Sul caso della mancata istituzione della “zona rossa” nella Bergamasca e sull’invio dei militari ad Alzano e Nembro ha testimoniato anche l’ex ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese. L’ex responsabile del Viminale ai pm di Bergamo, il 12 giugno 2020, ha spiegato che il “contingente programmato è arrivato a Nembro e Alzano il 6 marzo la sera, iniziando l’attività ricognitiva” e “sia per le forze di Polizia, sia per le forze Armate, la disposizione è partita dal Ministero dell’Interno”, ma “il Presidente Conte non sapeva dell’invio delle forze armate e di Polizia” in Val Seriana, “proprio perché in quel periodo il fine era di natura preventiva e ricognitiva“, e “ove ci fosse stato un Dpcm di ‘cinturazione’, avrei informato il Presidente dell’invio di uomini”. Nell’inchiesta sono 19 le persone indagate tra cui l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro Speranza, il governatore della Lombardia, alcuni componenti del Cts – tra cui Locatelli e Brusaferro – e dirigenti sanitari e regionali.
Quando si parlò della situazione di Alzano e Nembro, ha spiegato ai pm Lamorgese, “con il ministro Speranza e mi pare anche con il Presidente Conte (…) si cominciò a pensare all’ipotesi di istituire una zona rossa“. E quindi l’allora ministra chiamò “il capo della Polizia per rappresentare questa eventualità, affinché si evitassero i ritardi che hanno connotato il caso di Lodi”, dove il coordinamento per la ‘cinturazione’ di quell’area “richiese 24-30 ore”. Il “capo della Polizia – programmò dunque un sopralluogo organizzativo, per rendersi conto di come fosse la situazione e del numero di persone necessarie”. Il “contingente” arrivò in Val Seriana la sera del 6 marzo. “Tutte le disposizioni di cui sto parlando, formulate da parte mia – ha spiegato l’allora titolare del Viminale – non sono cristallizzate in provvedimenti formali: si è trattato di disposizioni orali“. L’8 marzo, poi, Conte, ha proseguito Lamorgese, “ha emanato il noto Dpcm”, dove non era prevista la zona rossa a Alzano e Nembro, ma “disposizioni contenitive dell’intera Regione” e “a quel punto abbiamo ritirato gli uomini: quelli che provenivano dalla Lombardia sono rimasti in Lombardia, mentre gli altri sono rientrati”. Qualora ci fosse stato un Dpcm sulla zona rossa e di “cinturazione”, ha precisato l’ex ministro, “avrei informato il Presidente” dell’invio degli uomini. Lamorgese ha anche spiegato che “un Presidente di Regione, ove avesse voluto ‘cinturare’ un Comune, avrebbe potuto individuare l’obiettivo del territorio da contenere in base ai dati epidemiologici, ma le questioni tecniche concernenti il controllo di quelle aree” erano “di competenza delle Forze di Polizia”. Nei casi di Alzano e Nembro, ha concluso, “sarebbe stato sicuramente necessario un intervento di uomini e mezzi da parte dello Stato”.
Il 6 marzo ci fu un vertice. “Mi sembrava che il Presidente del Consiglio non fosse convinto e avesse bisogno di un forte supporto per convincersi della opportunità di istituire la zona rossa. Io uscii da quella riunione (del 6 marzo, ndr) con l’idea che ci fosse indecisione. La mia fissazione restava la necessità di una zona rossa a Nembro e Alzano” ha dichiarato il 18 giugno 2020 come teste, Giovanni Rezza, direttore Prevenzione del ministero della Salute ed ex direttore Malattie infettive dell’Iss. L’ex componente dell’Iss ha raccontato che già a metà gennaio, ai “tempi dell’epidemia a Wuhan”, Speranza “era preoccupato” e “diceva spesso di ‘cercare di stare un passo avanti rispetto agli altri paesi europei'”. Rezza partecipava alle riunioni del Cts “in qualità di sostituto del prof. Brusaferro”, direttore Iss. Sulla situazione di Alzano e Nembro ha spiegato di aver “visto una mappa” sulla diffusione del contagio ai “primi di marzo”. E ancora: “Ricordo di aver verificato che Alzano e Nembro non erano molto distanti da Bergamo – ha detto Rezza – ed ho ritenuto che fosse necessario separare questi due comuni da Bergamo per evitare il contagio della città”. La zona rossa avrebbe “salvaguardato Bergamo” e “rallentato” il contagio nelle due cittadine.
Il 3 marzo lo stesso Rezza riferì dei casi di Alzano e Nembro al Cts, parlando di un’unica “catena di trasmissione”. Brusaferro lo chiamò, “credo il 4 o il 5” marzo, per chiedergli una “nota più dettagliata per istituire la zona rossa”. E ha chiarito: “Posso dire che il ministro Speranza è sempre stato favorevole all’adozione di provvedimenti restrittivi; anche in Regione Lombardia mi sembrava vi fosse adesione”. Nella riunione Cts del 6 marzo “ho caldeggiato questa soluzione”, ha aggiunto Rezza, ma “il Presidente del Consiglio mi sembrava fosse dubbioso; ho avuto l’impressione che volesse elevare il livello del controllo all’intera regione“. E ancora: “Mi sembrava titubante in relazione all’impegno di forze dell’ordine per delimitare il cordone sanitario”, anche per la “necessità di non distogliere le forze medesime da altre attività di rilievo (come quella di lotta al terrorismo, per esempio)”. Rezza riteneva che “se il virus avesse ‘sfondato’ in una grande città l’epidemia non sarebbe stata più contenibile”. Ma ha aggiunto: “Devo dire, però, che anche l’istituzione di una zona rossa non avrebbe inequivocabilmente salvato la città di Bergamo (…) il lockdown che poi è stato deciso ha avuto una importante efficacia per il contenimento del contagio”.
Che fossero giorni di discussioni e di valutazioni è quello che emerge anche dalla dichiarazioni di Giuseppe Ruocco, allora segretario generale del ministero della Salute sentito come teste dai pm: “Credo che l’1 o il 2 marzo 2020 il dott. Locatelli, unitamente al prof. Brusaferro, già avevano anticipato la situazione epidemiologica di Alzano Lombardo e Nembro, a margine delle riunioni del Cts di quei giorni. Locatelli evidenziava in particolare l’esigenza di attenzionare la zona di Bergamo per il numero dei casi significativo che si stava registrando nei comuni vicini”. Ruocco nel verbale ha anticipato, rispetto a quanto riferito da altri, all’1 o 2 marzo la data in cui il Cts e i tecnici a Roma che dovevano riferire ai politici in vista delle decisioni sulla istituzione di una zona rossa nella Bergamasca. Inoltre ha aggiunto di sentirsi di “escludere che questa riflessione di Locatelli sia stata formulata alla presenza del Ministro Speranza e/o del Presidente Conte di fronte a me“.