La Liga Veneta-Lega per Salvini premier si avvia più divisa che mai verso il congresso regionale, una specie di Araba Fenice. L’ultimo fu nel 2016 a Verona, quando venne eletto segretario Antonio Da Re, oggi un eretico del partito trainato dal vicepresidente del consiglio. Da allora le richieste di un’assise per discutere contenuti politici e alleanze, strategie e visioni di un Veneto che cambia, sono state continue. Passata l’era Da Re nel 2019 è cominciata quella dei commissari voluti da Salvini. Prima Lorenzo Fontana (oggi presidente della Camera) nel 2019-20, poi il giovane Alberto Stefani che ricopre il ruolo da oltre due anni e che è stato più volte criticato per non essere riuscito ad imporre nomi e candidati al segretario lombardo. In questi sette anni la Lega in Veneto è mutata. Ha raggiunto vette inimmaginabili di consensi (il 76% di Luca Zaia governatore nel 2020 resta inarrivabile), ma adesso è precipitata ad occupare appena un terzo dell’elettorato dei Fratelli d’Italia e ha fatto emergere le sue molte anime, cristallizzate dall’esito dei congressi provinciali che si sono conclusi il 5 marzo a Vicenza.

Matteo Salvini, per raffreddare i bollori sul fronte nordorientale, ha già fatto sapere che il congresso regionale si farà dopo la tornata delle elezioni amministrative e regionali. Insomma, se ne riparla in autunno. Chi si aspetta l’uscita allo scoperto di Zaia per contrastare Salvini (che non a caso controlla quasi tutti i parlamentari veneti) resterà un’altra volta deluso. Il governatore ha lasciato fare a uno dei suoi assessori, il padovano Roberto Marcato, che da tempo si è fatto avanti per contrastare le velleità di Stefani, che non solo è appoggiato anche dal sottosegretario Massimo Bitonci e da Lorenzo Fontana. Marcato ha replicato a muso duro proprio al segretario affermando che dopo tanta attesa è inutile aspettare che passi l’estate per celebrare il rito collettivo del congresso.

Nella partita, a sorpresa, è entrato da terzo incomodo l’ex sottosegretario Franco Manzato. Il quadro si è così completato. L’anima salviniana è incarnata da Stefani, che dimostra di avere sempre più le mani sul partito e che in Veneto ha ottenuto buoni risultati, anche se non ancora decisivi. Dire che Marcato incarni l’anima zaiana è solo in parte vero. Il focoso assessore, infatti, da tempo vuole andare a una resa dei conti (che Zaia invece sembra guardare più tiepidamente) in nome della vecchia anima leghista, radicata nel territorio e nelle amministrazioni locali ormai da più di un ventennio. Forse per primo (assieme a Da Re) ha criticato le candidature che hanno portato al fallimento, lo scorso anno, prima a Padova e a Verona, poi alle elezioni politiche. La terza anima è quella del leghismo delle origini, incarnato da Umberto Bossi. Non a caso l’ex segretario regionale (1998-2012) ed ex sindaco di Treviso Giampaolo Gobbo ha messo in campo, a partire da Treviso, Franco Manzato, per ricordare le radici padane della Lega, ben piantate nel lombardo-veneto produttivo.

In attesa del congresso regionale non resta che fare i conti sulla base dei risultati dei congressi provinciali. Stefani-Salvini possono contare su Padova (Nicola Pettenuzzo) e Verona (Paolo Borchia). Marcato-Zaia hanno risposto con Rovigo (eletto per acclamazione Guglielmo Ferrarese), Belluno (Andrea De Bernardin) e Vicenza (Denis Frison, anche lui unico candidato. Qualche interrogativo lo ha posto Sergio Vallotto, eletto segretario a Venezia, che secondo un comunicato di partito starebbe con Stefani, anche se lui non si è finora espresso. A Treviso il ritorno di Dimitri Coin è una voce autonoma che sostiene Manzato.

Come in tutti i congressi, i conti si fanno alla fine. A votare saranno 445 delegati (in rappresentanza degli oltre 8mila iscritti con diritto di voto) scelti dalla base nelle sette province venete. Qui ci si trova in una prateria aperta, anche se secondo qualche stima, Stefani avrebbe già il controllo di 235 delegati, quindi la maggioranza. Forse è anche per questo che Zaia ufficialmente non si sbilancia e non sembra prendere parte alla sfida. Marcato rivendica, invece, il merito di aver costretto la segreteria di Milano a far celebrare i congressi di sezione e provinciali, per mettere fine alla lunga stagione dei commissari.

Il Veneto è la prima regione ad aver concluso i congressi provinciali della Lega, proprio mentre sta per scadere la prima metà del mandato di Zaia, rieletto governatore del Veneto nel settembre 2020 per la terza volta. Cosa farà in futuro, visto che per legge gli è preclusa al momento la possibilità di una ricandidatura? La grancassa locale a favore di una modifica per togliere il limite ha già cominciato a suonare. L’interessato ha manifestato un interesse apparentemente distratto. Eppure, Zaia ha 55 anni e finora ha fatto solo politica. Inevitabile che cerchi di mettere a frutto la propria popolarità per cercarsi non un altro lavoro, ma un’altra collocazione pubblica. Sul suo futuro incombono però un’incognita e un’opportunità. Quest’ultima è costituita dalle votazioni europee del 2014: se si candidasse per la Lega, l’elezione difficilmente gli sfuggirebbe, nonostante il dimagrimento pauroso del partito, ma uscirebbe dalla scena italiana. L’incognita è costituita dai Fratelli d’Italia che, dopo aver vinto le politiche, hanno già concesso alla Lega la presidenza della Lombardia e quella piuttosto probabile del Friuli Venezia Giulia con Massimiliano Fedriga. Dovessero dare il via libera in Trentino a Maurizio Fugatti, è piuttosto difficile che rinuncino alla possibilità di presentare un proprio candidato in Veneto nel 2025, dove possono guardare alla Lega dall’altezza di un 32,7 per cento, un differenziale di quasi il 18 per cento.

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