Se il paradosso fosse una nazionale di calcio, sarebbe sicuramente il Guatemala. Quella chapines, infatti, é la selezione che ha segnato in assoluto il maggior numero di gol nella storia delle qualificazioni mondiali (208) senza mai qualificarsi ad un Mondiale. Una vera e propria maledizione, che si è rinnovata nuovamente in occasione delle eliminatorie verso Qatar 2022, con un ulteriore scherzo del destino: questa volta, infatti, il Guate é stato condannato dalla differenza reti, dopo non aver subito neppure un gol in tutto il percorso. Un evento ai limiti del tragicomico capitato solo ad un’altra selezione nella storia delle qualificazioni ai Mondiali: al Belgio che, nelle qualificazioni verso Germania ’74, per un pelo non mandò a casa l’Arancia Meccanica di Cruijff, poi protagonista assoluta di quell’edizione.

Eppure c’è stato un tempo, o meglio un momento preciso, in cui l’incantesimo è sembrato sull’orlo di potersi finalmente rompere. La data che tutti i chapines non potranno mai dimenticare è quella del 12 ottobre 2005, passato alla storia come “El dia que pudo ser”. Dopo aver superato in scioltezza il primo turno in un girone con Canada, Honduras e Costa Rica, trascinato dai gol del leggendario “Pescado” Carlos Ruiz – che ancora è oggi è il capocannoniere all time delle WCQ (World Cup Qualifiers) – il Guatemala aveva disputato un Hexagonal finale da assoluto protagonista, togliendosi anche la soddisfazione di imporre il pareggio in casa agli Stati Uniti.

Rimaneva solo una partita da giocare. Mai come quel giorno la Sele chapines era stata così vicina ad afferrare il sogno iridato: per accedere al play-off interconfederale, ultima tappa verso la Germania, bisognava battere il Costa Rica davanti al proprio pubblico e poi sperare che Trinidad e Tobago non facesse lo stesso con il Messico. Su quella partita Pablo Melgar, un ex senatore della nazionale guatemalteca, ha da poco realizzato un appassionante docufilm, prodotto da ASOFUM e basato su immagini da lui stesso registrate proprio durante quei giorni. Ad impreziosire il lavoro ci sono anche gli interventi di alcuni degli altri protagonisti di quella cavalcata, da Dwight Pezzarossi a Mario Rodriguez, passando per Gustavo Cabrera e Guillermo Ramirez: “Questa idea è nata nel 2004, mentre giocavo con l’Aurora, ed ero già nel giro della nazionale. Internamente ero convinto che sarei andato al Mondiale e ho subito comprato la videocamera per catturare tutto quel percorso, che immaginavo sarebbe stato storico”, ha rivelato Melgar. Da quel momento è diventato una sorta di reporter speciale della nazionale e non si è mai più separato dalla camera, anche quando la tentazione di abbandonare il progetto era molto forte: “Ho iniziato a registrare dalla partita contro il Canada fino all’ultima partita contro il Costa Rica. Certo, ci sono stati momenti, dopo un pareggio una sconfitta, in cui non c’era voglia di registrare, ma per fortuna ho mantenuto la forza di non lasciare incompiute le riprese”, ha spiegato ancora Melgar in un’intervista concessa in occasione della presentazione del documentario.

A mancare è solo il lieto fine, ma non per colpa del Guate. La sele chapines, guidata in panchina dal mitico “Primitivo” Ramon Maradiaga, fece il suo, battendo con un rotondo 3-0 gli eterni rivali del Costa Rica nell’incandescente atmosfera dell’Estadio Mateo Flores, ma a Port of Spain il Messico, già qualificato, crollò sotto i colpi di Yorke e & Co, in una partita avvolta da molte ombre. Sotto accusa è finita una frase pronunciata molto tempo dopo da Ricardo La Volpe, l’allora ct argentino del Tri Messicano: “Siamo andati a Port of Spain per non avere problemi con chi oggi dirige la CONCACAF. L’obiettivo era quello di avere meno noie possibili visto che eravamo già qualificati”, aveva detto in maniera sibillina il profeta della salida, alludendo a Jack Warner, l’allora presidente trinidadiano del governo del calcio centro-americano successivamente travolto dagli scandali Fifa. Una dichiarazione successivamente rettificata – nel corso di un’intervista rilasciata al quotidiano messicano Récord – in seguito anche allo scoppio del Fifa-Gate e l’apertura di un fascicolo d’inchiesta da parte dell’Fbi proprio su quella partita: “Non c’è stata nessuna combine. Abbiamo semplicemente schierato una nazionale sperimentale per vedere altri giocatori in vista dei Mondiali”.

Nulla, però, potrà mitigare la delusione dei guatemaltechi, anche se l’amarezza per il mancato happy-ending dovrà essere il motore per riprovarci con ancora più determinazione in futuro. La pensa così anche Pablo Melgar: “Questa non è la storia di Davide che è riuscito a battere Golia. Non c’è nessun lieto fine. Ma noi, nel 2005, abbiamo reso immaginabile qualcosa che prima non lo era praticamente mai stato. In questo senso, possiamo essere d’ispirazione per le nuove generazioni”. Forse la prossima occasione sarà proprio quella giusta: la CONCAF ha svelato i criteri secondo i quali si qualificheranno le nazionali nord-centro-americane ai prossimi Mondiali 2026. Considerando che si terranno in Messico, Usa e Canada, e che quindi le nazionali di questi 3 Paesi saranno qualificate di diritto, questa sarà l’occasione della vita per il Guatemala.

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