Uno stipendio mensile per Franca, la mamma di Lorenza, figlia del boss. “F – 1500 mensile”, così si legge in uno dei pizzini rinvenuti a casa di Rosetta, nome in codice Fragolone, ovvero la sorella di Matteo Messina Denaro. È lei che annotava tutte le spese appuntandole in dei pizzini nascosti nell’intercapedine di una sedia di casa a Castelvetrano. Tra queste c’era un vero e proprio stipendio con cadenza mensile annotato nel rendiconto delle spese fatte a cavallo del 2011 e del 2012. Una cadenza che troverà la sua fine il 2 maggio del 2012, quando Rosetta annota “F -1500 ultimo”. Da allora la mensilità non verrà più annotata. Qualcosa si è interrotto e ha interrotto il flusso di denaro verso “F”. Secondo gli inquirenti a ricevere quello stipendio mensile era Franca Alagna, ex compagna del boss di Castelvetrano, madre di Lorenza. Che proprio il 14 maggio, cioè 12 giorni dopo l’ultima mensilità lascerà assieme alla figlia la casa dei Messina Denaro, trasferendosi in un’altra abitazione sempre a Castelvetrano, in pieno centro. Trasferimento che avvenne di comune accordo con la famiglia paterna e che da subito fu interpretato come una presa di distanza non solo fisica ma morale di Lorenza dal padre e dall’appartenenza alla tradizione mafiosa della famiglia paterna. Almeno fino alle ultime dichiarazioni della stessa Lorenza, adesso 26enne e madre di un bimbo, che pochi giorni dopo l’arresto del padre, lo scorso 16 gennaio, ha voluto chiarire, tramite il suo avvocato, Franco Lo Sciuto, di non avere rinnegato il padre: “Sono state diffuse notizie senza fondamento riguardanti una presunta manifestazione di volontà da parte di Lorenza Alagna atta a rinnegare ogni contatto con il padre”, ha detto Lo Sciuto. Una dichiarazione quella del legale a nome della figlia del boss che sembrerebbe dare tutta un’altra connotazione al rapporto tra padre e figlia.
Eppure, a confermare i dolori del padre boss per la lontananza della figlia c’è un altro pizzino rinvenuto dopo la cattura del latitante, in cui di suo pugno rivolgendosi ai fratelli e alle sorelle, racconta come la nipote di Bernardo Bonafede, Martina, nonostante la distanza dal nonno e dal padre, avesse lo stesso manifestato in un necrologio, senso di appartenenza alla famiglia paterna: “Ciò significa che la mancanza del padre non è di per sé motivo di degenerazione educativa, è solo Lorenza che è degenerata nell’infimo, le altre di cui so sono tutte cresciute onestamente”, così scrive U Siccu il 15 marzo del 2022, in uno dei pizzini, rivelando il suo turbamento per la lontananza della figlia. Intanto nei numeri, la mensilitù versata a Franca Alagna e interrotta proprio quando le e la figlia sono andate via, segnano che qualcosa si era rotto, era finito.
Solo uno degli aspetti che trapelano dalla lettura dei pizzini rinvenuti a casa dei Messina Denaro. In calce allo stesso pizzino in cui lamenta il comportamento della figlia, per esempio, Messina Denaro annota pure: “Ad oggi i Van Gogh sono due, l’altro fu il 29 novembre del 2021, allego uno per Fragolone, vi prego di farglielo avere”. L’allegato in questione è un pizzino in cui Messina Denaro impartisce alcuni ordini alla sorella, mentre in un altro pizzino del 9 maggio farà nuovamente riferimento all’artista olandese: “Il disegno numero 12 assieme a questo disegno 1 te lo avevo già mandato con un Van Gogh, ma non so se lo hai ricevuto, quindi te lo rimando”. Questo annotava sotto un disegno in cui spiegava con un’immagine disegnata a mano qual era il segnale da dare, precisamente un panno da appendere su un muro per dare il segnale che qualcosa era avvenuto che metteva in pericolo le attività e che bisognava sospendere la comunicazione. Una nota che fa dunque dedurre agli investigatori che il boss avesse nascosto in un Van Gogh un altro messaggio per la sorella. Resta da capire a cosa si riferisca Messina Denaro esattamente con “un Van Gogh”. Di certo il pittore olandese era apprezzato da U Siccu, alcune riproduzioni dei suoi quadri erano incorniciate e appese alla parete del corridoio nel covo del vicolo San Vito a Campobello di Mazara.
La passione per l’arte del boss è già nota da tempo, in passato in un altro pizzino aveva annotato come “con il traffico di opere d’arte ci manteniamo la famiglia”. Non a caso gli investigatori dall’arresto in poi erano alla ricerca di documenti ma anche di possibili opere d’arte trafugate. Di certo gli inquirenti da settimane sono al lavoro per ricostruire gli anni di latitanza del boss prima della cattura del 16 gennaio, per ricostruire la rete di connivenze che lo ha protetto. E nei pizzini rinvenuti con la perquisizione a casa di Rosetta gli spunti non mancano. Sono, per esempio, tantissime le date annotate nelle comunicazioni con la sorella. C’è il rendiconto del 2011, quello del 2012, ma le annotazioni sulle spese risalgono anche “al 2013 e al 2014”, come si legge in altri pizzini. D’altronde pare chiaro che “Rosetta svolgesse il compito, in modo costante e ripetuto almeno negli ultimi dieci anni, di fedele cassiera obbligata a rendicontare scrupolosamente al capomafia ogni spesa affrontata o ogni somma elargita ai sodali”. Un aspetto desumibile “da un’ulteriore espressione utilizzata dal latitante nello scritto: «mi fai sempre lo spekkietto finale, così so quanto è la cassa»”, scrive il gip Alfredo Montalto nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per la sorella maggiore del boss di Castelvetrano. Ordini eseguiti grazie a pizzini “che vengono consegnati brevi manu da una catena, più o meno lunga di soggetti di comprovata fiducia, definiti “tramiti”. U Siccu “aveva costituito intorno a sé un solido e collaudatissimo sistema di comunicazione attraverso i pizzini”. Ma quanto era lunga questa catena? Si può ipotizzare che il boss fosse latitante a Campobello di Mazara o in quegli stessi paraggi da molto tempo? Forse già da quando iniziò la sua latitanza il 2 giugno del 1993? Sono interrogativi ai quali gli uomini del Ros, coordinati dalla procura di Palermo, guidata da Maurizio De Lucia, stanno cercando di dare una risposta. Intanto oggi 6 marzo è previsto l’interrogatorio di garanzia di Rosetta, arrestata lo scorso venerdì 3 marzo. Ad assisterla non sarà la figlia, Lorenza Guttadauro, legale, invece, dello zio Matteo.