L’ho visto in anteprima. Con ancora la rabbia dentro per le infelici battute rivolte ai naufraghi di Crotone, “Non dovevano partire… Partire è un po’ morire…”.
Prendere nota: inutile negarlo per molti di noi, questi disperati sono un po’ meno individui di noi. Cento giorni a bordo delle navi umanitarie nel Mediterraneo Centrale, ha trascorso Valerio Nicolosi, fotoreporter, un tipo tosto che alle rotte migratorie ha dedicato ben nove viaggi tra la Grecia e i Balcani per raccontare la più grande tragedia (dis)umana dei nostri tempi. Firma la regia di “Formiche” (prodotto da Dazzle Communication) e la sua telecamera squarcia le vite di coloro che si ammassano per le strade, per sentieri impervi di montagna, sterpaglie. L’asfalto gli brucia sotto i piedi, macinando migliaia di kilometri.
Quei piedi devono condurli in Europa, ad ogni costo, all’inseguimento di un futuro migliore. Se alle frontiere ( del Kosovo, della Bosnia…) non vengono rispediti indietro a suon di calci e mazzate con il calcio del fucile. I più fortunati arrivano a Trieste. Dove li accolgono mani caritatevoli e premurose, prendono questi piedi in mano, i piu’ fortunati hanno ancora le scarpe ai piedi, (scarpe?), ciabatte a brandelli, senza suole. E noi nelle orecchie abbiamo ancora il piagnisteo di un figlio che reclama l’ultimo modello di sneaker Nike, quelle da 250 euro. Non lo sanno quanto fortunati sono a vivere in una casa calda e illuminata, a mangiare quello che gli pare. Allora ci chiediamo perché essere nati nella parte sbagliata del mondo comporta tanta sofferenza.
Gli angeli di Trieste sono le capofila di Amnesty International, accarezzano piedi lacerati con crateri infettati di pus, li curano, li bendano, li accarezzano. Quanta bella umanità c’è in quel semplice gesto, i loro sguardi parlano: avrò cura di te. Chi è rimasto dietro, dorme in sacco a pelo per terra, in edifici diroccati, senza finestre, tra pozzanghere e insetti. Condizioni di igiene inesistenti. Per una parvenza di normalità, dietro una tenda lercia una bottiglia di plastica diventa una doccia. Nessuna anima distribuisce loro generi di prima necessità, quello che trovano lo cucinano su un fornellino a gas e lo mangiano con le mani.
Già, tanto loro sono un po’ meno individui di noi. Formiche da schiacciare dai “Grandi Piedi” di chi produce armi e finanzia le guerre.
“Formiche”, per citare “Furore” dello scrittore cult americano John Steinbeck, il suo incipit compare in apertura del documentario letta da Bruce Springsteen.
Ma le formiche, donne e bambini, anche calpestate, sottoterra diventano semi, un esile germoglio, una flebile speranza di una vita migliore di quella che si sono lasciati alle spalle. Loro hanno la forza nascosta della sopravvivenza. Perchè restare per loro era un morire sicuro.
Prendere nota: da vedere assolutamente!