Televisione

Benedetta Primavera, nessuno tocchi Loretta Goggi

C’è chi ha scritto in queste ore che la promessa non è stata mantenuta, ossia che la celebrazione c’è stata. Ma il ragionamento va ribaltato: al massimo di celebrazione ce n’è stata troppo poca

di Francesco Canino

Nessuno tocchi Loretta Goggi. Perché i grandi artisti vanno sempre rispettati. E perché, diciamolo chiaramente, accettando di tornare in tv con un one woman show il piatto della bilancia pendeva più dalla parte dei rischi che da quella dei benefici. Cos’aveva da guadagnarci a fare Benedetta Primavera? Nulla. Cos’aveva da dimostrare dopo sessantatré anni di carriera? Niente. Invece ha accolto la sfida mettendo probabilmente in conto critiche positive ma anche giudizi tranchant e bassezze un tanto al tweet di chi decide palinsesti e scrive scalette standosene sdraiato sul divano di casa. Loretta con la O non ha resistito al pressing ed è tornata a fare lo show – che poi è ciò che sa fare meglio – ma con una richiesta inderogabile: niente nostalgiche autocelebrazioni. C’è chi ha scritto in queste ore che la promessa non è stata mantenuta, ossia che la celebrazione c’è stata. Ma il ragionamento va ribaltato: al massimo di celebrazione ce n’è stata troppo poca. Una con la sua carriera, la sua discografia e il suo talento, ne merita una dose massiccia.

Maurizio Costanzo, uno che conosceva bene gli italiani e la loro memoria cortissima, sosteneva che la celebrazione va fatta quando sono i grandi artisti in vita, non quando non ci sono più. Chi se li scorda lo speciale con Vittorio Gassman, Monica Vitti e Alberto Sordi e quello sui “tre tenori” della tv Bongiorno-Vianello-Corrado? Nessuno. Raffaella Carrà, un’altra refrattaria all’autocelebrazione, cedeva comunque a Boncompagni e a Japino e non c’era spettacolo in cui non riproponesse i suoi grandi successi. Perché è anche attraverso quelli che si consolida il patto con il pubblico. Uno sguardo al passato senza la tassa della nostalgia – al massimo con una dose corretta di malinconia -, uno ben più lungimirante al futuro. Anche per dire alle nuove generazioni: ragazze, ragazzi, non vi abituate alla mediocrità. Sappiate che c’è stata una stagione in cui le Goggi e le Carrà – pur con storie personali e carriere completamente diverse – erano la regola. Oggi sono l’eccezione. Ed è un’eccezione vivente la Goggi, capace com’è stata di surfare sul successo per sessant’anni. Merito del talento, grazie al quale è arrivata al cuore della gente. E della disciplina. La stessa con la quale si è applicata per il ritorno in scena. Non avrebbe voluto cantare, l’hanno convinta a farlo e lei si è rimessa a studiare con una coach. Il risultato? Uno dei momenti più intensi della prima puntata di Benedetta Primavera è stato quando ha cantato (live, senza playback: evviva le sbavature!) Io nascerò, brano iconico del suo repertorio, scritto da Mango: un grido di rinascita, urlato col dolore della maschera tragica greca.

Speriamo allora che la Goggi nelle prossime puntate canti di più. E che lo show abbia meno momenti parlati perché al debutto ce ne sono stati davvero troppi. Quelli con Vespa e Amendola sono stati i meno convincenti, così come non ha brillato la partecipazione di Heather Parisi (ancora le frecciatine contro la Cuccarini? Che noia. Molto meglio quando canta e balla). Il ribaltamento della scaletta forse avrebbe dato una spinta maggiore allo show, perché i blocchi più gustosi sono stati quelli della seconda parte con Chiara Francini – lei sì, una capace di mettersi al servizio dello spettacolo: c’è da sperare che torni almeno in un’altra puntata -, dall’omaggio alle canzoni della Goggi, di cui è palesemente una fan, al quiz surreale sulle donne di Sanremo con Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu (ottime spalle e pure molto bravi da coristi della padrona di casa che imitava la Vanoni cantando Ti voglio. Tra le altre imitazioni, la più divertente è quella di una regina Elisabetta politicamente scorretta). Un po’ cringe ma comunque riusciti i duetti immaginari, con Mietta e Anna Tatangelo che si sono esibite virtualmente con Mia Martini e Whitney Houston: ad alcuni ha ricordato il format Dream Duets, ma il pensiero va subito a Paolo Limiti che faceva duettare tra gli altri Manuela Villa col padre (non a caso, tra gli autori della Goggi c’è Salvo Guercio, preziosa memoria storica della tv, che iniziò la sua carriera proprio con Limiti).

Non tutto ha funzionato, è mancato un po’ di raccordo tra un momento e l’altro dello show e anche un po’ il brivido dell’imprevisto. Non è un caso, forse, che gli ascolti siano stati tiepidi, quasi 3 milioni con il 18,6% di share, un testa a testa con Buongiorno Mamma 2, la fiction con Raoul Bova. Quanto conta il fatto che il pubblico, anestetizzato da due decenni di reality e talent, sia ormai completamente disabituato a questo genere di programmi? Molto, moltissimo. E non è vero che il varietà è morto: semplicemente non è fatto per reggere tre ore di prima serata. Benedetta Primavera risulta un programma ben confezionato, con l’ottima regia di Cristiano D’Alisera, la raffinata scena di Marco Calzavara e le coreografie impeccabili del geniale Laccio (da X Factor alla cerimonia dei mondiali del Qatar, c’è la sua firma). Per questo va tutelato. Soprattutto perché tra due settimane debuttano su Canale 5 Pio e Amedeo: mandarlo a sbattere contro di loro, sarebbe davvero ingiusto.

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