Alcune rilevazioni della stessa Bce hanno messo in luce come l'inflazione dell'area euro sia primariamente riconducibili ai comportamenti delle aziende che stanno alzando i prezzi più di quanto stiano crescendo i costi per la produzione. In questa forma di inflazione, che tende ad autocorreggersi, il rialzo dei tassi serve a poco e ha comunque l'effetto collaterale di rallentare la crescita economica.
È preoccupato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Il rialzo dei tassi “pone problemi seri per chi ha bilanci fortemente indebitati come quello italiano”, ha detto oggi sottolineando che “l’approccio” del governo sui conti pubblici “è stato prudente e responsabile e continueremo in questo senso. Avere conti in ordine è un’ esigenza assoluta per il nostro Paese, che deve mantenere la fiducia dei mercati” allo scopo di evitare un aumento dei “costi di finanziamento” ed “evitare ripercussioni” per famiglie e imprese. Le parole di Giorgetti giungono dopo che ieri la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha detto che molto probabilmente nella riunione del prossimo 16 marzo la Bce alzerà i tassi di altri 50 punti base. “Era una decisione che avevamo indicato nell’ultima riunione e tutti i numeri visti nei giorni scorsi stanno confermando che questo aumento è molto, molto probabile” ha affermato Lagarde in un’intervista al gruppo editoriale spagnolo Vocento. Tassi più alti significano che il denaro costa di più, fare prestiti diventa più costoso. Questo vale sia per famiglie e imprese, in caso di mutui, prestiti e finanziamenti, sia per le nazioni che si finanziano emettendo titoli di stato. Poiché l’Italia ha un debito molto elevato, e ogni anno deve piazzare sul mercato titoli per circa 300 miliardi di euro per rimpiazzare quelli che arrivano a scadenza e vanno rimborsati, è particolarmente esposta ad eventuali incrementi. Se i tassi di riferimento sono più alti, anche quelli da pagare sui titoli di nuova emissione saranno maggiori. Le spese italiane per gli interessi sul suo debito ammontano a circa 60 miliardi di euro l’anno.
Come se non bastassero le parole di Lagarde oggi sono tornati a farsi sentire alcuni “falchi”. In particolare il governatore della Banca centrale austriaca, e componente del board dei governatori della Bce, Robert Holzmann, ha chiesto rialzi dei tassi da mezzo punto a ognuna delle quattro riunioni fino a luglio. Il capo economista della Bce Philip Lane ha detto invece che Francoforte proseguirà nel rialzo dei tassi anche dopo la riunione di marzo quando. Lane ha aggiunto che “le informazioni attuali sulle pressioni inflattive suggeriscono che sarà appropriato aumentare i tassi anche oltre il vertice di marzo” ma l’ammontare sarà deciso sulla base dei dati. Il mercato stima già che i tassi saliranno al 4% entro l’anno. La Bce alza i tassi perché in questo modo cerca di contrastare l’inflazione, risultata sopra le attese anche lo scorso febbraio. La riduzione della quantità di moneta in circolazione tende infatti a contenere l’incremento dei prezzi. Tuttavia, secondo quanto riportato la scorsa settimana dall’agenzia Reuters, alcune rilevazioni della stessa Bce hanno messo in luce come l’inflazione dell’area euro sia primariamente riconducibile ai comportamenti delle aziende che stanno alzando i prezzi più di quanto stiano crescendo i costi per la produzione. In questa forma di inflazione, che tende ad autocorreggersi, il rialzo dei tassi serve a poco e ha comunque l’effetto collaterale di rallentare la crescita economica.
Eppure i banchieri centrali insistono molto nel tenere sotto pressione salari e pensione. Nonostante la forte perdita di valore effettivo di buste paga e assegni non si contano gli inviti ad evitare “spirali inflazionistiche” tra prezzi e salari. “Indicizzare le pensioni all’inflazione non ci ha aiutato nel passato e ha generalmente contribuito ad alimentare l’inflazione che è poi finita fuori controllo”, ha detto ieri la presidente della Bce. Lagarde auspica però che le banche europee varino “delle misure per alleviare il rialzo dei tassi sui mutuatari ed evitare problemi ai debitori. “Sono sicura che molte banche sono pronte a rinegoziare i mutui, è nel loro interesse” ha detto. “In Italia, più che in altri paesi europei, sono presenti strumenti per venire incontro alle necessità dei debitori in potenziali situazioni di difficoltà”, replica oggi il direttore generale dell’Associazione bancaria italiana Giovanni Sabatini “Nelle attuali contingenze – aggiunge Sabatini – sarebbe necessario reintrodurre flessibilità regolamentari per evitare effetti pro-ciclici, in particolare per quello che riguarda le vincolanti e eccessivamente rigide regole dell’Autorità Bancaria Europea (Eba) in materia di ristrutturazioni onerose”.