Sale la tensione sulla revisione della governance economica nell’Ue. L’Eurogruppo torna in pressing su Roma per la ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che rivede le regole di funzionamento del fondo ‘salva Stati’. Berlino intanto ha attaccato l’idea della Commissione di anticipare l’uso delle regole del nuovo Patto non ancora approvato. La riforma è in “fase di formazione”, ha detto il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner, e il governo tedesco è “estremamente critico quando conclusioni vaghe del Consiglio portano già a un’attuazione concreta da parte della Commissione”.
L’esecutivo Ue ha annunciato mercoledì che a maggio nelle raccomandazioni specifiche per Paese userà l’indicatore della spesa primaria netta (quella al netto delle entrate una tantum e della spesa per interessi), che nel suo disegno andrà a sostituire quelli delle vecchie regole. Non torneranno le “vecchie logiche dell’austerità”, ha detto il commissario all’Economia Paolo Gentiloni. Secondo la Germania andrebbe applicato ancora il Patto in vigore e, se del caso, anche con procedure per deficit eccessivo, che non sono tecnicamente escluse dalla clausola generale di salvaguardia in scadenza a fine anno (l’esecutivo ha già dichiarato di non voler fare procedure per deficit quest’anno). “La Commissione sta interpretando un risultato intermedio del Consiglio europeo. Questo mette a rischio la fiducia in un processo negoziale aperto”, ha minacciato Lindner. Sulla carta, martedì prossimo si attende l’accordo all’Ecofin sul nuovo Patto e poi – ai primi di aprile – la proposta legislativa della Commissione. Ma più passano i giorni più sono evidenti le crepe tra i 27. Giovedì il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha ricevuto in via XX Settembre Lindner e sono emerse, ha spiegato il Mef, “differenze di visioni” su Pnrr e debito.
L’impianto della riforma doveva essere quello di dare un solo valore, il percorso della spesa primaria netta, al quale gli Stati si dovranno attenere presentando i piani di bilancio per il medio termine, alla luce dell’analisi sulla sostenibilità del loro debito (altro grande tema di confronto-scontro), e fatti salvi i paletti dei trattati, cioè il 3% per quanto riguarda il deficit/pil e il 60% per il debito sul Pil. La Germania, ma anche l’Olanda e i paesi scandinavi concordano, vuole che gli Stati con un debito oltre il 60% del pil abbiano degli impegni chiari su quanto ridurre anno per anno il debito. Insomma, tutti d’accordo di archiviare la regola draconiana, irrealistica e inapplicata del ‘ventesimo’ (che chiedeva di ridurre di 1/20 all’anno la parte del debito oltre il 60%). Ma ci dovranno essere “parametri quantitativi comuni”, hanno fatto scrivere i ‘frugali’ nelle conclusioni dell’Ecofin. Questo consentirà gli spazi di manovra richiesti e anche piani di rientro più lunghi dei quattro anni ‘standard’, che potranno scattare con investimenti che aumentino la sostenibilità delle finanze pubbliche o che riguardino priorità strategiche dell’Ue come la transizione ‘green’ e digitale o l’aumento delle spese per la difesa.
Sul Mes, ha spiegato intanto un alto funzionario europeo, l’attesa è che lunedì venga “dato un messaggio all’Italia sulla ratifica ancora mancante” nel corso della riunione a Bruxelles del coordinamento dei ministri delle Finanze dell’Eurozona. “Il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe è personalmente molto impegnato a portare a buon fine il processo” e gli altri Paesi dell’area euro aderenti al fondo si aspettano che “gli impegni politici siano rispettati“. Fino ad ora il fatto che l’Italia non avesse ancora ratificato la riforma non aveva conseguenze pratiche, ha anche segnalato, “ma ora che la situazione sta cambiando e che avrà un effetto, penso che la questione salirà nell’agenda politica”.
Dopo l’ingresso della Croazia nell’euro da inizio anno Zagabria ha aderito anche al Mes e a inizio mese ha approvato il trattato istitutivo e quello di riforma. L’attesa è che ne diventi formalmente membro il 22 marzo e a quel punto su 20 aderenti mancherà solo la ratifica di Roma. A fine anno il nuovo direttore del Mes Pierre Gramegna era andato a Roma per un incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e da Bruxelles era filtrata fiducia per l’esito dell’iter, nel rispetto delle procedure interne. Ma ora sono passate altre settimane, e da quanto emerge lunedì si chiederà al ministro dell’Economia Giorgetti l’impegno concreto dell’Italia.