Il provvedimento aspetta solo il via libera definitivo di Palazzo Madama, ma Fdi vuole far saltare tutto e ha presentato alcune richieste di modifica. Stefano Anastasia a ilfattoquotidiano.it: "Questo blocco non è una buona notizia, speriamo sia momentaneo"
Rischia di non vedere la luce la proposta di legge sulle detenute madri, concepita per evitare che i bambini al di sotto dei sei anni finiscano in carcere con i genitori detenuti. A dare lo stop, Fratelli d’Italia, che in Commissione Giustizia l’8 marzo ha chiesto modifiche a un testo già approvato alla Camera nella scorsa legislatura (e sul quale il partito di Meloni si era astenuto). Dopo la caduta del governo, per salvare il provvedimento era stata imboccata la procedura d’urgenza affinché diventasse legge entro sei mesi e l’approdo in Aula era previsto per il 13 marzo. Ora però il voto è rinviato a data da destinarsi e la bozza sarà riesaminata a fine mese.
Gli emendamenti – Il blocco arriva perché Fratelli d’Italia vorrebbe modificare due passaggi sulla condizione penale delle madri. Era già previsto che per reati di “eccezionale rilevanza” la custodia fosse assegnata agli istituti a custodia attenuata per madri (Icam) anziché alle case famiglia protette. FdI ora chiede che a incidere sulla valutazione dei giudici siano anche le situazioni di recidiva. La recidiva è il cuore delle modifiche proposte dalla maggioranza, che ha avanzato un secondo emendamento su questo tema (art. 2-bis) per fare in modo che chi reitera l’illecito perda i benefici della legge sulle detenute madri. Se passassero i desiderata del centrodestra di governo, a seconda della gravità del reato commesso, si potrebbe sospendere o revocare del tutto la responsabilità genitoriale, cioè separare i figli dalle madri detenute. Questo abolirebbe il principio stesso su cui si fonda anche la legge in vigore (62/2011) cioè quello di tutela e valorizzazione del rapporto tra genitori detenuti e figli molto piccoli.
Cosa significano le modifiche proposte da FdI– “Vincolare alla recidiva delle madri l’accesso alle strutture e alle soluzioni alternative oppure prefigurare la decadenza della responsabilità genitoriale non serve a risolvere il problema dei bambini in carcere” – dice a ilfattoquotidiano.it Stefano Anastasia, garante dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà del Lazio. “Questo blocco non è una buona notizia. Speriamo che sia momentaneo e la prossima settimana la proposta di legge venga approvata. Speriamo poi che su questo provvedimento non ci siano conflitti tra le forze politiche che non c’entrano con il merito della norma”. Secondo Anastasia, le modifiche chieste da FdI non possono coesistere con questo provvedimento, che con gli emendamenti sulla recidiva non preserverebbe più il rapporto tra figli minori e i loro genitori in carcere. “La proposta – spiega Anastasia – mira a garantire l’interesse del bambino ad avere una relazione con la propria madre in un ambiente non detentivo. Una misura che va in senso opposto non ha ragione di essere compresa in questa proposta e se si hanno altre motivazioni si dovrebbero fare altre proposte di legge”.
Cosa prevede la proposta di legge – Anche secondo il Pd, le modifiche “stravolgerebbero” la legge. Debora Serracchiani, promotrice nella nuova legislatura, ha rivolto un appello a Giorgia Meloni affinché si impegni a fare approvare il testo così com’è. “I bambini non possono vivere in carcere. Devono vivere fuori e non possono pagare per le colpe dei genitori o delle loro madri. E’ una legge di civiltà” dice Serracchiani sui suoi canali social.
Presentata nel 2019 dall’ex deputato Paolo Siani (Pd), la proposta di legge ha l’obiettivo di ridurre al minimo il ricorso al carcere nel caso di una madre detenuta con figli al seguito, a prescindere dal tipo di reato commesso. Il testo di fatto potenzia in due modi la norma già esistente (62/2011): esorta i giudici a valutare al massimo le soluzioni alternative al carcere per una madre con figli minori di sei anni e istituisce finanziamenti pubblici per le case famiglia protette. Nei casi di reati molto gravi, le detenute andrebbero in un Icam, un istituto di pena pensato per i bambini, dove l’impatto con l’estetica del carcere è minore, con agenti in borghese e porte senza sbarre. Secondo l’ultimo rapporto diffuso Antigone, sono 17 i bambini ristretti insieme alle madri in Italia, mentre secondo l’ultimo report del Viminale (aggiornato fino alla fine di febbraio) sono 24. Un numero fortemente diminuito dopo la pandemia ma che torna a crescere. “Durante il Covid la magistratura ha fatto l’uso più attento possibile del ricorso al carcere. Per togliere i bambini dal carcere servono le leggi ma serve anche la cultura”, dice Anastasia.