksiy Reznikov agli omologhi dei 27 e all’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri Josep Borrell, in cui lamenta che le forze del suo Paese stanno sparando solo un quinto dei colpi potenziali a causa della mancanza di rifornimenti.
Mentre la guerra con la Russia entra nel secondo anno e sale la pressione sulle truppe di Kiev a Bakhmut, Reznikov scrive che l’artiglieria gioca un “ruolo cruciale nell’eliminare il potere militare del nemico” e “se non fossimo limitati dalla quantità di proiettili di artiglieria disponibili, potremmo utilizzare l’intero set di munizioni, che è di 594.000 proiettili al mese“.
L’Estonia ha proposto chela Ue spenda 4 miliardi per dotare Kiev di 1 milione di proiettili. Il piano messo a punto da Borrell, ricorda l’Ft, prevede invece che la Ue spenda 1 miliardo di euro nei prossimi mesi per rimborsare in parte i paesi membri per il costo delle munizioni donate. Per alcuni Paesi è uno sforzo poco ambizioso visto che i soldi proverrebbero dai 2 miliardi di euro già promessi dai governi per integrare lo European Peace Facility (EPF), che finanzia gli acquisti di armi. Più a lungo termine il piano prevede comunque un allargamento delle dimensioni dell’industria degli armamenti dell’Ue visto che oggi solo 12 aziende producono proiettili da 155 mm (la Norvegia e il Regno Unito ospitano ulteriori fabbriche).
Borrell sta lavorando con Breton su un progetto che comporta l’utilizzo per utilizzare 500 milioni di euro di denaro dell’Ue per espandere la produzione di armi finanziando l’espansione degli stabilimenti, eliminando i colli di bottiglia nelle forniture e piazzando grandi ordini per stimolare gli investimenti. Breton secondo il quotidiano finanziario sta anche facendo pressioni su banche e altre istituzioni finanziarie, alcune delle quali boicottano le società degli armamenti, per aumentare i loro prestiti. Diversi Stati sono scettici sui costi. Se ne potrebbe parlare al vertice del 23-24 marzo a Bruxelles.
Intanto la tedesca Rheinmetall, che ha già fornito a Kiev due sistemi missilistici antiaerei Skynex e produrrà per l’Ucraina 300mila munizioni per i mezzi corazzati Gepard, fa sapere di essere pronta a investire nella produzione di carri armati direttamente sul suolo ucraino: “Per circa 200 milioni di euro è possibile realizzare uno stabilimento che può produrre fino a 400 Panther all’anno”, ha detto in un’intervista al giornale tedesco Rheinische Post il presidente Armin Papperger. “I colloqui con il governo ucraino sono promettenti e spero in una decisione nei prossimi due mesi”.