Checché ne dica oggi la ministra del Lavoro Marina Calderone – “una logica di assistenza permanente che ci è costata 25 miliardi in tre anni senza diminuire la povertà” – il Reddito di cittadinanza ha permesso a milioni di italiani di affrontare la crisi dovuta al Covid e grazie al sostegno molte famiglie sono uscite dalla povertà assoluta. Eppure la misura nata nel 2019 non raggiunge tutti quelli che ne hanno bisogno a causa di criticità mai risolte. Fronti sui quali il governo di Giorgia Meloni sembra intenzionato a muoversi con la Misura di inclusione attiva (Mia), che da settembre sostituirà definitivamente il Rdc. Dalle indiscrezioni sul dossier in mano alla ministra Calderone, però, l’obiettivo primario sembra quello di risparmiare attraverso importi ridotti e una soglia di accesso più bassa che potrebbe escludere fino a un quarto dell’attuale platea del Rdc. Intervistata da Repubblica, la ministra si è smarcata parlando di “platea mobile”. Ma c’è di più: come per il Rdc, il problema del differente costo della vita nelle diverse aree del Paese non è all’ordine del giorno. Non è un dettaglio, perché tanti poveri continueranno a non avere l’aiuto necessario. Gli importi rimangono infatti gli stessi da Nord a Sud, dalle aree metropolitane alle zone rurali, e così le soglie reddituali di accesso al sussidio. Un problema che economisti e sociologi si sono posti proponendo soluzioni, ma che nessun governo, compreso l’attuale, ha affrontato. Così, mentre il Mezzogiorno continua a fare i conti con la più alta incidenza di poveri, il Nord registra la più bassa la percentuale di famiglie povere che ricevono il sussidio e la minore efficacia nel contrasto alla povertà.
Mia coprirà meno persone, a partire dal Nord – Il governo sembra deciso ad abbassare la soglia entro la quale è possibile fare richiesta per il sussidio. Con il Rdc l’indicatore della condizione economica delle famiglie (Isee) non poteva superare i 9.360 euro, mentre con Mia la soglia dovrebbe scendere a 7.200 euro. “I poveri del Nord ora saranno ancora più penalizzati: la Lega lo ha capito?”, ha detto al Fatto la sociologa Chiara Saraceno. Perché ad abbassarsi è una soglia identica su tutto il territorio nazionale. Al contrario, tra i nuclei che nel 2021 hanno ottenuto la certificazione Isee, quelli sotto i 10 mila euro erano il 50% al Centro-Nord ma il 67% nel Mezzogiorno (report Isee 2023 del ministero del Lavoro). In altre parole, al Nord le persone hanno qualche soldo in più ed è più facile superare la soglia Isee oltre la quale non è possibile richiedere il Rdc. Ma non avere i requisiti non significa per forza non averne bisogno. Un rapporto della Caritas (2021) ha analizzato il tasso di copertura del Rdc, verificando le conseguenze di una misura che non tiene conto delle differenze nel reddito familiare: “Al Nord le famiglie in povertà assoluta che lo ricevono sono il 35% mentre nel Mezzogiorno sono il 52%”, hanno calcolato gli economisti Massimo Baldini dell’Università di Modena e Reggio Emilia e Giovanni Gallo della Sapienza di Roma per il rapporto Caritas. Che aggiunge: “I dati indicano che (al Nord, ndr), in larga parte e in particolar modo nel Nord-Est del paese, i percettori della misura definiscono l’importo del trasferimento non sufficiente rispetto al costo della vita nel comune di residenza”.
Differenze ignorate, persone esclude – La povertà assoluta è quella che non permette di sostenere le spese minime necessarie ad acquistare beni e servizi essenziali a raggiungere un livello di vita minimamente accettabile. Oltre alla condizione familiare, per calcolare il rischio di povertà assoluta l’Istat tiene conto del livello dei prezzi dell’area di residenza. Baldini e Gallo fanno qualche esempio: per una persona sola in affitto con reddito mensile di 600 euro, in una città del Nord la soglia di povertà scatta sotto gli 840 euro, mentre in un piccolo comune del Sud sotto i 566 euro. “Questa persona è considerata povera solo se risiede in una grande città del Nord, ma ha diritto al Rdc in entrambi i casi”, scrivono. Allo stesso modo, una coppia tra i 18 e 59 anni senza figli, in affitto e con 1.000 euro di reddito “è povera se vive in un grande centro del Nord (soglia 1162 euro), non lo è se risiede in un piccolo centro del Sud (soglia 825 euro). Ma non rientra nei limiti per avere accesso al RdC (980 euro) in entrambi i casi”. Significa che in alcune aree del Paese i poveri che non ricevono il sostegno sono più frequenti. Mentre altrove è più probabile che vi siano nuclei con i requisiti necessari anche se non sono in povertà secondo i parametri Istat.
Mia sarà meno efficace del Rdc? – Unica soglia Isee, unico importo erogato. Che adesso si abbasserà per tutte le persone considerate “occupabili” – tra i 18 e i 59 anni senza minori, over 60 o disabili nel proprio nucleo – alle quali da settembre andranno 375 euro invece di 500. Pochi che diventano pochissimi in alcune grandi città. Tanto che anche il contrasto alla povertà non potrà che risentirne. Il tasso di efficacia del Rdc, ovvero la percentuale di beneficiari che grazie al sussidio riescono a uscire dalla povertà, è più elevato al Sud dove riguarda il 65% dei nuclei. Mentre al Nord si scende al 43%. In controtendenza rispetto a un governo che intende ridurre la platea dei beneficiari, l’Alleanza contro la povertà ha stimato che il numero potenziale di percettori “possa aumentare dell’8,6%, pari a 160 mila nuovi nuclei“. E avverte: “I nuovi beneficiari sono più giovani, ci sono meno stranieri e aumentano i nuclei con almeno due figli. Sono meno al Sud e di più al Centro e al Nord. Aumentano i nuclei monoreddito da lavoro dipendente e i lavoratori autonomi”. Mentre il Paese fa i conti con un’inflazione reale oltre il 10%, non voler fare i conti con il costo della vita può costare caro, soprattutto se si tolgono risorse a chi non ce la fa.
Le soluzioni che nessuno considera – La politica si nasconde, eppure ha ricevuto molte proposte e soluzioni. Nello stesso rapporto, la Caritas sostiene che “l’unica strada consiste nell’elevare le soglie di accesso alla misura nel Settentrione”. Perché, argomenta, “la povertà è aumentata al Sud, dove i tassi d’incidenza restano i più elevati, ma un incremento relativo maggiore si è registrato al Nord”. Più soglie Isee, dunque, differenziate tra Nord, Centro e Sud, ma anche tra grandi, medi e piccoli centri abitati. “Inoltre si potrebbe differenziare il contributo per l’affitto in base alla dimensione del Comune, come si fa con il bonus energia che dipende dalla zona di residenza”, spiega l’economista Baldini a ilfattoquotidiano.it. Di diverso avviso la sociologa Saraceno, che preferisce mantenere un’identico sostegno di base a livello nazionale. “Integrato poi dalle Regioni per compensare il diverso costo della vita”. Nella relazione sul Rdc della Commissione ministeriale voluta dal governo Draghi, gli esperti guidati dalla Saraceno hanno ricordato che la maggiore rappresentazione del Sud nella distribuzione del sussidio è dovuta soprattutto “a una maggiore concentrazione di contesti locali caratterizzati da scarsità di risorse economiche (mercato del lavoro) e di capitale umano e sociale”. A proposito, la sociologa ricorda a ilfattoquotidiano.it che, oltre ai consumi, le valutazioni sul costo della vita devono considerare “i servizi pubblici che sono o non sono disponibili in una determinata area e che incidono sulla spesa delle famiglie”.