Nella notte del naufragio del barcone con i migranti davanti alle coste di Crotone l’aereo di Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, ha “inviato direttamente a Roma” ciò che ha visto e “con la telecamera termica è stato visto che sotto coperta c’erano molte persone”. Lo ha ribadito la commissaria Ue agli Affari Interni Ylva Johanssson rispondendo a una domanda sulla strage di Cutro. E’ un passaggio non banale rispetto alla ricostruzione di questi giorni fornita anche dal governo e in particolare dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che ancora ieri, nella sua informativa in Parlamento, ha ribadito che Frontex “non segnalò situazioni di pericolo”. Naturalmente la differenza sta nelle parole utilizzate. E’ vero che Frontex non segnalò “situazioni di pericolo“, ma dall’altra parte il punto che resta sospeso è che le autorità italiane decisero di non riconoscere una potenziale “situazione di pericolo” nell’informazione dell’organismo europeo secondo la quale c’era un barcone “con molte persone” a bordo, che navigava in mare aperto. E infatti Johansson usa gli stessi termini: “L’imbarcazione non era in una situazione di pericolo: hanno visto poche persone sul ponte, ma con la telecamera termica hanno notato che probabilmente molte persone erano sotto coperta. L’aereo ha pattugliato la zona tutto il tempo possibile per sorvegliare la situazione finché non aveva più carburante ed è dovuto tornare indietro”. Durante questo monitoraggio “l’imbarcazione non era in una situazione di pericolo”, ha spiegato Johansson, aggiungendo che l’imbarcazione “non ha lanciato segnali di allarme forse perché non voleva essere reperita”.
Nella ricostruzione data dalla commissaria Johansson è stato ribadito che l’aereo di Frontex “ha monitorato la situazione finché c’era carburante. Frontex ha fatto tutto ciò che doveva fare, purtroppo non è stato abbastanza. Se l’aereo avesse avuto più carburante avrebbe notato il peggioramento delle condizioni atmosferiche”. In quelle stesse ore si sviluppava la storia dei mezzi navali della Guardia di Finanza che tentavano di prendere il mare ma erano ostacolati dalle pessime condizioni meteomarine. Johannson tra le altre cose ha precisato che l’aereo Frontex in quel momento era “sotto il comando italiano“. “L’aereo – ha spiegato – è uscito per sorvegliare la zona e stava tornando quando ha notato l’imbarcazione. Quello che hanno visto con le loro videocamere è andato direttamente al centro di Roma in modo che potessero vedere esattamente le stesse immagini”. Cioè, tra le altre cose, la presenza di persone a bordo e molti boccaporti aperti (altro indizio di presenza significativa sotto coperta).
Nessuno ha pensato che fosse un’operazione Sar, search and rescue, cioè ricerca e soccorso, né Frontex né le autorità italiane. “Hanno pensato che non si trattasse di un’operazione di ricerca e soccorso, che dovesse essere un’operazione di polizia, questa è una risposta che dovrebbero dare le autorità italiane” ha rimarcato la commissaria aggiungendo che è per questo motivo che è stata inviata “la Guardia di Finanza e non la Guardia costiera. Poi il mare si è ingrossato ed è successa la tragedia”. Johannson conclude assicurando che “Frontex ha fatto tutto quello che ha potuto e quello che doveva fare in questa situazione: purtroppo non è stato abbastanza. Avrebbero potuto restare di più per continuare con il monitoraggio. Se l’avessero vista prima, se avessero avuto più carburante, forse avrebbero visto il cambiamento delle condizioni del mare e allora avrebbero sì dichiarato il pericolo per quella imbarcazione, ma purtroppo non è andata così”. Resta la questione di fondo: è stato corretto derubricare a “nessun pericolo” un barcone di scafisti – della qualità consueta, cioè pessima – con “molte persone a bordo”?