“patrïòta (o patrïòtta) s. m. e f. – 1. pop. Che è dello stesso paese, compatriota: siamo p.; un mio patriota. 2. Persona che ama la patria e mostra il suo amore lottando o combattendo per essa: i p. del Risorgimento; le persecuzioni dell’Austria contro i p.; essere un buon p., un p. accanito. Durante la seconda guerra mondiale, furono così chiamati i partigiani, spec. nel primo periodo della lotta per la Resistenza”.
E’ quanto si legge sull’edizione online del vocabolario Treccani. E del resto già la prima ricerca su Google restituisce la definizione: “Durante la seconda guerra mondiale, appellativo dei partigiani nella lotta di liberazione”. A quasi ottant’anni dalla guerra di Liberazione contro fascisti e nazisti, il comune di Bologna ha deciso però che l’appellativo di “patriota partigiano” è troppo, almeno nella toponomastica. La giunta del sindaco del Pd Matteo Lepore ha spiegato le sue ragioni in una nota sui sottotitoli “che hanno la funzione di descrivere la persona a cui è dedicato un determinato luogo pubblico”. L’amministrazione ha precisato che “nel corso dei decenni i sottotitoli legati alla lotta partigiana sono stati indicati con termini diversi”. Non più. Adesso sarà tutto uniformato, con il solo utilizzo del termine “partigiano” o “partigiana”, mentre verranno tolti sottotitoli come “caduto per la liberazione”, “patriota”, “patriota del secondo Risorgimento”. Al contrario, potrà essere specificato “l’eventuale onorificenza al merito”.
Nel secondo conflitto mondiale, i partigiani erano gli “appartenenti ai movimenti di resistenza contro la potenza tedesca che occupava molti paesi, qualunque fosse la forma della loro organizzazione e della loro attività”, dice ancora il vocabolario Treccani. Cambia qualcosa se ai partigiani cui sono dedicate un’ottantina tra vie e piazze di Bologna si attribuisce anche il termine “patriota”? Chi non è d’accordo con la scelta del Comune cita ragioni storiche: “Nel ’46 quando ci furono i riconoscimenti per i resistenti, il ministero distinse i partigiani, coloro che avevano partecipato ad almeno tre azioni armate, dai patrioti, che ne avevano fatte meno o nessuna, detti ‘patrioti del secondo Risorgimento’ proprio per differenziarli dal primo: una distinzione importantissima e con una sua sensibilità”, ha detto al Corriere lo storico bolognese Luca Alessandrini, per anni direttore dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri, parte della Rete degli istituti per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea. Secondo Alessandrini quella della giunta Lepore “è una sciocchezza e la decisione puzza di bruciato, sembra strumentale. Più che uniformare è semplificare con la conseguenza di disperdere definizioni storiche che avevano un senso quando furono fatte”.
Ma non tutti la pensano così, sottolineando l’ambiguità di un termine del quale anche la destra fascista e post fascista si è appropriata, anche riguardo ai repubblichini che certo si consideravano patrioti. Di parola “scivolosa, contesa e contestata”, parla il docente di Storia contemporanea dell’Alma Mater Fulvio Cammarano. “Sono i valori per cui si combatte che ci consentono di comprendere meglio, altrimenti patriota da solo non significa niente, spiega appoggiando la decisione della giunta. E propone: “Basterebbe aggiungere la definizione “antifascista” e tutto sarebbe chiaro”. Il termine patriota può essere dunque rimosso “senza falsificare la storia, può arrivare il momento in cui ci si libera di una parola che ha un significato parziale e polemico”. L’amministrazione rilancia: “Non c’è alcun secondo fine, tutto nasce dalle tante segnalazioni dei cittadini che chiedevano lumi su questi sottotitoli”, ha spiegato l’assessore alla toponomastica, Simone Borsari. E ancora: “Continuiamo a prenderci cura delle radici antifasciste della città e preservare la memoria di coloro che persero la vita per ridare dignità all’Italia”.
Il dibattito ha preso piede anche sui social. L’ex ministro Arturo Parisi ha tuonato su Twitter: “Incredibile! Togliere quindi la parola Patria anche dalla Costituzione? Ridicolo! Non credibile!”. Alcuni parlano di “favore alla destra che si approprierà ancora di più di un termine fin troppo abusato dal partito della premier Meloni, Fratelli d’Italia“. Altri chiedono al Comune di fare ulteriori approfondimenti prima di “maneggiare la Storia”. Mentre in molti consigliano “patriota partigiano”, per non chiudere la discussione sul termine consegnandolo definitivamente alla “destra di matrice fascista” e negandolo al ricordo della Resistenza. L’ultimo luogo bolognese dedicato a una partigiana è il giardino Lina Merlin, nota soprattutto perché madre della legge che abrogò la regolazione statale della prostituzione. Nel 1926 Lina Merlin fu tra i pochissimi insegnanti che rifiutarono di prestare giuramento di fedeltà al regime fascista. Fu poi arrestata e condannata al confino “perché irriducibile”. Bologna la ricorda come “politica, partigiana e insegnante“. Patriota sarebbe di troppo?