Il giornale statunitense cita fonti americane che hanno avuto accesso alle ultime risultanze delle indagini. Non ci sono indicazioni che Zelensky e il suo governo fossero coinvolti. I dettagli svelati da tre testate tedesche (Ard, Swr e Zeit): ad agire un'imbarcazione noleggiata da una società con sede in Polonia, apparentemente di proprietà di due ucraini. Sopra un commando di 6 persone con passaporti falsi, partito da Rostock 20 giorni prima delle esplosioni. Gli inquirenti indirizzati dalla segnalazione di un'intelligence occidentale già nell'autunno scorso
“È stato un gruppo pro-Ucraina a sabotare i due gasdotti Nord Stream lo scorso settembre, quando le due condotte sono state danneggiate con ordigni esplosivi sottomarini”. Lo riporta il quotidiano statunitense New York Times citando alcune fonti americane, secondo le quali non ci sono indicazioni che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la sua squadra di governo fossero coinvolti nell’operazione, pur non potendo escluderlo. Le conclusioni di cui dà conto il giornale emergono dalle ultime risultanze delle indagini che diversi paesi stanno svolgendo sull’accaduto e smentiscono l’ipotesi iniziale di un’azione operata da Mosca. La pista che porta a un gruppo pro-Kiev viene suggerita anche da un’inchiesta realizzata da tre autorevoli testate tedesche (la tv pubblica Ard, l’emittente pubblica Swr e il quotidiano Die Zeit) che svelano anche alcuni dettagli sugli indizi raccolti: gli inquirenti sono riusciti a identificare l’imbarcazione che sarebbe stata utilizzata per l’operazione segreta. Si tratta di uno yacht noleggiato da una società con sede in Polonia, apparentemente di proprietà di due ucraini. Secondo le indagini, l’operazione segreta in mare è stata condotta da una squadra di sei persone (cinque uomini e una donna). Lo yacht è stato poi restituito al proprietario: gli investigatori, secondo quanto riportano le testate tedesche, hanno trovato tracce di esplosivo sul tavolo in una cabina.
A settembre dopo le esplosioni il dito era stato puntato contro la Russia, sebbene i due gasdotti siano stati costruiti e siano gestiti dalla multinazionale russa Gazprom. Minare la sicurezza delle infrastrutture avrebbe potuto rappresentare un modo per aumentare la pressione del Cremlino sui paesi occidentali. Circa un mese fa il giornalista investigativo e premio Pulitzer Seymour Hersh aveva pubblicato un’inchiesta che indicava Casa Bianca e Norvegia come responsabili dell’operazione. Ricostruzione smentita dal governo statunitense, mentre lo stesso Hersh ha annunciato una nuova puntata della sua inchiesta. Dopo il doppio sabotaggio del gasdotto, però, per rispondere alle accuse Mosca aveva rilanciato anche un discorso pronunciato dal presidente americano Joe Biden il 7 febbraio 2022: “Se la Russia invade, non ci sarà più un Nord Stream 2. Metteremo fine a questo”, aveva dichiarato. “Come farete esattamente, visto che il progetto è sotto il controllo della Germania?”, la domanda successiva di un cronista. “Vi garantisco che saremo in grado di farlo”, aveva risposto Biden. Il presidente Usa pronunciò però quelle parole al fianco del cancelliere tedesco Olaf Scholz, che le approvò. Infatti due settimane più tardi lo stesso Scholz annunciò che la Germania aveva adottato le misure necessarie per interrompere il processo di certificazione del gasdotto Nord Stream 2. E mise appunto fine al progetto.
New York Times: nessuna prova conduce a Mosca
L’inchiesta del New York Times invece scagiona Mosca, ma anche Washington. Dalle prime risultanze delle indagini – stando alle rivelazioni che arrivano dai giornali americani e tedeschi – non è però emerso nessun elemento che potesse far ricondurre l’azione alla Russia, come ammesso anche da fonti diplomatiche di tutte le parti coinvolte interpellate in un approfondimento del Washington Post. Secondo quanto scrive il New York Times, Kiev e i suoi alleati sono stati visti da alcuni funzionari come i soggetti potenzialmente più interessati alla compromissione dei due oleodotti che potevano trasportare gas russo in Germania correndo sotto il mar Baltico e con una capacità complessiva di oltre 100 miliardi di metri cubi all’anno. Il secondo gasdotto, completato poco prima dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina, non è in realtà mai entrato in funzione ed è stato da sempre fortemente osteggiato dagli Stati Uniti contrari ad un ulteriore avvicinamento tra Berlino e Mosca.
I funzionari statunitensi citati dal New York Times sarebbero giunti alla conclusione che gli autori del sabotaggio siano oppositori del presidente russo Putin di nazionalità ucraina e forse anche russa. Non sarebbero invece coinvolti inglesi e statunitensi. Tuttavia non è stato specificato né chi ha diretto l’operazione né chi l’ha finanziata. Non è stato escluso il ruolo di un’ entità statale. Le fonti del Nyt affermano di non aver invece trovato alcuna prova del coinvolgimento del governo russo.
I media tedeschi: lo yacht noleggiato, la soffiata, l’ipotesi false flag
Anche gli investigatori tedeschi – come si legge nell’inchiesta pubblicata da Ard, Swr e Zeit – non hanno ancora trovato alcuna prova su chi abbia ordinato il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream lo scorso settembre, ma la pista sulla preparazione dell’attacco esplosivo porterebbe “in direzione dell’Ucraina“. Secondo le informazioni raccolte nell’inchiesta giornalistica, gli inquirenti hanno individuato nello yacht noleggiato da una società con sede in Polonia appartenente a due ucraini l’imbarcazione che ha compiuto il doppio sabotaggio. Il gruppo a bordo dello yacht era composto da un capitano, due sommozzatori, due assistenti subacquei e un medico. Non è nota però la nazionalità, perché i presunti autori hanno utilizzato passaporti falsi. L’attrezzattura per la doppia esplosioni, stando alla ricostruzione dei giornali tedeschi, è stata fatta arrivare con un camion al porto tedesco di Rostock, da dove è salpato lo yacht lo scorso 6 settembre.
Gli investigatori avrebbero poi localizzato l’imbarcazione il giorno seguente a Wieck auf dem Darß (sempre in Germania) e ancora nei giorni successivi in Danimarca. Le esplosioni sono avvenute lo scorso 26 settembre. Come detto, dopo la riconsegna al proprietario, le successive analisi avrebbero fatto emergere tracce di esplosivo su un tavolo in una cabina. L’analisi dello yacht è stata possibile, stando alle informazioni raccolte da Ard, Swr e Zeit, grazie alla soffiata di un’agenzia di intelligence occidentale, che già in autunno indicava un gruppo ucraino come responsabile del sabotaggio. Un’indicazione che poi sarebbe stata confermata anche dai servizi di altri Paesi. Resta in piedi, come riportano i tre media, anche l’ipotesi che si tratti di un’operazione false flag, ovvero che gli indizi che portano a sospettare di una matrice ucraina siano in realtà stati lasciati appositamente. Al momento, però, secondo i media tedeschi gli inquirenti non hanno in mano prove che confermino questa pista.
Le reazioni
“Sull’incidente al Nord Stream ci sono tre inchieste in corso, ancora non si è arrivati ad una conclusione, aspettiamo la fine delle indagini” ha detto il portavoce per la sicurezza nazionale americana, John Kirby. “A quanto ne sappiamo, come ha detto già il presidente Biden, è stato un sabotaggio”, ha aggiunto. Una portavoce del governo tedesco ha affermato che Berlino ha “preso atto” di quanto riferito dal New York Times in merito al sabotaggio del gasdotto Nord Stream, sottolineando che le indagini sulle esplosioni sono ancora in corso. “Il procuratore generale sta indagando sul caso dall’inizio di ottobre 2022. È lui ad avere il controllo del processo. Inoltre, le indagini sulle esplosioni sono in corso in Svezia e in Danimarca, ciascuna sotto l’egida delle autorità nazionali”, ha spiegato la portavoce. Pochi giorni fa, Svezia, Danimarca e Germania hanno informato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che le indagini sono in corso e che non ci sono ancora dei risultati.
Secondo una prima stima, il costo della riparazione delle condutture è di almeno mezzo miliardo di euro. La russa Gazprom sembrerebbe orientata a “congelare” le pipeline sigillandole per evitare ulteriori danni da erosione di acqua marina senza rimetterle in funzione poiché non si attende un rapido miglioramento delle relazioni con l’Occidente. I funzionari hanno affermato che le risultanze delle indagini sono ancora molto parziali, ciò non di meno sembrano emergere le prime indicazioni significative che potrebbero avere profonde implicazioni per la coalizione che sostiene l’Ucraina. La compromissione del gasdotto danneggia infatti direttamente la Germania e la sua popolazione costretta a sopportare un costo crescente dell’energia.