di Paolo Bagnoli
L’Italia sta vivendo un momento drammatico. Quanto è avvenuto sulle spiagge calabresi rende il dolore più acuto, poiché nulla è stato fatto per salvare delle vite in virtù di una normativa basata sul concetto che l’immigrazione è principalmente una questione di polizia. Ne viene fuori l’immagine di un’Italia imbarbarita, governata da gente per lo più incompetente: nel caso del naufragio di Crotone, oggettivamente colpevole. Solo la presenza di Sergio Mattarella in raccoglimento davanti alle bare salva l’onore della Repubblica, riscattando quel senso di umanità che il popolo italiano ha sempre rivendicato.
Inoltre, quel silenzio, intenso e commosso, parla politicamente. Esso ci dice che è assurdo e irragionevole continuare a considerare il flusso migratorio come un fatto emergenziale e non una grande questione politica che, proprio in quanto tale, poiché è politica, investe l’Unione europea. Ma mai la investirà come si deve se si continua a valutarla alla stregua di un fenomeno da stroncare.
La divergenza creatasi tra le più alte autorità della Repubblica è balzata agli occhi con grande evidenza; da una parte Sergio Mattarella, dall’altra un governo in cui siedono ministri surreali; personaggi chiaramente non all’altezza del loro compito. In Grecia, ove si è avuto uno spaventoso incidente ferroviario, il ministro dei Trasporti si è dimesso – pur non avendo responsabilità diretta alcuna, in quanto ha causato tanti morti – per rispetto verso quest’ultimi. Per il ministro degli Interni italiano le vittime di Crotone, in fondo, se la sono quasi cercata. Ma è possibile?
Eppure bisogna reagire. La Firenze antifascista ha reagito non solo per testimoniare il proprio sentire democratico, ma anche perché, inopportunamente, il ministro della Pubblica istruzione è intervenuto per condannare la lettera, più che legittima, di una dirigente scolastica che ricordava i valori su cui si basa la democrazia italiana, senza dire una parola sul fatto che sei squadristi hanno assalito due studenti antifascisti. Ma è possibile?
Ahimè i fatti ci dicono che lo è.
In tale quadro crediamo che il primo dovere dell’opposizione sia quello di combattere l’imbarbarimento verso cui siamo incamminati; lo sia ad ogni livello, nel Parlamento e nel Paese, nelle piazze e nel palazzo; insomma, in ogni dove lo spazio sociale richieda convivenza civile. Un’Italia civile esiste e in questi giorni ha alzato la testa; non sempre, però, allo sdegno morale fa seguito la consapevolezza politica e della sua organizzazione secondo i canoni della democrazia che non è, non dimentichiamolo, solo una procedura. È un’Italia che, per certi versi, riscatta quella disillusa che non va a votare e che va interpretata non attraverso la sola comunicazione, bensì tramite una dimensione politica che sia, in primo luogo, pedagogia repubblicana.
Accadrà? Ogni risposta è azzardata. La situazione dell’opposizione, se ritiene che la questione in ballo sia solo quella di riconquistare il governo, non crea le condizioni per realizzare quella pedagogia repubblicana di cui dicevo. Assumerla come compito precipuo non mette in secondo piano quello che è l’obiettivo di tutte le opposizioni, vale a dire sconfiggere le maggioranze cui si contrappongono.
Secondo tale angolazione, quanto è successo nel Pd con le votazioni per la nuova segreteria non offre nessuna garanzia. Tralasciando ogni giudizio tra i due contendenti, tra chi ha vinto e chi ha perso, dal percorso compiuto sono usciti ben due soggetti: uno interno che ha visto prevalere Stefano Bonaccini e uno esterno, maggioritario, che ha portato alla segreteria Elly Schlein.
È un meccanismo assurdo e improprio, geneticamente populistico, per cui al confronto delle posizioni si preferisce lo scontro tra contendenti. È naturale che uno vinca e l’altro perda; il personalismo genera vuoto politico negando ogni possibilità di mediazione se non di convivenza. Il parlare di unità fa parte di un gioco senza sostanza effettiva.
Le condizioni generali in cui versa la Repubblica non inducono all’ottimismo perché, se è vero che dopo un raccolto ne viene un altro, non si riesce proprio a capire quale esso possa essere.
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