“Questa non è ancora una festa. E’ una giornata che serve a ricordare che ci sono troppe cose da sistemare. Serve a parlare di quello che ancora non c’è”. La giornata dell’8 marzo serve a riflettere su cosa poter migliorare anche nello sport italiano e nella pallavolo, dove le atlete non sono ancora considerate professioniste e non ricevono un trattamento adeguato sul lavoro. Lo ha vissuto sulla sua pelle Lara Lugli, ex pallavolista, diventata a suo malgrado famosa tempo fa per un fatto spiacevole: incinta, nel 2019 rimase senza stipendio e la Volley Pordenone le chiese pure i danni per non aver avvisato la società della sua volontà di avere un figlio. Oggi però, denuncia la stessa Lugli, non è cambiato nulla: “Chi non gioca perché si è fatto male continua a ricevere lo stipendio. Una donna in gravidanza no”.
La sportiva ha avuto la meglio, poichè la società Volley Pordenone ha ritirato la citazione in giudizio nei confronti dell’atleta per essere rimasta incinta e ha ottemperato ai suoi obblighi, pagando la mensilità che ancora era dovuta Lugli nel frattempo si è ritirata dal volley a 40 anni. La Gazzetta dello Sport l’ha intervistata proprio sul tema dei diritti delle donne nel mondo dello sport: “Il problema è essere sostenute dai club e prima o poi bisognerà arrivare al dunque. Il mondo è pieno di donne che stanno in campo, in qualsiasi disciplina, anche dopo una gravidanza. Ma bisogna essere tutelate“. Lara Lugli non è l’unico caso di donne senza tutele nello sport. Infatti, la calciatrice Alice Pignagnoli è stata prima nota per aver avuto un contratto rinnovato dal Cesena al settimo mese di gravidanza, poi per avere avuto, nel dicembre scorso, un’esperienza di segno opposto con la Lucchese.
Secondo l’ex pallavolista, questa assenza di tutela da parte della società non avviene solo a livello dilettantistico: “Succede anche ad alti livelli e spetta alle donne aver voglia di andare avanti anche dopo avere avuto un figlio. E non si deve aspettare soltanto una legge scritta, bisogna metterla in pratica. E’ una scelta delle società sportive il dire “riconosciamo questo diritto”. Spesso non accade. E’ una mancanza grave”. O ancora, Lara Lugli parla del problema etico alla base delle scelte delle società: “Io non paragono la gravidanza a un infortunio, per carità. Però chi non gioca perché si è fatto male continua a ricevere lo stipendio. Una donna in gravidanza no. Credo che sia un errore etico. Un club potrebbe cominciare a comportarsi in un altro modo e altri probabilmente seguirebbero“.