La città ai piedi dell’Etna dopo il commissariamento a singhiozzo degli ultimi anni (legato alle vicende giudiziarie ed elettorali del sindaco uscente Salvo Pogliese) andrà finalmente a nuove elezioni il prossimo 28 e 29 maggio. E già da settimane gli animi nel centrodestra scalpitano in vista della scelta del candidato. La fine della vicenda giudiziaria del leader del Mpa potrebbe scompaginare le carte in tavola
“Una sentenza che avrà di certo risvolti politici”. Nel centrodestra siciliano nessuno, o quasi, ci mette la faccia, ma il coro è unanime. La sentenza della Cassazione che martedì 7 marzo ha messo la parola fine sulla lunga vicenda giudiziaria che ha coinvolto l’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, avrà un impatto inevitabile nello scacchiere politico regionale. Con evidenti ripercussioni sulle prossime amministrative di Catania. La città ai piedi dell’Etna dopo il commissariamento a singhiozzo degli ultimi anni (legato alle vicende giudiziarie ed elettorali del sindaco uscente Salvo Pogliese) andrà finalmente a nuove elezioni il prossimo 28 e 29 maggio. E già da settimane gli animi nel centrodestra scalpitano in vista della scelta del candidato. A volere piazzare il proprio “uomo” o “donna” per aspirare alla guida della città ci sono infatti sia Fratelli d’Italia che la Lega. Non senza fratture interne in entrambi gli schieramenti.
Intanto finiti i 13 lunghi anni della vicenda giudiziaria che lo hanno visto accusato di concorso esterno e corruzione elettorale, potrebbe essere lo stesso Lombardo a voler aspirare alla candidatura. Di certo lo ha suggerito domenica scorsa Fabio Mancuso, sindaco di Adrano, durante la trasmissione di Luca Ciliberti su Telecolor. Mancuso, molto vicino a Lombardo, ha lanciato quindi in diretta tv la possibilità di una candidatura dell’ex presidente prima ancora che arrivasse la pronuncia della Cassazione. Intanto l’ex governatore, al momento, non si pronuncia, mentre un big del centrodestra ricorda che fino a poco tempo fa aveva “categoricamente escluso una sua candidatura”. Di certo è un momento politico-giudiziario molto singolare per l’isola. È solo di poche settimane fa (20 febbraio) la decisione del tribunale di Sorveglianza di Palermo che ha dichiarato estinta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per Totò Cuffaro, predecessore di Lombardo. Dopo aver scontato una condanna per favoreggiamento alla mafia, dunque, Cuffaro potrà dunque ritornare nell’agone politico in prima persona, sebbene lui lo abbia del tutto escluso. Adesso arriva l’assoluzione di Lombardo. Vicende giudiziarie molto diverse quelle dei due ex governatori, che hanno storie politiche molto vicine. Vicinissime, anzi, almeno all’inizio, quando entrambi crescevano tra i giovani democristiani sotto l’ala protettrice di Calogero Mannino, leader della sinistra Dc. Uno ad ovest e l’altro ad est, gestivano in tandem la Dc siciliana: gemelli politici a tutti gli effetti.
Non a caso quando Cuffaro si dimise dalla guida della Regione, dopo la sentenza di primo grado, lasciò il posto di governatore allo storico alleato, che nel frattempo aveva fondato il Movimento per l’Autonomia. Dopo Totò Vasa Vasa, infatti, l’isola elesse Arraffaele. Ma poco dopo l’inchiesta condotta dal Ros di Catania, Iblis, fece finire nei guai pure Lombardo. Al vertice di un governo noto per il ribaltone: il centrodestra venne spinto all’opposizione mentre in maggioranza arrivo il Pd. Una situazione caotica fino alle dimissioni anticipate dopo la notizia della richiesta dell’imputazione coatta da parte del gip, Luigi Barone. Era il 2012: Cuffaro era già in carcere dopo la condanna definitiva, Lombardo decise di farsi da parte. Dieci anni dopo sono tornati entrambi.
Tra i primi a commentare l’assoluzione di Lombardo, tra l’altro, arriva Cuffaro. “Sono molto contento per lui e per la sua famiglia che riacquista un marito, un padre, un nonno”, dice l’ex presidente, dopo anni di gelo. Una dichiarazione da leggere anche in senso politico? Difficile da capire, al momento. “Raffaele Lombardo è un valore, non si autocandida ma è a disposizione della coalizione”, dice il suo fedelissimo Mancuso. “Alle ultime elezioni regionali il suo Mpa ha preso a Catania il 10 per cento, mentre nell’ultimo consiglio comunale conta 9 consiglieri: è normale che voglia avere un peso sulla scelta del candidato, anche scavalcando i partiti nazionali”, ragiona un esponente del centrodestra catanese. Sono proprio gli equilibri nazionali, infatti, a pesare al momento sulla scelta del prossimo candidato ai piedi dell’Etna. Sono 18 i capoluoghi di provincia italiani al voto alle prossime comunali (nel resto d’Italia si voterà il 2 e 3 aprile) e tra questi spicca proprio la città etnea come uno dei maggiori centri al voto. “Difficile che Fdi rinunci a proporre un suo nome, se si considera che è il primo partito ma non governa nessuna grande città e che ha ceduto la presidenza della Regione”, dicono tra le file dei meloniani a Catania, certi di esprimere il prossimo candidato sindaco. Ma chi? È proprio all’interno del partito della premier che si gioca una battaglia interna tra l’ala guidata dal sindaco uscente, Salvo Pogliese, che punta tutto su Sergio Parisi, suo ex assessore e amico di una vita, mentre dalla corrente che risponde a Nello Musumeci si fa strada il nome dell’ex assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza. Su quest’ultimo pende però il processo per i dati Covid contraffatti (“spalmiamoli un poco”, disse intercettato a proposito dei numeri dei morti per il virus). La sentenza della Cassazione che ha assolto Lombardo potrebbe ora modificare lo scenario.
Anche perché Razza ha guidato un assessorato, quello alla Sanità, molto caro a Lombardo per cinque anni “senza mai fare uno sgarbo all’ex presidente”, mormora un big del centrodestra. Uno schieramento che annovera al suo interno vari big, almeno dal punto di vista delle preferenze. Uno di questi è Luca Sammartino, vicepresidente della Regione (nonostante i due processi a suo carico per corruzione elettorale), passato dal Pd alla Lega (con una parentesi in Italia Viva) che spinge per la candidatura alle amministrative della sua compagna, Valeria Sudano. Su questa ipotesi però il riconquistato peso politico di Lombardo potrebbe essere una mannaia: è noto come non scorra buon sangue tra i due ed è dato per certo che l’ex presidente si opporrà alla candidatura di Sudano. Un momento di frizione che potrebbe convincere Sammartino a lasciare il centrodestra, magari per riavvicinarsi ai renziani. In questo caso però il campo elettorale delle amministrative catanesi si farebbe frastagliato e nient’affatto scontato. Per questo nel centrodestra si lavora per non spaccare la coalizione. Un’impresa che al momento appare ardua.