Cronaca

Selinunte, inchiesta anticorruzione al museo del Satiro danzante: “Appalti affidati in cambio di lavori nelle abitazioni del direttore”

L'indagine della Finanza svela una gestione degli appalti – stando a quanto ricostruito dagli inquirenti – “assolutamente spregiudicata”, scrive il gip Alcamo. Gli indagati sono accusati a vario titolo di falso, abuso d’ufficio e corruzione. Il direttore Agrò si dimette dagli incarichi: "Dimostrerò la mia estraneità ai fatti contestati"

“Minchia, c’è felicità assoluta”. Esulta Marco Agrò, fratello di Bernardo Agrò, presidente Parco Archeologico della Valle dei Templi e direttore del Parco di Lilibeo a Marsala. E l’esultanza appare più che comprensibile: bisognava ristrutturare il bagno di casa della madre e la ditta a cui si era subito rivolto Marco aveva chiesto 1900 euro. L’intervento di Bernardo, però, cambia tutto e i lavori sono affidati all’imprenditore Vito D’Anna che invece ne chiede solo 500. Uno sconto di 1400 euro che provoca l’inevitabile felicità di Marco Agrò (estraneo all’inchiesta). D’Anna però, secondo quanto ricostruito dalla Guardia di Finanza di Castelvetrano, coordinati dalla procura di Marsala, riceve in cambio l’affidamento di una serie di lavori pubblici presso il parco di Selinunte, dove all’epoca dei fatti era direttore proprio Bernardo Agrò. Nel frattempo, proprio nello stesso periodo, i lavori di “illuminazione del percorso pedonale dell’acropoli” vengono affidati in somma urgenza alla ditta Restart di Vito D’Anna. L’urgenza è dovuta ad un “guasto elettrico riconducibile ad un corto circuito”.

Questo è solo uno degli episodi elencati nell’ordinanza in cui il gip Riccardo Alcamo dispone la sospensione per 9 mesi dai pubblici uffici per Agrò e per altri due funzionari del parco, Tommaso Sciara e Antonio Ferraro Mortellaro. Mentre dispone il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per nove mesi per gli imprenditori Vito D’Anna, Vincenzo D’Angelo e Massimiliano Raia. Un’inchiesta che svela una gestione degli appalti – stando a quanto ricostruito dagli inquirenti – “assolutamente spregiudicata”, scrive il gip Alcamo. Gli indagati sono accusati a vario titolo di falso, abuso d’ufficio e corruzione.

Secondo l’accusa a “fronte dell’assegnazione di pubblici lavori, gran parte dei quali attribuiti in somma urgenza ed attraverso uno strumentale utilizzo del Mercato elettronico della pubblica amministrazione (Mepa), il responsabile dell’Ente percepiva dalle imprese affidatarie varie utilità, tra le quali opere di ristrutturazione presso abitazioni private nella disponibilità del Pubblico Ufficiale e di familiari di quest’ultimo, nelle province di Palermo ed Agrigento, nonché interventi di trasloco, giardinaggio e disinfestazione presso i predetti domicili”.

Non un parco qualunque quello di Selinunte: è infatti uno dei più grandi del Mediterraneo con templi dorici di assoluto pregio e che vanta cinque distinti siti compresi all’interno. Tra questi c’è anche il museo del Satiro danzante. È qui per esempio che il 20 giugno del 2020 l’allora assessore regionale ai Beni culturali, il leghista Alberto Samonà, presenziava alla nuova apertura dopo il lockdown. Per riaprire il museo erano stati fatti dei lavori di cui però non c’era alcuna evidenza pubblica. Tramite le intercettazioni (e l’uso del trojan) gli uomini della Guardia di finanza hanno potuto ricostruire come quei lavori fossero stati affidati all’imprenditore Vincenzo D’Angelo, sprovvisto di Durc, Documento unico di regolarità contributiva. D’Angelo, infatti, aveva debiti per 67 mila euro con la pubblica amministrazione e se avesse vinto un appalto pubblico avrebbe avuto sottratta la cifra equivalente. Ma un modo per aggirare l’inghippo si trova sempre: secondo le accuse, in questo caso è stta usata una ditta esterna come prestanome. Grazie a questo escamotage D’Angelo ottiene i lavori pubblici per una somma di 27.500 euro nel frattempo è lo stesso D’Angelo a fare lavori edilizi in abitazioni private riconducibili al direttore del parco. Che però stenta a pagarlo con grande disappunto di D’Angelo che nelle intercettazioni si lamentava dei ritardi. Alla fine Agrò si deciderà a pagare ma non salderà tutto: “A seguito infine del pagamento da parte dell’Agrò e della sua compagna con bonifico, del corrispettivo dovuto per i lavori privati, D’Angelo aveva dovuto rinunciare a una parte del corrispettivo, rimettendoci circa tremila euro”.

Neppure la commemorazione dei coniugi Tusa sfugge a questa logica di affidamenti. Il 7 dicembre del 2020 presso il parco archeologico si celebrava, infatti, la cerimonia per la deposizione delle ceneri dell’archeologo Vincenzo Tusa e della moglie Aldina Cutroni. Sono i genitori del compianto assessore ai Beni culturali, Sebastiano Tusa, morto in un incidente aereo in Etiopia nel 2019. La deposizione delle ceneri nel parco archeologico di Selinunte seguiva la volontà espressa in vita dello stesso assessore. Tutto avviene alla presenza di autorità locali e regionali, e della sorella dell’ex assessore. A occuparsi di tutta l’organizzazione, senza alcun affidamento è Vito d’Anna. E si occupa di tutto: degli scavi per depositare le ceneri, della collocazione della targa a loro memoria, concordava perfino col vivaista il tipo di vegetazione da piantare nei pressi della targa, consigliandosi anche con Giuseppe Tallo, dipendente del Parco che si occupava del progetto, sia nella fase di esecuzione.

E per “consentire il pagamento a favore del D’Anna degli anzidetti lavori viene avviata una procedura di affidamento anche stavolta fittizia: in data 7 dicembre 2020, cioè il giorno stesso della cerimonia commemorativa, viene emessa dal direttore del Parco, Agrò Bernardo, la determina 197 con la quale egli decide di procedere ad una richiesta di offerta (RdO) tramite il portale Mepa, per l’individuazione di ditte interessate a realizzare lavori urgenti di sistemazione reperti nella zona archeologica dell’abitato, in corrispondenza degli spazi del giardino antistanti la Casa del Viaggiatore (senza fare alcun riferimento alla commemorazione dei coniugi Tusa, già svoltasi e conclusasi, del resto nella stessa giornata)”. Il successivo 15 febbraio vengono liquidati i lavori per un importo di 10.561 euro più iva alla ditta Angela Rizzo di Partinico. Il pagamento viene fatto “il 17 febbraio con accredito sul conto di Angela Rizzo – scrive Alcamo – la quale tuttavia il giorno 9 marzo ne bonifica la gran parte, ovvero 8 mila alla Restart di Vito D’Anna”. Ma non è finita qui: “In seguito i lavori realizzati per la commemorazione vengono occultati – continua il gip – (coprendo il sito della cerimonia con della sabbia, operazione ancora una volta affidata informalmente al D’Anna), poiché come si desume dal tenore di dialoghi intercettati tra l’Agrò e Girolama Fontana, sovrintendente di Trapani, risultano effettuati in maniera sostanzialmente illegittima, perché senza autorizzazione paesaggistica”. “Ho rassegnato questa mattina le dimissioni”, ha scritto in una nota Agrò, che nel frattempo era diventato presidente del Parco Archeologico della Valle dei Templi e direttore del Parco di Lilibeo a Marsala. E ha continuato: “Ripongo piena fiducia nella magistratura e confido al più presto di poter dimostrare la mia totale estraneità ai fatti contestati”.