Al nord più infortuni che al sud: record in Lombardia con oltre 131.000 nel 2022. Le vittime rimangono quasi 3 ogni giorno. La maggior parte degli incidenti è nel settore delle costruzioni e del trasporto. Walter Montagnoli, segretario nazionale della Confederazione Unitaria di Base: "Serve il reato di omicidio sul lavoro perché spesso non si tratta di morti bianche, ci sono responsabilità"
Oltre 140.000 in più dell’anno scorso. Sono gli incidenti sul lavoro denunciati nel 2022, per un totale di 697.773. In leggero calo, invece, gli infortuni con esito mortale: ma restano 1.090, quasi 3 ogni giorno. “Mancano i controlli sui luoghi di lavoro e spesso si punta a massimizzare il profitto”, commenta Walter Montagnoli, segretario nazionale del Cub, la Confederazione Unitaria di Base. I dati del report Inail disegnano un’Italia spaccata in due, con il nord del paese che indossa la maglia nera. Il Settentrione fa peggio per il numero di infortuni in termini assoluti – solo in Lombardia oltre 131.000 incidenti– e in termini di incidenza ogni 100.000 abitanti, con l’Emilia-Romagna che ha uno dei tassi più alti, pari a 1834. La frattura tra nord e sud si fa più sfumata per gli incidenti mortali. Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte restano tra le peggiori con 164, 110, 105 e 111 morti. Anche al centro e al sud, però, ci sono regioni con numeri simili: Lazio (106), Campania (128) e Puglia (96). All’estremo opposto la Valle d’Aosta, con 4 morti sul lavoro.
La fotografia – Su quasi 700.000 infortuni denunciati, circa 550.000 hanno riguardato lavoratori italiani, mentre in oltre 120.000 chi è rimasto coinvolto viene da altri Paesi: l’incidenza di questi ultimi, quindi, si aggira intorno al 17%. Un valore non trascurabile, tenendo conto che gli stranieri in Italia rappresentano il 10% degli occupati totali. Secondo Montagnoli “spesso si tratta di persone che lavorano in situazioni di estrema precarietà. Vengono spediti sul posto di lavoro senza alcuna formazione né preparazione”.
La classe di età più soggetta a infortuni è quella compresa tra i 15 e i 24 anni, con un’incidenza percentuale sul totale degli occupati del 3,59%. A stretto giro gli uomini e le donne di età compresa tra i 55 e i 64 anni, che sono anche quelli che muoiono più spesso sul posto di lavoro. “Se una persona non più giovane viene mandata su un tetto o su un ponteggio, non c’è da stupirsi se poi cade”, denuncia il segretario del Cub. “Una responsabilità da parte delle aziende in questo caso c’è”. Per quanto riguarda la ripartizione di genere, gli uomini si infortunano più delle donne con 411.000 casi contro 286.000. Gli incidenti mortali, invece, sono 970 per i primi, 120 per le seconde.
I settori – La maggior parte degli incidenti e delle morti avviene nel settore di gestione dell’industria e dei servizi, che conta oltre 578.000 infortuni nel corso del 2022, di cui 936 con esito fatale. “Bisogna responsabilizzare le aziende che non curano la sicurezza”, argomenta Montagnoli, “garantendo che ci siano ispezioni e controlli adeguati”. Il maggior numero di incidenti si riscontra in settori come quello delle costruzioni (più di 34.000 infortuni, 131 morti), del trasporto (53.900 e 117 morti) e delle fabbricazioni di prodotti in metallo (17.000 e 25 morti). Mentre il numero totale di morti sul lavoro è in leggero calo, aumentano quelli classificati dall’Inail come “in itinere”. Si tratta dei lavoratori che perdono la vita mentre si stanno spostando da un punto all’altro durante il proprio turno. Non solo da casa alla fabbrica. Ad esempio, anche da un punto di produzione ad un altro per trasportare merci e semilavorati. “Il tessuto produttivo italiano si è spostato molto sulla logistica, gran parte dell’attività avviene quindi sulle strade”, ricorda Montagnoli. Una dinamica che, essendo in evoluzione, secondo il Cub può contare ancora su minori tutele.
Per una fattispecie di reato – “Il Cub chiede l’introduzione di una nuova fattispecie di reato, “l’omicidio sul lavoro””, perché, secondo Montagnoli, “spesso non si tratta di morti bianche, ma di decessi in cui le condizioni sono assimilabili a veri omicidi”. I dati Inail, inoltre, sono da interpretare come numeri in difetto. Per definizione non tengono conto del lavoro in nero, dove quasi sempre le condizioni di sicurezza sono inesistenti. Ad esempio, “nell’edilizia c’è una parte considerevole di lavoro non regolare, che sfugge a questi conteggi”. Tradotto: le morti e gli incidenti sono più di quelli rilevati. “Lo stesso discorso vale per l’agricoltura”, precisa il segretario del Cub. I dati Inail relativi a tutto il 2022 sono stati pubblicati lo scorso 31 gennaio. Dopo quasi una settimana, sottolinea Montagnoli, “l’attenzione di chi sta al governo, come sempre, è sottozero”.