Apple e Foxconn, statunitense la prima e taiwanese la seconda. Colossi delle tecnologie che da decenni intrattengono un virtuoso e profittevole rapporto di collaborazione. Tutti i preziosissimi oggetti con la mela morsicata escono dai giganteschi stabilimenti asiatici di Foxconn dove lavorano milioni di persone e situati, per lo più, in Cina. Ora che però la Cina non è più quella di una volta e i rapporti tra Pechino e Washington neppure, servono alternative. Lasciare la Cina non si può ma crearsi un “piano b” e una “ridondanza” di siti produttivi sì. La scelta cade, abbastanza automaticamente, sull’India, l’altro grande emergente asiatico ricco di competenze e mano d’opera a costi contenuti. Ma questo non è sufficiente. Tanto che prima di arrivare armi e bagagli sul suolo indiano i due colossi si sono fatti approvare una riforma delle leggi sul lavoro ad hoc che rende ancora più flessibile l’utilizzo della mano d’opera. Una vigorosa azione di lobbying secondo quanto confermato da tre diverse fonti al quotidiano inglese Financial Times, per ottenere una quasi totale liberalizzazione delle norme sul lavoro nello stato indiano del Karnataka.
Con la riforma chiesta e ottenuta da Apple e Foxconn, il Karnataka diventerà uno degli stati indiani con la flessibilità del lavoro in assoluto più estesa e pronunciata. I turni potranno allungarsi a 12 ore, dal precedente limite di 9. Sarà inoltre più facile far lavorare le donne nei turni notturni per favorirne così una maggiore partecipazione alla produzione allineandola ai valori di Vietnam e Cina. Salgono anche le ore consentite di straordinario che potranno essere fino a 145 in tre mesi, rispetto alle precedenti 75. Si tratta di circa due ore al giorno, un addetto potrebbe insomma trovarsi inchiodato al suo posto per 14 ore circa. Un funzionario indiano ha confermato che le modifiche alla normativa sono state decise dopo le forti pressioni di diverse aziende straniere, in particolare appunto Foxconn e Apple che però rifiutano di commentare nel merito. “Sono adeguamenti crucialo per costruire in quest’area una produzione efficiente e su larga scala”, si limita a dire il portavoce del colosso taiwanese. “Essere in grado di eseguire la produzione con due turni di 12 ore, con impianti in funzione 24 ore su 24 è molto importante in quest’ottica”, ha aggiunto. Sia il governo centrale che i singoli stati indiani, specialmente nel sud del paese, stanno offrendo incentivi agli investitori per strappare produzioni alla Cina nell’ambito dell’ambizioso piano di rilancio “Made in India”. Foxconn, che non produce solo per Apple ma per tutti i principali marchi di elettronica, conta oggi in Cina 13 impianti. Il più grande è vicino a Shenzhen dove sono impiegati centinaia di migliaia di lavoratori. Fabbrica finita in passato sotto i riflettori per le condizioni alienanti dei suoi addetti che avevano causato, tra l’altro, diversi sucidi. La società ha un giro d’affari di circa 180 miliardi di dollari l’anno.