Il Viminale ha disposto il trasferimento di 62 migranti, mentre i primi 12 superstiti del naufragio avevano già lasciato il Cara di Isola Capo Rizzuto. A innescare le critiche è un articolo di Repubblica che martedì riportava le dichiarazioni e mostrava le foto postate dal deputato di Sinistra italiana Franco Mari e dalla docente universitaria Alessandra Sciurba: "Reclusi in imbarazzante promiscuità". Accuse che il direttore del Cara Ignazio Mangione respinge: "Fatto il possibile in emergenza"
Verranno trasferiti in un hotel sulla costa di Crotone i sopravvissuti al naufragio avvenuto domenica 26 febbraio a Steccato di Cutro. Nella struttura sono già ospitati alcuni dei familiari. La decisione, secondo quanto riferito dall’Ansa, è stata presa direttamente dal Ministero degli interni. I primi 12 superstiti del naufragio di Steccato di Cutro avevano già lasciato il Cara di Isola Capo Rizzuto ed erano stati trasferiti in alcuni Sprar della zona. Si tratta dei migranti che hanno chiesto asilo in Italia, mentre gli altri 62 vogliono raggiungere i parenti all’estero e, in attesa, sono rimasti nel Centro di accoglienza in provincia di Crotone (prima nei padiglioni e poi nei moduli abitativi) dove, in queste ore, sta montando la polemica su come sono stati trattati.
A innescare le critiche è stato un articolo di Repubblica che martedì riportava le dichiarazioni del deputato di Sinistra italiana Franco Mari e della docente universitaria di Palermo Alessandra Sciurba che domenica hanno visitato i due padiglioni del Cara dove sono stati collocati fino a ieri i migranti superstiti del naufragio.
Se Mari si chiede “come sia possibile non avere nessun riguardo per queste persone”, la coordinatrice della Clinica legale migrazioni e diritti del dipartimento di Giurisprudenza sui social martedì è andata anche oltre e, allegando qualche foto su facebook, ha denunciato quello che ha visto dentro il Cara: “I superstiti delle famiglie spezzate di cui tutta Italia ha pianto la tragedia, – ha scritto Alessandra Sciurba – sono reclusi in due capannoni antistanti al centro, due magazzini. Un hotspot improvvisato con la metà dei letti che servirebbero, gli altri dormono sulle panche. Donne e minori in mezzo agli uomini adulti. Il bagno in comune. Le pareti scrostate, nessun riscaldamento. Niente lenzuola. Niente scarpe chiuse. Nemmeno la possibilità, essendo confinati lì se non per poche uscite programmate e scortate, di restare accanto alle bare e ai parenti venuti qui a Crotone da lontano per identificare e piangere i morti”.
Martedì i migranti rimasti al Cara non si trovavano già più in quei padiglioni ma sono stati trasferiti nel “campo C” dove ci sono alloggi a schiera. “Giusto qualche ora. – commenta sui social il deputato Mari – Questo è bastato per spostare i sopravvissuti della strage di Cutro dalle strutture fatiscenti e indegne dove erano abbandonati fino a ieri, in degli alloggi dignitosi. Non oso pensare quanto sarebbe andata avanti questa vergogna se domenica scorsa non avessimo effettuato quel sopralluogo e denunciato simili condizioni. Niente letti per tutti, niente riscaldamento, un solo bagno, una sola doccia con un’imbarazzante promiscuità, niente lenzuola. Chiusi, senza alcuna colpa, come reclusi grazie all’assurdità delle leggi che vigono in questo Paese”. Per il parlamentare di Sinistra Italiana, in sostanza, siamo di fronte a “sofferenze gratuite e inutili, inferte da una burocrazia pachidermica e dalla strutturale mancanza di fondi per l’accoglienza. Una forma moderna di banalità del male, opera diretta di scelte politiche ben precise”. In serata, la notizia del trasferimento in albergo su indicazione del Viminale.
Una versione differente è fornita dalla Croce rossa italiana che è l’ente gestore del Cara di Crotone dove svolgono le loro attività anche altre organizzazioni come l’Unicef, l’Unhcr, Medici senza Frontiere e Save the Children.
Leggendo di “prigione da terzo mondo” e di migranti “trattenuti senza alcun motivo”, il direttore del Cara Ignazio Mangione si è detto perplesso e parla di strumentalizzazioni. Mangione respinge tutte le accuse e nega che la situazione sia quella descritta dalla professoressa Sciurba e dal deputato Mari: “L’allocazione in quell’area era provvisoria. Dovevamo evitare commistioni con gli altri ospiti del Cara. Chiaramente stiamo parlando di un’emergenza senza precedenti. Era da evitare la commistione tra i superstiti e gli altri ospiti del Cara, sia per gli interventi loro dedicati e sia per permettere appunto l’afflusso dei parenti che venivano dall’estero a visitarli”.
Si è detto che non è stato consentito ai familiari dei superstiti di incontrarli ma, contattato telefonicamente, Mangione smentisce la circostanza: “Ogni giorno sono venuti a visitarli. Anche questo che hanno scritto è falso che non sono state permesse le visite. Tutti i giorni i parenti sono entrati al Cara tranquillamente. Non vogliamo fare polemiche, ma c’è stata molta strumentalizzazione”.
Il rappresentante della Croce rossa illustra le sue ragioni e ribadisce che quei due padiglioni erano un’area “a loro dedicata” dove ai superstiti “sono stati consegnati – aggiunge – tutti i beni di prima necessità comprese le lenzuola monouso, le coperte, il kit di abbigliamento e il kit per l’igiene personale. È tutto chiaramente documentabile. Tra l’altro a due ospiti, che avevano perso gli occhiali durante il naufragio, abbiamo acquistato gli occhiali dopo visita oculistica. Ad alcuni di loro abbiamo acquistato i telefonini ad altri li hanno acquistati associazioni del territorio”.
Per quanto riguarda i padiglioni, erano due e, stando alle spiegazioni del responsabile del centro di accoglienza, non è vero che c’era un solo bagno: “C’era un complesso dedicato agli uomini e un complesso dedicato a donne e minori. – sottolinea Mangione – Chiaramente le donne condividevano i bagni con i propri figli. C’era un padiglione dedicato esclusivamente agli uomini singoli con i propri bagni e un padiglione dedicato alle donne e minori con altri bagni”.
“In ogni caso – aggiunge – non c’era questa promiscuità perché erano due padiglioni. Di fatto gli ospiti non sono reclusi, sono stati accompagnati tutti i giorni al PalaMilone, le tv nazionali li hanno ripresi e tutti avevano le scarpe. Si figuri se appena rientravano al Cara gliele toglievamo. Da parte nostra, per i servizi che gestiamo noi, sono in un centro di accoglienza e hanno gli stessi diritti e lo stesso trattamento degli altri beneficiari del Cara con anche servizi aggiuntivi perché c’è stata un’equipe multidisciplinare dedicata tutti i giorni a loro visto comunque il trauma che hanno subito”.
Adesso chi è rimasto al Cara, è stato spostato al “Campo C” dove ci sono moduli abitativi classici. Anche quelli, per il direttore Mangione, “sono sempre ad esclusivo utilizzo di donne e minori e altri alloggi, nella fila opposta, per gli uomini singoli. Hanno tutti, chiaramente, i loro lettini, i loro materassi. Gli abbiamo rifornito le lenzuola che vanno cambiate perché essendo monouso ogni due giorni gliele riforniamo. Hanno iniziato a metabolizzare il trauma e finalmente iniziamo a vedere qualche sorriso che ci sta riempendo il cuore perché queste persone hanno una forza immensa, inimmaginabile. Vederli sorridere dopo pochi giorni da una tragedia del genere veramente ci riempie il cuore di gioia”.
Per il direttore del Cara e la Croce Rossa, quindi, non esiste la polemica: l’allocazione dei superstiti in quell’area rientrava tra “le attività di primissima accoglienza e, a prescindere, comunque sarebbero stati spostati e non sarebbero rimasti lì a vita. Tutte le attenzioni possibili le abbiamo avute. Andare a strumentalizzare un evento così drammatico mi sembra veramente poco opportuno. Dal mio punto di vista non avremmo potuto veramente fare di meglio, visto anche il calibro dell’emergenza che ci siamo trovati ad affrontare sin dalle prime ore del mattino in cui siamo intervenuti. Noi siamo arrivati, comunque, nell’immediatezza sul luogo del naufragio e lì abbiamo assistito a delle scene veramente drammatiche e subito ci siamo rimboccati le maniche proprio per assistere i sopravvissuti e dare supporto anche alle varie autorità presenti in loco per lo spostamento delle salme. Perché abbiamo fatto anche questo. Siamo intervenuti con cinque ambulanze in supporto al 118 per trasportare i migranti in condizioni più gravi in ospedale”.