Al primo vaglio di legittimità, dunque, gli ermellini hanno promosso la riforma dell’ergastolo ostativo - uno dei primi atti dell'esecutivo di destra - che ha allentato i paletti che precludevano i benefici penitenziari in favore dei condannati per reati gravi ritenuti ostativi a concessioni premiali. Si tratta del meccanismo che vieta a mafiosi e terroristi, condannati al fine pena mai, di accedere ai benefici penitenziari e alla libertà vigilata, dopo 26 anni di detenzione, se non collaborano prima con la magistratura
Il tribunale di Sorveglianza deve valutare se un detenuto condannato all’ergastolo per reati di mafia può essere liberato anche se non ha mai collaborato con la giustizia, alla luce della nuova norma varata dal governo nei mesi scorsi. È questo il senso della decisione della Cassazione, che ha ordinato un nuovo giudizio al Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila dopo il ricorso presentato dalla difesa di Salvatore Pezzino, 61 anni, condannato per mafia e omicidio. Pezzino, originario di Partinico, ha già scontato più di trent’anni anni di carcere in regime ostativo, cioè senza alcun beneficio perché non ha mai collaborato. Dopo l’udienza in camera di consiglio la Suprema corte ha annullato con rinvio l’ordinanza impugnata, in seguito alla restituzione degli atti da parte della Corte Costituzionale, alla luce delle nuove norme del governo di Giorgia Meloni, varate con il decreto legge del 31 ottobre scorsa.
Al primo vaglio di legittimità, dunque, gli ermellini hanno promosso la riforma dell’ergastolo ostativo – uno dei primi atti dell’esecutivo di destra – che ha allentato i paletti che precludevano i benefici penitenziari in favore dei condannati per reati gravi ritenuti ostativi a concessioni premiali. E’ questa l’ultima puntata della questione relativa all’ergastolo ostativo, il meccanismo che vieta a mafiosi e terroristi, condannati al fine pena mai, di accedere ai benefici penitenziari e alla libertà vigilata, dopo 26 anni di detenzione, se non collaborano prima con la magistratura. Un meccanismo inventato da Giovanni Falcone, che però la Consulta aveva considerato incostituzionale nel maggio del 2021. Una decisione alla quale si era arrivati dopo che Pezzino, difeso dall’avvocata Giovanna Araniti, aveva presentato ricorso al tribunale di Sorveglianza chiedendo la liberazione condizionale.
Il Parlamento aveva un anno di tempo per riscrivere la norma che vieta la libertà vigilata per boss e terroristi che non collaborano: in alternativa pericolosi capimafia, autori di stragi come i fratelli Graviano e Leoluca Bagarella, sarebbero tornati in libertà. La fine anticipata della legislatura, però, aveva fatto naufragare l’iter parlamentare. Dopo le elezioni, dunque, il nuovo governo di centrodestra aveva varato un decreto, modificando la norma sull’ostativo così come prevedevano le indicazioni della Consulta.
Dopo l’approvazione della nuova legge, dunque, la corte Costituzionale aveva restituito gli atti alla Cassazione. Ai giudici della Consulta “era stata rimessa la questione di legittimità costituzionale delle norme del cosiddetto ergastolo ostativo, perché era sopraggiunta una nuova disciplina per l’accesso ai benefici penitenziari per i detenuti non collaboranti con condanna all’ergastolo per reati cosiddetti ostativi“, spiega la Cassazione. “Il Collegio odierno ha annullato l’ordinanza impugnata, così come richiesto anche dalla Procura Generale. L’annullamento è stato disposto con rinvio al Tribunale di sorveglianza di L’Aquila affinché, alla luce della nuova disciplina, valuti con accertamenti di merito preclusi al giudice di legittimità la sussistenza o meno dei presupposti ora richiesti dalla legge per la concessione dei benefici penitenziari ai detenuti per reati cd. ostativi non collaboranti”, continua la prima sezione penale della Suprema corte, spiegando perché ha rinviato la questione al tribunale di Sorveglianza.
Alla luce della nuova disciplina, dunque, i giudici de L’Aquila dovranno valutare con accertamenti di merito la sussistenza o meno dei presupposti ora richiesti dalla legge per la concessione dei benefici penitenziari ai detenuti per reati ostativi che non collaborano con la giustizia. Finora il tribunale di Sorveglianza non era mai entrato nel merito del caso Pezzino ritenendo che, con le vecchie norme, l’assenza della collaborazione gli precludesse in ogni caso la liberazione condizionale che gli avrebbe consentito di uscire dal carcere dopo 30 anni. Un’ipotesi che adesso è percorribile, anche senza la collaborazione della giustizia. La condotta del detenuto, però, deve essere valutata alla luce di tutta una serie di paletti molto stringenti.