Una decisione apprezzata da Giappone e Usa e che migliorerà le relazioni tra i due paesi asiatici. La Corea del Sud ha annunciato che indennizzerà i lavoratori sudcoreani costretti a lavorare per le aziende nipponiche durante la Seconda guerra mondiale. Eventi che nel corso degli anni ostacolato le relazioni con il Giappone. Una fondazione governativa, ha detto il ministro degli Esteri Park Jin, risarcirà le vittime che nel 2018 hanno vinto cause legali contro Mitsubishi Heavy Industries e Nippon Steel attraverso un fondo alimentato da donazioni del settore privato. Il piano, in base a quanto riferito dai media locali, non coinvolge direttamente il governo di Tokyo. “Spero che il Giappone risponda positivamente alla nostra importante decisione di oggi con i contributi volontari delle società giapponesi e scuse complete”, ha affermato Park in merito al piano. “La cooperazione tra Corea del Sud e Giappone è molto importante in tutti i settori della diplomazia, dell’economia e della sicurezza nell’attuale grave situazione internazionale e nella complessa crisi globale. Credo che il circolo vizioso dovrebbe essere spezzato per il bene delle persone a livello di interesse nazionale, piuttosto che lasciare incustodito il rapporto teso per lungo tempo”, ha aggiunto il ministro, rimarcando la necessità di chiudere un lungo contenzioso che frena la piena collaborazione tra i due principali alleati Usa in Estremo Oriente, nel mezzo della minaccia nordcoreana e della postura assertiva della Cina.

I media giapponesi avevano anticipato che le aziende nipponiche potrebbero fornire volontariamente donazioni, mentre Tokyo dovrebbe esprimere rimorso per il lavoro forzato, come fatto in passato. Il governo del Sol Levante ha insistito che il trattato del 1965, che permise ai due Paesi di ristabilire i rapporti diplomatici con fondi riparatori per circa 800 milioni di dollari in prestiti, sovvenzioni, avesse risolto le rivendicazioni relative al periodo coloniale e militarista.

Il nuovo piano di Seul sollecita le donazioni dalle principali società sudcoreane che hanno beneficiato del pacchetto di indennizzi del 1965 per risarcire le vittime, in base ad un “accordo storico” che – ha rimarcato Park – “è stato fondamentale per migliorare le relazioni bilaterali”. Circa 780.000 coreani furono costretti ai lavori forzati dal Giappone durante i 35 anni di occupazione, secondo i dati di Seul, escluse le donne costrette alla schiavitù sessuale dalle truppe nipponiche. La mossa per risolvere il dossier dei lavori forzati segue anni di controversie sulle schiave del sesso della Seconda guerra mondiale, che avevano inasprito i legami Giappone-Corea del Sud. Le parti raggiunsero un accordo nel 2015 per risolvere “finalmente e irreversibilmente” quel problema, con le scuse giapponesi e la formazione di un fondo di 1 miliardo di yen per i sopravvissuti, In seguito la Corea del Sud si ritirato dall’intesa, annullandola, adducendo la mancanza del consenso delle vittime. La decisione diede il via a un’aspra disputa diplomatica che si è estesa a incidere sui legami commerciali e di sicurezza.

Tokyo ha accolto positivamente il piano utile a ristabilire legami “sani” dopo anni di tensioni. “Il governo valuta le misure annunciate oggi dal governo sudcoreano come uno sforzo per ripristinare sani legami Giappone-Corea del Sud dopo che si sono trovati in una situazione molto grave a causa della sentenza del 2018″, ha dichiarato il ministro degli Esteri giapponese Yoshimasa Hayashi. Nel 2018, la Corte suprema di Seul ordinò ad alcune aziende giapponesi di pagare vari indennizzi per il lavoro forzato. Il piano annunciato oggi da Seul prevede che una fondazione governativa del Sud risarcisca le vittime e le loro famiglie, principalmente con i fondi percepiti dalle aziende nazionali in forza dell’accordo del 1965 di normalizzazione dei rapporti con Tokyo. La Corea del Sud e il Giappone sono due alleati chiave per la sicurezza regionale degli Stati Uniti, ma i legami bilaterali sono stati a lungo tesi a causa delle questioni storiche relative al brutale dominio coloniale di Tokyo del 1910-45 sulla penisola coreana tra lavori forzati e schiavitù sessuale. Washington ha cercato di portare i Paesi al tavolo, con uno sblocco maturato solo con la salita alla presidenza sudcoreana a maggio 2022 di Yoon Suk-yeol. I media nipponici hanno anche riferito che Yoon potrebbe presto visitare Tokyo, forse anche in settimana per una partita di baseball Giappone-Corea del Sud. Hayashi ha chiesto a entrambi i Paesi di lavorare di concerto e di “cooperare nell’affrontare le varie sfide nella comunità internazionale” tra le minacce nordcoreane, l’assertività della Cina e le sfide poste dalla guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina.

“Accogliamo con favore gli storici annunci odierni da parte dei governi della Repubblica di Corea e del Giappone sulla conclusione delle discussioni relative a delicate questioni storiche” ha dichiarato segretario di Stato americano Antony Blinken: “Applaudiamo il presidente Yoon, il premier Kishida e le rispettive amministrazioni per il loro coraggio e la loro visione, e chiediamo alla comunità internazionale di unirsi alla nostra raccomandazione di questo risultato epocale”, si legge ancora nella nota che, vista dalla parte Usa, rappresenta una svolta per compattare due alleati in una delle aree più critiche e maggior rischio a cui Washington sta dedicando sempre più attenzione. “La relazione trilaterale tra Stati Uniti, Repubblica di Corea e Giappone è fondamentale per a nostra visione condivisa di una regione indo-pacifica libera e aperta, motivo per cui io, insieme ad altri colleghi del Dipartimento di Stato, abbiamo investito così tanto tempo, concentrandoci su questa partnership fondamentale”, ha concluso Blinken, desideroso, “anche attraverso I nostri regolari dialoghi trilaterali” di continuare a lavorare “per promuovere la pace e la sicurezza globali”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

“La guerra dei chip”, perché Cina e Stati Uniti vogliono l’oro di Taiwan: l’anticipazione dell’inchiesta di PresaDiretta

next
Articolo Successivo

Arabia Saudita, il 2022 è stato un anno nero per la libertà d’espressione online

next