A gennaio 2023, comunica l’Istat, i prezzi alla produzione dell’industria hanno registrato una flessione congiunturale del 7,5% e una crescita tendenziale dell’11,1%, in netto rallentamento rispetto al mese precedente (+31,7%). Il calo “di eccezionale entità” e la netta decelerazione della crescita tendenziale dei prezzi alla produzione dell’industria – che si riporta sui livelli dell’estate 2021 – sono soprattutto dovute ai forti ribassi sul mercato interno dei prezzi di fornitura di energia elettrica e gas, condizionati dal crollo del prezzo del gas naturale. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, sottolinea che si tratta di un calo storico e che “ora le industrie devono abbassare i prezzi finali ai consumatori. Così come, quando ci sono stati gli aumenti, hanno traslato il caro bollette sulle famiglie, portando al decollo l’inflazione, ora devono restituire quanto stanno risparmiando e guadagnando. Altrimenti saranno guai anche per loro, dato che i consumi e le vendite stanno già diminuendo, come attestano gli ultimi dati Istat delle vendite in volume che a gennaio, persino per le vendite alimentari, sono scese del 4,4% su gennaio 2022 e del 6,3% su gennaio 2021″.
Intanto in Portogallo il ministro dello Sviluppo economico António Costa Silva e l’ispettore generale dell’Autorità portoghese per la sicurezza alimentare ed economica Pedro Gaspar hanno presentato i dati di uno studio frutto delle ispezioni dell’Asae sui prezzi al consumo. È da almeno quattro mesi che in Portogallo si registra un rallentamento del tasso medio d’inflazione (8,2% a febbraio), a cui tuttavia corrisponde un anomalo e notevole aumento dei prezzi di parecchi prodotti alimentari essenziali. I sospetti di speculazione nel settore della distribuzione alimentare non sono ancora confermati dai dati perché manca un’analisi dei margini di profitto al netto delle spese. Per ora risulta chiaro che nell’ultimo anno i margini di profitto per prodotti come certi tipi di verdure, ortaggi, frutta e carni si aggirano intorno al 50%, un tasso sufficiente per far scattare l’allarme e indurre il ministro Costa Silva a promettere maggiori controlli. Le ispezioni realizzate finora hanno comunque azionato decine di procedimenti penali per diversi altri illeciti legati all’opacità informativa su prezzi nei grandi supermercati.