Non lo nego, avrei voluto esserci anch’io tra i 327mila risparmiatori che hanno comprato dal computer di casa o dell’ufficio una quota della collocazione dei Btp Italia che si è chiusa l’8 marzo. Purtroppo, perché sono un ritardatario e per problemi informatici, non ce l’ho fatta. Così ho perso l’occasione di acquistare un prodotto finanziario che oggi, come da specchietto illustrativo della banca che ho consultato, rende complessivamente più dell’8% annuo a causa dell’aggancio all’inflazione.
Rendimenti così generosi non esistono nei paesi normali. Tanto per fare un esempio, i titoli di stato del debito pubblico Usa a cinque anni rendono appena la metà, il 4,2%. Si tratta, in realtà, di un rendimento negativo perché l’inflazione americana è ancora elevata, attorno all’8%. Per fare un altro esempio di un paese più simile a noi, la Spagna, i titoli del debito pubblico a cinque anni hanno un rendimento nominale superiore al 3%, e reale negativo. Si capisce quindi la corsa dei risparmiatori italiani ad approfittare di questo regalo finanziario del ministro Giorgetti. Non il patriottismo fiscale come auspicato da Meloni, ma il patriottismo del portafoglio ha spinto molti ad accendere il pc e diventare gestori del proprio risparmio. Per riportare l’orologio dell’economia agli anni Settanta, un periodo di alta inflazione e di elevata instabilità, anche bellica, a livello internazionale, mancava solo il ritorno dei BOT-people, come venivano allora definiti, con una certa denigrazione da parte degli esperti, i risparmiatori nostrani golosi di acquistare titoli di stato che rendevano oltre il 20%.
Il successo straordinario dell’operazione Btp Italia di questo mese è stato un colpo di genio del ministro, un caso ben riuscito di finanza creativa, oppure dietro questo entusiasmo collettivo per il nuovo sovranismo fiscale si nascondono problemi ben più seri messi per ora sotto il tappeto di un magnifico tasso di interesse? Per rispondere a questa domanda dobbiamo considerare i due aspetti fondamentali dell’operazione Giorgetti sul Btp Italia, operazione in parte economica – recupero di risorse – e in parte politica – recupero di consenso mediatico dopo il disastro della brusca eliminazione del superbonus edilizio.
Il primo riguarda il tasso di rendimento garantito, quel 2% che comunque vada il risparmiatore porta a casa nei prossimi cinque anni. Si tratta di un valore storicamente elevato per questo tipo di emissioni. Per avere un’idea dei valori in gioco, il Btp Italia del 2016 offriva un rendimento garantito dello 0,4%, poi si è passati all’1,4% fino ad arrivare al valore attuale. La logica economica del tasso garantito per il risparmiatore è chiara, ma per lo stato? Qui il discorso è un po’ più complicato e riguarda la sostenibilità nel lungo periodo del debito pubblico. La teoria ci dice che il debito pubblico è sostenibile quanto il tasso di crescita annuale è superiore al tasso di interesse, altrimenti si crea nuovo debito. Nel caso Btp di marzo è quello che si si sta verificando. Il tasso di crescita per il 2023 è abbondantemente sotto l’1%, ma si promette ai risparmiatori un rendimento doppio nei prossimi cinque anni. Il governo dunque ha fatto una scelta imprudente e rischiosa. Si poteva essere tranquillamente meno generosi con i risparmiatori, anche perché c’è la seconda parte.
Il secondo aspetto è ancora più problematico. Il governo ha deciso di indicizzare pienamente i titoli dei risparmiatori al tasso di inflazione, accollandosi quindi rilevantissimi oneri futuri. Poteva scegliere diversamente? Certamente sì. Per esempio, il Tfr dei lavoratori è indicizzato al 75% del tasso di inflazione. Così facendo ha dato ai risparmiatori un bonus inflazione molto gradito che li ha spinti ad aderire in massa. Frenato il superbonus edilizio, ecco arrivare il super bonus inflazione molto più pericoloso per le casse pubbliche, perché il nostro debito è di 2.762 miliardi di euro e in costante ascesa.
Qui si apre una questione fondamentale, un po’ economica ma molto più di carattere politico: chi sta pagando attualmente il conto della tassa inflazionistica? Finora certamente lo stanno pagando i lavoratori dipendenti i cui salari, non tutti, sono fermi. In particolare lo stanno pagando i dipendenti pubblici a cui Meloni non ha riconosciuto l’anticipo della vacanza contrattuale, e i pensionati cosiddetti ricchi che si sono visti tagliare gli incrementi previsti per legge. Invece, non stanno pagando, in tutto o in parte, la tassa dell’inflazione gli autonomi che hanno abbondantemente ritoccato i listini e le imprese che hanno visto i profitti volare. Ora, con la manovra Btp Italia, il governo ha deciso di non farla pagare nemmeno ai risparmiatori fedeli ai titoli di stato che vengono tutelati al 100%.
Ragioni di equità, la tassa dell’inflazione andrebbe ripartita tra tutti, risparmiatori compresi, e di sostenibilità finanziaria avrebbero richiesto una maggior prudenza. Un tasso di rendimento più basso sarebbe stato egualmente apprezzato dal mercato. Se l’inflazione non calerà, come sembra, e la crescita sarà modesta, il regalo ai risparmiatori diventerà molto presto un incubo per le finanze pubbliche dati i giganteschi volumi di emissione di titoli di stato. Purtroppo l’insostenibile rendimento dell’emissione di marzo 2023 farà da àncora per le emissioni future, disegnando un sentiero molto problematico per le casse dello stato.
Che dire allora? Al governo, per prendere in prestito uno slogan pubblicitario, piace giocare facile in materia di finanziamento del debito pubblico. Fare un regalone ai risparmiatori per ora non costa molto e crea molto consenso. Tra i tanti bonus che popolano il nostro sistema, il governo Meloni ne ha inventato uno nuovo, il bonus inflazione per i risparmiatori – che se oggi fa brindare i sottoscrittori, domani creerà guai seri per la finanza pubblica. Drogare il mercato del risparmio con tassi insostenibili è molto lontano da quell’atteggiamento di serietà e responsabilità nei confronti dei conti pubblici che il duo Meloni-Giorgetti propone ad ogni intervista. I fatti mostrano il contrario.
Comunque la volta prossima anch’io cercherò di partecipare al falò dei conti pubblici comprando i Btp Italia del ministro Giorgetti, sperando in un rendimento garantito ancora maggiore.