La cartina tornasole sta tutta in due percentuali: gli infortuni sul lavoro tra le donne sono aumentati del 42% tra il 2021 e il 2022, tra gli uomini del 16%. Un distacco di quasi trenta punti percentuali, dentro cui si riflette un ampio spettro di diseguaglianze di genere descritto dal Dossier donne dell’Inail su infortuni e malattie professionali. In tutto gli infortuni sul lavoro delle donne sono stati 286.000. A pesare sul bilancio è ancora il Covid, con il contagio che colpisce soprattutto i settori di lavoro in cui sono impiegate in grande maggioranza le donne. Primi tra tutti i servizi legati alla sanità, con il 68% (215.487) dei contagi che ha riguardato le donne. “In occasione dell’8 marzo”, spiega l’Inail, “desideriamo riaffermare l’esigenza di un’appropriata formazione sui temi della tutela differenziata nei luoghi di lavoro”.

Segregazione occupazionale – La disparità tra i generi è evidente anche nel calo delle morti tra 2021 e 2022. Tra gli uomini è stato dell’11%, tra le donne del 4%. In tutto gli infortuni femminili con esito mortale lo scorso anno sono stati 120. “Questi dati sono un riflesso della segregazione occupazionale che caratterizza il mercato del lavoro”, argomenta a ilfattoquotidiano.it Marcella Corsi, direttrice di Minerva – Laboratorio su diversità e diseguaglianze di genere, professoressa di Economia politica all’università la Sapienza e fondatrice della piattaforma inGenere.it. “Ciò vuol dire che le donne sono più spesso assunte nei settori dei servizi, mentre gli uomini sono concentrati nel settore dell’industria”. Prendendo come riferimento gli anni tra il 2017 e il 2021, la differenza tra i sessi rimane: i decessi di lavoratrici denunciati all’Inail nel 2021 sono stati complessivamente 148, il 29,8% in più rispetto al 2017. Un incremento quasi doppio rispetto al +17,3% registrato nello stesso arco di tempo tra i lavoratori, passati da 1.067 a 1.252 decessi. Nello stesso quinquennio le denunce di infortuni sono calate del 13,3% per gli uomini e solo dell’11,7% per le donne. La riduzione degli infortuni femminili ha riguardato tutte le aree dell’Italia, ma nel 2021 – l’ultimo anno per cui esistono dati accurati a riguardo – è stata più marcata al Nord (-21%) e più sfumata al Sud (-4%). Nonostante questo, è ancora nel Settentrione che si concentrano gli infortuni delle donne, con il 62% del totale, cioè oltre 177.000. “Gli incidenti e i decessi si sono verificati soprattutto tra chi serve il pubblico, cioè le donne, che sono sempre state più esposte al contagio”, evidenzia la professoressa. Tradotto in numeri: nel 2021 oltre 166.000 infortuni femminili nella gestione di Industria e servizi, in particolare 39.000 casi nella Sanità e nell’Assistenza sociale e 15.000 nel Commercio. “Tutte figure ad alto rischio pandemico e di infortunio”, chiarisce Corsi.

Gestione del tempo – “La quota percentuale degli infortuni in itinere sul totale degli infortuni è stata sempre più elevata per le donne rispetto agli uomini”, si legge nel report Inail. Nel 2021 si è trattato del 12% degli infortuni tra gli uomini e del 20% tra le donne, cioè di 40.909 casi. “Questi dati evidenziano ancora una volta che l’uso del tempo è estremamente diverso tra i generi”, spiega Corsi. Come evidenzia anche l’Inail, le donne rimangono spesso intrappolate tra i doveri imposti dal lavoro e quelli della famiglia: “I modelli familiari-sociali vedono la donna particolarmente impegnata nel tentativo di mantenere un equilibrio tra la dimensione professionale e quella familiare”, si legge nel dossier. Ciò provoca “possibili ripercussioni sulla frequenza dei suoi spostamenti e sui tempi di recupero dalla stanchezza”, con maggiori rischi di incidenti sulla strada per il lavoro. Il discorso, precisa Corsi, riguarda anche il trasporto pubblico: “Quando nella coppia entrambi hanno bisogno della macchina, l’automobile va all’uomo e la donna prende i mezzi”. La conseguenza, prosegue la professoressa, è che le donne così risultano ancora più esposte al rischio di contagio da Covid, che di fatto rientra tra gli infortuni sul lavoro. Ecco che una possibile soluzione per attenuare questa disparità di genere passa anche per l’urbanistica, per la progettazione di una “città di genere” o della “città dei quindici minuti che vuole ridurre la necessità di mobilità rivisitando la distribuzione dei quartieri. Uno spunto utile soprattutto alle donne”.

Aggressioni – Un altro dato significativo sono le aggressioni sul posto di lavoro. Per le donne rappresentano il 3% delle cause di infortunio, cioè oltre 8500 casi. Di questo fenomeno, il 60% riguarda le impiegate nelle professioni sanitarie e assistenziali. I casi più frequenti sono infatti le aggressioni al personale medico da parte dei parenti dei malati e alle insegnanti da parte dei parenti degli studenti. Le donne vengono percepite come soggetti maggiormente vulnerabili e, se non possono contare su un contratto solido, “la precarietà del lavoro femminile unita alla sovra qualificazione per le posizioni ricoperte”, spiega Corsi, “espongono le donne a una generalizzata vulnerabilità lavorativa, che comporta una maggiore esposizione ai rischi”. Un’altra variabile che si interseca al genere, importante nei dati Inail per tutti gli infortuni sul lavoro, è il Paese di origine delle donne. Nel 2021 le denunce di infortunio delle lavoratrici straniere sono state il 14% del totale (oltre 29.000), con le donne nate in Romania tra le più rappresentate tra le vittime di infortunio. “Il genere è una variabile multi dimensionale”, sottolinea Corsi, “si somma alla provenienza e poi all’età”.

Disturbi psichici – Sul totale delle malattie causate dal lavoro, l’1,3% delle patologie femminili sono i disturbi psichici e del sistema nervoso. Tra gli uomini rappresentano lo 0,5% del totale delle malattie, in percentuale meno della metà. “A prevalere sono i disturbi nevrotici, legati a stress lavoro-correlato, ad esempio per mobbing”, si legge. Nel discorso pubblico “tutto viene spesso derubricato a stress”, ragiona Corsi. In realtà si tratta di un fenomeno ben più radicato, che si è accentuato negli ultimi anni con il maggiore ricorso allo smart working, che “spesso si è svolto in condizioni critiche”, sottolinea la professoressa. “Soprattutto nei grandi centri urbani molte famiglie si sono trovate costrette in appartamenti di pochi metri quadri, con molti lavori da svolgere contemporaneamente e i bambini da assistere”. Il peso di questa situazione si è riversato soprattutto sulle donne. La crisi economica iniziata con la pandemia, inoltre, ha intensificato la crisi strutturale di diversi settori di lavoro. Così soprattutto le donne si sono trovate a dover accettare condizioni di impiego precarie, rischiose per la salute mentale. Un esempio, spiega Corsi, è il part time involontario, “che riguarda soprattutto le donne. Inoltre, per un soggetto che può perdere il lavoro da un giorno all’altro, aumenta il meccanismo della ricattabilità”. Tradotto: anche condizioni di lavoro precarie e potenzialmente pericolose vengono accettate, pur di avere un’occupazione. Per una corretta prevenzione e una tutela differenziata sul posto di lavoro – entrambi punti richiesti dall’Inail – una condizione indispensabile, spiega Corsi, è la regolarità dei contratti. “Se il lavoro è a norma si possono creare situazioni di prevenzione e di formazione”, conclude, “sia per quanto riguarda gli infortuni, sia per le morti, sia per le aggressioni”.

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