Cinema

Il volo aereo scomparso nel nulla e le ipotesi: incendio a bordo? Depressurizzazione? Suicidio del comandante? Tutto nella nuova docu-serie Netflix MH370

Cosa c'è da sapere prima di guardare la nuova docu-serie targata Netflix

di F. Q.

Sono numerose le serie di successo pubblicate da Netflix basate su fatti di cronaca scioccanti e su avvenimenti avvolti ancora oggi nel mistero. L’ultima grande impresa della piattaforma è stata “Dahmer“, miniserie thriller basata sulla storia vera di uno dei serial killer americani più famosi della storia: Jeffrey Dahmer . La serie del 2022 è diventata in poco tempo un successo mondiale, ricevendo numerose candidature ai Golden Globe, grazie anche alla magistrale interpretazione dell’attore Evan Peters e degli altri membri del cast.

Anche quest’anno, 3, composta da tre episodi della durata di 1 ora e mezza, basata su uno dei gialli aerei più misteriosi degli ultimi 10 anni. Stiamo parlando del mistero della Malaysia Airlines MH370, un Boeing 777 (uno dei modelli più grandi al mondo) scomparso nel nulla l’8 marzo del 2014 assieme ai suoi 227 passeggeri e ai 12 membri dell’equipaggio presenti a bordo.

Per gli appassionati di mystery e true crime, questo è un appuntamento da non mancare. La serie targata RAW, che coinvolge sette diversi paesi, si prende carico di ricostruire nel dettaglio ciò che avvenne la notte della scomparsa, arricchendola con numerose interviste esclusive a famigliari, studiosi e giornalisti che furono coinvolti nel corso di questi dieci lunghi anni, esplorando le teorie, e i complotti, nate attorno al caso. Per chi fosse interessato a saperne di più sulla vicenda prima di guardare la serie, ecco qui un approfondimento sul caso. Quello del Malaysian Airlines 370 era un volo notturno con una rotta ordinaria, un viaggio circa 6 ore che avrebbe dovuto portare 227 persone da Kuala Lumpur a Pechino. Alle 00:40, l’aereo decollò senza problemi e in perfetto orario. L’ultima comunicazione verbale venne effettuata a circa un’ora dal decollo, all’1:30, quando il comandante 53enne Zaharie Ahmad Shah, uno dei piloti con più esperienza della sua compagnia, effettuò una comunicazione radio di routine per confermare al controllore del traffico aereo malesiano che fosse tutto in regola. Appena 2 minuti più tardi, al confine tra Malesia e Vietnam, la comunicazione venne improvvisamente interrotta e l’aereo sparisce nel nulla.

Alle 7:24 del mattino, un’ora dopo l’orario previsto per l’atterraggio del mezzo, a Pechino venne fatto un comunicato stampa in cui fu dichiarata ufficialmente la scomparsa dell’ MH370. A seguito dell’annuncio si diede inizio a quella che sarebbe diventata la più grande e costosa ricerca della storia dell’aviazione. L’area da cui partirono le ricerche fu ovviamente quella in cui il volo scomparve. Tuttavia, poco dopo l’esercito malesiano rivelò che i loro radar, molto più potenti di quelli delle torri di controllo aeroportuali, erano riusciti a seguire i movimenti del Boeing per un periodo di tempo maggiore. Venne constatato che, subito dopo la sparizione “ufficiale”, il volo aveva effettuato un’inversione a U, dirigendosi a Sud Ovest, passando sopra la penisola malese per poi virare verso Nord ed infine sparire nuovamente anche dai radar militari.

Gli esperti calcolarono che il Boeing precipitò in mezzo all’Oceano Indiano, in una zona sotto la giurisdizione del Governo australiano, che decise di prendersi carico dell’operazione di ricerca. Data la complessità dell’area, un’ampia porzione di oceano in mezzo al nulla, ci vollero 6 giorni solamente per raggiungere il punto da cui far partire le ricerche, per le quali furono impiegate decine di navi e centinaia di aerei militari. Furono analizzate anche le registrazioni dei vari idrofoni, dei microfoni subacquei utilizzati per ascoltare l’acustica marina, ma non vennero rilevati suoni abbastanza intensi da essere riconducibili allo schianto di un gigantesco aereo di linea. Uno dei grandi misteri della tragedia fu la sparizione della scatola nera, che non fu mai trovata, nonostante questo sia un apparecchio progettato per resistere anche un mese sott’acqua. Tuttavia non venne mai rivelato alcun segnale dal dispositivo, cosa mai successa in nessun altro caso precedenza.

Dopo un anno di ricerche senza risultati, il 25 luglio 2015 vennero ritrovati dei resti di un aereo in un’isoletta del Madagascar, a più di 4mila chilometri dall’ipotetico punto di caduta. Grazie ai numeri seriali presenti sui detriti, questi furono identificati come effettivamente appartenenti proprio all’MH370. In seguito, nel corso del tempo, vennero ritrovate decine di minuscoli frammenti. Tuttavia fu possibile attribuire ufficialmente al velivolo appena 3 o 4 di essi. Mai nessuna parte consistente del velivolo fu ritrovata, nonostante le sue enormi dimensioni. Inoltre, non venne ripescato neanche un corpo dei 239 passeggeri presenti a bordo, come neppure un loro bagaglio o un oggetto personale. Nel gennaio del 2017 le ricerche furono sospese, anche se riprese successivamente da compagnie private, senza portre però ad alcun risultato.

Le teorie nate sulle cause della misteriosa sparizione sono ovviamente tantissime. C’è chi pensa ad un incendio scoppiato a bordo del Boeing, che spiegherebbe l’interruzione del segnale di comunicazione, ma non le ulteriori 6 ore di volo. Alcuni hanno pensato a una depressurizzazione della cabina di comando o dell’intero aereo, a seguito della quale tutti i presenti avrebbero perso e sensi, portando l’aereo a vagare con il pilota automatico fino all’esaurimento del carburante. Tuttavia, anche in questo caso le incongruenze sono molte: innanzitutto, il personale è attrezzato per gestire queste emergenze, motivo per cui a bordo sono presenti le maschere per l’ossigeno. Inoltre, questo non spiegherebbe le inversioni di rotta in volo, che non risultano effettuate dal pilota automatico.

Per quanto riguarda le teorie del dirottamento volontario, le autorità hanno rilevato la presenza a bordo di un passeggero “clandestino”, non presente nella lista ufficiale dei passeggeri, e che pare fosse un ingegnere di volo, cosa che lo renderebbe ipoteticamente capace di prendere il controllo di un Boeing 777. La teoria più “succosa” vede però, secondo quanto scritto da alcuni giornali nel 2014, un presunto coinvolgimento del Comandante dell’aereo, il capitano Shah. Venne rivelato che al tempo era in corso un’investigazione speciale che aveva il comandante Shah come sospettato principale. A casa del pilota, durante una perquisizione, era stato ritrovato infatti un simulatore di volo, all’interno del quale era presente un itinerario spaventosamente simile a quello effettuato dall’aereo il giorno della tragedia. Nonostante non soffrisse di depressione e non avesse né problemi economici né familiari, si cominciò a pensare a un gesto estremo dell’uomo, che avrebbe egoisticamente deciso di portare con sé le altre 238 vittime presenti a bordo. La teoria venne rafforzata dal fatto che l’ultima manovra effettuata dall’aereo avvenne proprio nei pressi dell’isola di Penang, dove l’uomo era nato, come a voler dare l’estremo saluto alla sua terra natale.

Tuttavia, nessuna di queste ipotesi ha mai trovato un’effettiva conferma, data la totale assenza di parti consistenti della carcassa. Dunque, Malgrado le tantissime ricerche e il numero elevato di esperti che studiarono il caso, quello del volo dell’Malaysia Airline MH370 resta ad oggi il più grande mistero della storia dell’aviazione mondiale.

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