Il trasferimento è legato alla competenza territoriale. Indagati anche l’ex numero due dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) Ranieri Guerra e quattro tecnici del ministero della Salute. I magistrati: "L’epidemia" non "può dirsi provocata dai rappresentanti del governo"
Un fascicolo trasmesso a Roma e un’indagine già chiusa dal Tribunale dei ministri della capitale sulla gestione da parte del governo Conte della pandemia di Covid. E le decisioni di quest’ultimo potrebbero incidere con le conclusioni sul primo.
Ex ministri della Salute indagati – La procura di Bergamo ha trasmesso un fascicolo a Roma con una decina di indagati, tra cui gli ex ministri della Salute Roberto Speranza, Beatrice Lorenzin e Giulia Grillo nell’ambito dell’indagine sul Covid. Come scriveva L’Eco di Bergamo, già il 2 marzo, la posizione delle due ex ministre è più attenuata e potrebbe essere archiviata ed è relativa all’aggiornamento del piano pandemico, che era fermo al 2006: devono rispondere di omissione di atti d’ufficio. Il trasferimento è legato alla competenza territoriale. Indagati anche l’ex numero due dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) Ranieri Guerra e quattro tecnici del ministero della Salute. Per i pm di Bergamo sono “responsabili per i dati falsi comunicati a Oms e Commissione europea attraverso appositi questionari’. Gli altri indagati oltre a Guerra sono “direttori generali della Prevenzione del ministero della Salute e direttori dell’ufficio 3, in qualità di focal point di Oms, e dell’ufficio 5′, si tratta di Claudio D’Amario, Francesco Maraglino, Loredana Vellucci e Mauro Dionisio.
Agli atti dell’inchiesta principale – in cui sono indagati anche l’ex premier Giuseppe Conte e il governatore della Lombardia Attilio Fontana – un documento intitolato “Indicazioni operative. Emergenza nazionale, epidemia in Cina, Virus nCov-2019” che, il 28 gennaio 2020, Agostino Miozzo, componente del Comitato tecnico scientifico, allegò ad una mail inviata a Giuseppe Ruocco, all’epoca segretario generale del ministero della Salute. Nel documento si legge che “in caso di pandemia sul territorio nazionale, i provvedimenti che dovranno assumere le strutture del Servizio Sanitario Nazionale sono descritti dal Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale”. Ossia in quel piano che, secondo l’accusa dei pm di Bergamo e la consulenza di Andrea Crisanti, non fu invece applicato.
Miozzo, a verbale davanti ai pm, ha spiegato che sarebbe stato Federico Federighi, in quel periodo “dirigente del servizio risorse sanitarie del Dipartimento della Protezione civile”, a “redigere” quel testo. Il dirigente della Protezione civile ha riferito, a sua volta, che venne “redatto a fine gennaio”. E ai pm che gli hanno chiesto cosa avesse risposto il Ministero a proposito dell’indicazione sull’applicazione del piano pandemico, Federighi ha risposto: “Non so se il Ministero abbia mai dato risposto (…) non so dire chi abbia scritto questa parte (il documento era più ampio, ndr), non sono stato io”. Tra l’altro, sempre gli inquirenti hanno recuperato anche il resoconto di una task force ministeriale del 29 gennaio 2020, nella quale il direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito (indagato), avrebbe consigliato “di riferirsi alle metodologie del piano pandemico di cui è dotata l’Italia”. Quel piano datato 2006 e mai aggiornato che, però, secondo Crisanti, poteva essere utile. Dopo quel consiglio di Ippolito, però, ha messo a verbale Miozzo, “non ricordo che qualcuno prese posizione, l’affermazione non ha avuto seguito”.
Archiviazione a Roma – Mentre il fascicolo arriva nella capitale, come riporta il Corriere della Sera, il Tribunale dei ministri ha archiviato la denuncia dei familiari delle vittime e delle rappresentanze sindacali di base che avevano chiesto di indagare sui vertici dell’esecutivo per la diffusione del Covid-19. Secondo il collegio in nessun modo “l’epidemia può dirsi provocata dai rappresentanti del governo”. L’archiviazione riguarda Giuseppe Conte, Roberto Speranza, Luciana Lamorgese, Lorenzo Guerini, Luigi Di Maio, Roberto Gualtieri e Alfonso Bonafede, titolari di una serie di provvedimenti nel corso dell’emergenza pandemica. Impossibile imputare condotte penalmente rilevanti ai rappresentanti del governo, dice il Tribunale: “Deve ribadirsi che, soprattutto in una situazione di incertezza come quella sopra descritta non era esigibile da parte degli organi di governo l’adozione tout court di provvedimenti in grado di impedire ogni diffusione dei contagi che non tenessero conto della necessità di contemperare interessi diversi e in particolare la tutela della salute e la tenuta del tessuto socio economico della collettività“. Per i magistrati anche il reato di omicidio colposo plurimo non regge dal punto di vista giuridico: “Per verificare la colpevolezza si dovrebbe conoscere la genesi del contagio delle singole vittime e stabilire al di là di ogni ragionevole dubbio che misure di contenimento che non siano state adottate dal Governo o disposte in ritardo avrebbero evitato il contagio o l’esito leale”. Per il Tribunale: “Gli strumenti scientifici non sono in grado di accertare tali circostanze e non è possibile escludere responsabilità dei terzi considerato che la diffusione del virus dipende in buona parte da comportamenti virtuosi della collettività”. Anche una eventuale responsabilità penale sotto il profilo omissivo viene scartata: non è dimostrato infatti che l’adozione di ulteriori misure di contenimento “avrebbero evitato il contagio”.