Il processo riguarda la gestione di alcuni negozi di Ferdico al quale il patrimonio, stimato in circa 100 milioni di euro, è stato confiscato in via definitiva. Nonostante la confisca subita, secondo l’accusa, l’imprenditore avrebbe continuato ad essere il dominus di una parte dei beni grazie alla complicità di alcuni prestanome
Colpo di scena nel proceso al cosiddetto re dei detersivi di Palermo. La Cassazione ha annullato con rinvio alla corte d’appello la sentenza di secondo grado che condannava a 5 anni per intestazione fittizia di beni Giuseppe Ferdico, ex titolare di una catena di negozi di prodotti per la casa con centinaia di dipendenti. Annullata anche la condanna di Francesco Montes, mentre per i due coimputati, Pietro Felice e Antonio Scrima, che rispondevano di estorsione aggravata e in appello avevano avuto 7 anni, l’annullamento ha riguardato solo la circostanza aggravante dell’aver favorito la mafia.
La Suprema Corte ha dunque accolto la linea difensiva degli avvocati Roberto Tricoli, Luigi Miceli e Giovanni Di Benedetto. Il processo riguarda la gestione di alcuni negozi di Ferdico al quale il patrimonio, stimato in circa 100 milioni di euro, è stato confiscato in via definitiva. Nonostante la confisca subita, secondo l’accusa, l’imprenditore avrebbe continuato ad essere il dominus di una parte dei beni grazie alla complicità di alcuni prestanome e dell’amministratore giudiziario Luigi Miserendino che però in un separato processo era stato già assolto. Ma questa è solo l’ultima delle vicende processuali a carico dell’imprenditore. Accusato di concorso esterno in associazione mafiosa venne assolto in primo grado, ma la sentenza fu ribaltata in appello con la condanna a 9 anni e 4 mesi. La Cassazione annullò con rinvio alla Corte d’appello che assolse nuovamente Ferdico. L’assoluzione è poi diventata definitiva.
I legali del commerciante palermitano hanno ora proposto la revoca della confisca del patrimonio. Una storia giudiziaria lunga e complessa quella dell’imputato arrivato a processo dopo tre richieste di archiviazione dei pm e l’imputazione coatta disposta dal gup. Parallelamente al processo penale a carico dell’imputato si è svolto il procedimento di prevenzione che ha portato alla confisca del patrimonio. Per il tribunale c’erano indizi che Ferdico fosse vicino alla mafia e che avesse riciclato denaro di Cosa nostra.