È questa la ricostruzione fatta dal pm Paolo Filippini che indaga sull'incidente stradale avvenuto alle 2.30 della notte del 18 febbraio
I suoi percorsi di cura presso i Centri psicosociali sono iniziati nel 1995, poi nel 2015 l’imputazione per tentata rapina, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Quindi, nel 2016, un Tribunale lo ritenne incapace di intendere e volere in quanto affetto da “totale vizio di mente“. Eppure nel 2018 è riuscito ad ottenere la patente di guida, convertendo la sua patente marocchina in quella italiana presso la Motorizzazione civile di Pavia. Ed è stato così che il 18 febbraio scorso si è messo alla guida in evidente stato di alterazione dopo aver assunto benzodiazepine e cannabis ed è piombato a 150 chilometri orari contro l’auto a bordo della quale viaggiavano Laura Amato e Claudia Turconi, travolgendo e uccidendo le due donne di 54 e 59 anni che erano intente a pagare il pedaggio del casello autostradale Ghisolfa sulla A4 Torino-Milano.
È questa la ricostruzione fatta dal pm Paolo Filippini che indaga sull’incidente stradale avvenuto alle 2.30 di notte di tre settimane fa: come riporta il Corriere della Sera, Mohamed El Mir, 39 anni, attualmente indagato per omicidio stradale, soffriva da tempo di disturbi psichiatrici ma, nonostante una perizia psichiatrica avesse attestato che aveva un “disturbo psicotico breve” (sindrome i cui sintomi sono allucinazioni e deliri ma tra un minimo di 1 giorno e un massimo di 30), aveva ottenuto la patente. Come si legge sul quotidiano milanese, questo è stato possibile perché non “esistono automatiche comunicazioni circolanti tra gli archivi dei vari uffici pubblici dalle quali quella riga sul ‘totale vizio di mente’ potesse allertare qualche prudenza maggiore degli ordinari certificato medico e autodichiarazione dell’aspirante patentato”.
Ma non è tutto. Proprio 48 ore prima dello schianto mortale l’uomo aveva avuto un’altra crisi, tanto che la moglie lo aveva convinto ad andare in ospedale a farsi prescrivere dei farmaci: una volta lì, però, si era allontanato – riferisce sempre il Corriere – “per ricomparire l’indomani, sempre notevolmente alterato, all’aeroporto di Malpensa, dove è stato respinto all’imbarco e indirizzato al presidio medico (con somministrazione di 50 gocce) e poi all’ospedale di Gallarate. Ma pure da lì è andato via quando da un cugino, venuto a prenderlo, si è voluto far riportare all’auto parcheggiata a Malpensa, a suo dire per riposarvisi”. E invece si è poi messo alla guida uccidendo le due amiche.