Le nuove norme sull’ergastolo ostativo non devono tornare alla Consulta. È la posizione della Procura generale della Cassazione in vista dell’udienza di mercoledì che dovrà rivalutare la posizione di Salvatore Pezzino, il boss mafioso recluso da trent’anni che col suo ricorso ha fatto dichiarare incostituzionale il divieto di accedere ai benefici carcerari senza collaborazione con la giustizia. Quella normativa è stata superata a novembre con il primo provvedimento del governo Meloni, il cosiddetto “dl Rave, che ha imposto una serie molto fitta di “paletti” da rispettare perché anche gli “uomini d’onore” mai pentiti possano uscire in anticipo dal carcere. Per questo, nella requisitoria scritta, i sostituti procuratori Pietro Gaeta e Giuseppe Riccardi sostengono che il tema non debba più tornare di fronte alla Corte costituzionale, in quanto la mancata collaborazione non costituisce più un fattore preclusivo alla liberazione ove sussistano i requisiti della durata della pena espiata (almeno trent’anni) e del “sicuro ravvedimento”, che – ricordano – comporta anche “una attiva partecipazione al percorso rieducativo” e la “mancanza attuale” di “collegamenti” con i clan, e con il “contesto” nel quale il reato è stato commesso (nonché la mancanza di pericolo di un loro ripristino).

Per questo – scrive la Procura generale – il ricorso di Pezzino va accolto, rinviando la questione della concessione dei benefici al Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila (dove si trova il carcere in cui il boss era detenuto ai tempi della richiesta). I giudici adesso avranno “l’obbligo di confrontarsi con la diversa regola di giudizio, che amplia la base cognitiva e valutativa per la concessione della liberazione condizionale, elidendo la preclusione assoluta della collaborazione mancata o impossibile: in tal senso, dovrà essere dunque valutato in concreto il percorso rieducativo del Pezzino, e l’assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso”, si legge. Chiede un nuovo rinvio alla Consulta invece la legale di Pezzino, l’avvocatessa Giovanna Araniti: la nuova normativa, sostiene, “maschera, in concreto, attraverso una mera facciata declamatoria de iure del superamento della presunzione assoluta, il reale intento di determinare una serie di condizioni tali da rendere davvero difficoltosa quella riducibilità dell’ergastolo ostativo, facendo rientrare, de facto, dalla finestra ciò che apparentemente era stato espunto”.

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