I risultati di questo studio, commentano gli scienziati, aprono la strada a una nuova strategia mirata per aggredire nel midollo osseo le cellule staminali leucemiche resistenti alla chemioterapia
Attraverso cellule ingegnerizzate è possibile raggiungere il midollo osseo in modo più efficace, il che potrebbe migliorare notevolmente le terapie contro la leucemia. A compiere un significativo passo in avanti in questa direzione uno studio italiano, pubblicato sulla rivista scientifica Blood, condotto dai ricercatori della Fondazione Tettamanti, in collaborazione con la University of North Carolina a Chapel Hill, l’Università Milano-Bicocca, l’IRCCS San Raffaele di Milano, l’IRCCS Humanitas Research Hospital di Rozzano, l’Humanitas University, l’Istituto di Neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche, l’Università La Sapienza di Roma, l’Ospedale Universitario di Perugia e il King’s College di Londra.
Il team, guidato da Marta Serafini, ha elaborato e utilizzato le CAR-CIK (Chimeric Antigen Receptor-Cytokine Induced Killer), una particolare tipologia di cellule ingegnerizzate. Già impiegata in ambito oncoematologico, la terapia CAR-T rappresenta un approccio molto promettente per il trattamento di diverse forme di tumore. La versione innovativa sviluppata dal gruppo di ricerca sfrutta però l’attività di uno specifico recettore (il CXCR4) delle chemochine, proteine essenziali per il processo immunitario. Questa nuova strategia permette di veicolare le cellule terapeutiche ingegnerizzate in modo più efficiente nel midollo osseo, e concentrarle nella regione in cui si trovano le cellule staminali leucemiche resistenti alla chemioterapia. In questo modo, l’azione antitumorale viene ottimizzata.
La leucemia mieloide acuta (LMA), spiegano gli esperti, è una forma di tumore del sangue che progredisce rapidamente, nonché la più acuta e frequente negli adulti. In base ai dati della Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), in Italia si stimano circa duemila nuovi casi ogni anno, con un tasso di insorgenza lievemente più elevato negli uomini rispetto alle controparti femminili. I risultati di questo studio, commentano gli scienziati, aprono la strada a una nuova strategia mirata per aggredire nel midollo osseo le cellule staminali leucemiche resistenti alla chemioterapia. Il lavoro, aggiungono gli autori, potrebbe permettere di superare i limiti attuali relativi all’impiego efficiente delle cellule CAR-T e di altre terapie convenzionali e innovative contro la LMA. In prospettiva, la speranza del gruppo di ricerca è quella di migliorare la prognosi di pazienti con questa forma aggressiva di tumore.
“Nonostante la recente introduzione di vari trattamenti innovativi – osserva Serafini, Capo Unità Cellule staminali e Immunoterapia del Centro Tettamanti Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza – l’aspettativa di vita delle persone che sviluppano questa malattia è piuttosto insoddisfacente. L’uso della terapia CAR-T si è scontrato, finora, con il limite di uno scarso ingresso delle cellule nel midollo osseo. La nostra versione ingegnerizzata potrebbe migliorare notevolmente l’efficacia di questi approcci”.
Il recettore CXCR4, spiegano gli autori, viene infatti attratto da una proteina rilasciata dalle cellule del midollo osseo. La vicinanza con le cellule staminali leucemiche che sostengono la progressione del tumore permette di contrastare la malattia in modo più efficace. “Un aspetto particolarmente interessante – aggiunge Andrea Biondi, direttore scientifico della Fondazione Tettamanti e dell’IRCSS San Gerardo dei Tintori – riguarda il fatto che nei test condotti nel modello animale in vivo, le nostre cellule ingegnerizzate hanno mostrato un’attività anti-leucemica potenziata rispetto alle alternative precedenti, incrementando la sopravvivenza degli animali trattati”. Allo stesso tempo, riportano gli studiosi, non sono stati evidenziati effetti collaterali indesiderati. Gli autori precisano che saranno necessari ulteriori approfondimenti per valutare la tollerabilità e l’efficacia di questo trattamento in pazienti umani. Se i promettenti risultati di questo lavoro preclinico saranno confermati dalle prossime sperimentazioni, concludono gli autori, il trattamento potrebbe aumentare le possibilità di tenere sotto controllo la LMA, migliorando gli esiti clinici di milioni di pazienti in tutto il mondo.
Valentina Di Paola