Cultura

Maggio Fiorentino, perché ora è allarme rosso. I sindacati: “Teatro a rischio default, fare in fretta per sbloccare gli stipendi dei 300 dipendenti”

Il ministro dà il via libera al terzo commissariamento in 18 anni affidando al dirigente del Mic Onofrio Cutaia il compito di fare il miracolo e rimettere i conti disastrosi in equilibrio. Sangiuliano parla di "triste vicenda" e allude al fatto che la situazione fosse già chiara prima del suo arrivo. Ecco come e perché si è arrivati a un crac che ha spinto anche il sindaco Nardella a chiedere l'intervento del governo

di Marco Ferri

Alla fine gliel’ha chiesto anche il sindaco Dario Nardella, che tra tutti è quello che più di ogni altro è al corrente della situazione e all’inizio non ne voleva sentir parlare. Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, sta per commissariare il Maggio Musicale Fiorentino, perché la situazione sta assumendo toni di gravità estrema. Infatti oltre alla cronica presenza di conti in rosso, l’ente lirico ora se la deve vedere anche con problemi tecnici nella gestione di fondi presenti (o che devono arrivare) per pagare gli stipendi di marzo agli oltre 300 dipendenti della fondazione lirica di Firenze. Nardella – che è anche presidente del Maggio – ha incontrato i sindacati: alla fine è stato emesso un sintetico comunicato congiunto in cui si dice che “ministro e sindaco concordano nella necessità di avviare rapidamente l’azione di commissariamento e di condurla con spirito di leale collaborazione, anche al fine di sbloccare il pagamento degli stipendi dei lavoratori”.

Lorenzo Fuoco, rappresentante della Fials (sindacato cui è iscritta una parte cospicua dei lavoratori) a fine riunione ha spiegato che “il Maggio in questo momento subisce le conseguenze di un doppio documento: da una parte quello del commissariamento, dall’altra la lettera di interpretazione da parte del ministero dell’utilizzo del fondo (di 35 milioni di euro, messo a disposizione dal ministro Dario Franceschini nel novembre del 2022 per ripianare parte del debito di oltre 50 milioni di euro, ndr). In questa lettera viene di fatto interdetto l’utilizzo del conto corrente del Maggio. Tecnicamente questa pone la Fondazione in una condizione di default perché non si può fare niente: né pagare gli stipendi, né fare attività, perché anche questa ha un costo. In tal senso facciamo appello al ministro di adoperarsi in tempi rapidissimi per una collaborazione tra le varie istituzioni per rendere effettivo quanto prima il commissariamento, perché c’è il rischio che questi stipendi arrivino chissà quando”. Da parte loro i rappresentanti sindacali di Rsa Slc Cgil e Fistel Cisl in un comunicato congiunto tra l’altro richiedono con urgenza “un intervento che consenta la corresponsione degli stipendi ai lavoratori del Maggio. Le lavoratrici e i lavoratori del Teatro hanno già pagato in passato un prezzo alto sia in ordine alla riduzione dell’organico che delle retribuzioni. Ogni ulteriore danno a chi ha svolto e svolge il proprio compito nel nostro Teatro, con diligenza e professionalità, sarebbe semplicemente intollerabile“.

Adesso non resta che attendere “i tempi” del ministro: tuttavia non passa certo inosservato che con il Maggio sarà commissariato per la terza volta negli ultimi 18 anni, evidentemente trascorsi invano, poiché la situazione della fondazione lirica fiorentina è ben peggiore del primo commissariamento che risale all’estate del 2005. Anche quella volta ne fu protagonista un “uomo forte” del ministero della Cultura, Salvo Nastasi, che allora era il più giovane dirigente generale dello spettacolo d’Italia. Fu lui l’autore del “capolavoro” (la vendita di un immobile, la ex-Longinotti, per un valore di oltre 13 milioni di euro) ovvero riportare il bilancio in attivo dell’ente lirico, un beneficio che durò un solo anno perché da allora nei conti del Maggio ha sempre prevalso il rosso. Sempre Nastasi tornò al Maggio nell’estate del 2019 – dopo il secondo commissariamento del 2013 (che vide protagonista Francesco Bianchi, il quale alla fine del suo mandato si rese conto che l’unica via era quella della messa in liquidazione dell’ente lirico, tali erano i debiti) – al posto del sovrintendente Cristiano Chiarot, quando il debito era già di 57 milioni di euro. Ma quella volta a Nastasi non riuscì il miracolo. Adesso ci risiamo e la sensazione, raccolta dietro i documenti ufficiali, è che tra Palazzo Vecchio (sede del Comune di Firenze) e il Collegio Romano (sede del ministero della Cultura) stia per scatenarsi una partita a scacchi di natura politica in cui il fattore tempo potrebbe costare molto, soprattutto ai dipendenti dell’ente lirico.

La notizia dell’ormai imminente commissariamento del Maggio si era diffusa già la mattina del 9 marzo con uno scarno comunicato ministeriale in cui si leggeva che il ministro “dopo aver raccolto i pareri tecnico-giuridici di varie istituzioni e dopo un’attenta analisi della situazione finanziaria e amministrativa” ha avviato le procedure per la nomina a commissario di Onofrio Cutaia, che al ministero guida la direzione generale Creatività Contemporanea. Un uomo forte del ministero, quindi, un po’ come Nastasi 18 anni prima. “Una svolta alla triste vicenda del Maggio – dice Sangiuliano – che il prestigio culturale di questa istituzione non avrebbe meritato”. Il ministro chiama in causa i predecessori, che in 7 anni degli ultimi 9 si identifica proprio con Franceschini. “A poche settimane dal mio insediamento – aggiunge Sangiuliano – mi sono dovuto misurare con questa situazione che forse era già chiara, nella sua precarietà, prima. Il ministero mette a disposizione uno dei suoi migliori direttori, uomo di comprovata esperienza in questo ambito, per ridare equilibrio finanziario e amministrativo al Maggio. La situazione di oggi, evidentemente, non si è generata in questi mesi. Ora tra i primi atti del commissario ci dovrà essere un accertamento“. In poche righe Sangiuliano parla di “svolta”, “triste vicenda”, “precarietà” e “accertamento”, tutte espressioni che sottolineano l’estrema pesantezza della situazione, aggravata da almeno altri due elementi: la recidiva (il Maggio è in questa situazione praticamente da almeno 25 anni, con la sola interruzione del 2006) e il fatto che si sta parlando in larghissima parte di soldi dei contribuenti.

Appena qualche giorno fa l’ormai ex sovrintendente del Maggio Alexander Pereira, con una lettera indirizzata a Nardella e al Comitato di indirizzo dell’ente lirico, si è dimesso, anche a causa di due inchieste della Procura di Firenze che lo riguardano: la prima è legata all’ipotesi di reato di peculato, in ordine a certe spese sostenute e poste a carico della fondazione; la seconda, per cui chi indaga ha chiesto per Pereira anche una misura interdittiva – che sarà decisa dal giudice per le indagini preliminari dopo un interrogatorio – ipotizza il reato di malversazione legata all’uso di parte del fondo integrativo di 35 milioni erogato dal governo a novembre per abbattere i debiti. In particolare, pare che a Pereira sia contestato l’utilizzo di 8,5 milioni di euro per pagare anche gli stipendi dei dipendenti.

Ed è proprio questo il problema: oltre al debito della Fondazione che supera abbondantemente i 50 milioni di euro e per il quale sarebbe auspicabile un’attenta indagine per mettere gli autori di un simile dissesto davanti alle proprie responsabilità, adesso i vertici del Maggio non hanno idea di come pagare lo stipendio di marzo (ma poi anche quelli dei mesi a venire) agli oltre 300 dipendenti del Maggio, giacché ciò che resta dei suddetti 35 milioni del cosiddetto “fondo salva-Maggio” resta intoccabile, così come altri soldi che dovessero arrivare nelle casse del Maggio. Ovviamente sta dilagando il sospetto che Firenze non possa permettersi un ente lirico di queste dimensioni. Anche perché si tratta di soldi dei cittadini che il ministero ha messo a disposizione per ripianare i conti di una Fondazione che si regge quasi esclusivamente grazie ai soldi pubblici, a partire dai 17 milioni del Fondi Unico dello Spettacolo che solo nel 2021 sono entrati in questa catastrofica macchina mangiasoldi.

All’inizio del 2018 il governo varò la tassa di 2 centesimi sui sacchetti di plastica e vi fu una sollevazione generale. Solo nel 2022 le 14 fondazioni liriche italiane si sono spartite 192 milioni di euro. Una cifra enorme, che dovrebbe bastare e avanzare per una corretta gestione dei conti. Invece sempre più spesso scopriamo gli enti lirici a combattere per far quadrare i bilanci. Forse è venuto il momento di rivedere il sistema di ripartizione dei fondi pubblici nei vari settori della cultura.

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