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Omicidio Attanasio, lo Stato italiano contro la richiesta di condanna a morte per i 6 congolesi imputati. La difesa chiede la piena assoluzione

La richiesta è stata notificata durante l’udienza di sabato dedicata all’arringa difensiva. Sarà l'ultima udienza, questa, prima della lettura della sentenza da parte dei giudici militari

Dopo la presa di posizione dei familiari, anche lo Stato italiano si schiera contro la richiesta di condanna a morte dei sei imputati per l’omicidio dell’ambasciatore nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, del carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e dell’autista del Programma alimentare mondiale, Mustapha Milambo. Una richiesta, quella avanzata dalla Procura miltare di Kinshasa lo scorso 8 marzo nel corso della penultima udienza del processo al presunto commando armato che assaltò il convoglio nel quale viaggiavano le tre vittime, che non rispecchia i principi costituzionali italiani. La difesa, intanto, nel corso dell’arringa difensiva ha chiesto l’assoluzione per tutti gli imputati.

Così lo Stato, che insieme alla famiglia si è costituito parte civile nel processo, ha chiesto che la pena non vada oltre l’ergastolo nel caso in cui il gruppo, formato da 5 uomini oggi alla sbarra e da un altro, il presunto leader, ancora latitante, venisse effettivamente ritenuto colpevole del sequestro e dell’uccisione dei due cittadini italiani e dell’autista congolese. La richiesta è stata notificata durante l’udienza di sabato dedicata all’arringa difensiva.

Sarà l’ultima udienza, questa, prima della lettura della sentenza da parte dei giudici militari che si sono di nuovo riuniti sotto il tendone adibito ad aula di tribunale nel carcere di Ndolo, nella capitale congolese, per giudicare la posizione di Bahati Kiboko, Murwanashaka Mushahara André, Issa Seba Nyani, Amidu Sembinja Babu, Marco Prince Nshimimana (accusato di essere l’esecutore materiale del triplice omicidio) e di Amos Mutaka Kiduhaye, detto Aspirant, ancora latitante. Il gruppo è imputato a vario titolo di omicidio, associazione a delinquere e detenzione illegale di armi e munizioni da guerra, con quest’ultima accusa che giustifica il ricorso al tribunale militare secondo il codice congolese.

Gli avvocati di difesa, nella loro arringa, hanno chiesto l’assoluzione per tutti i sei imputati sostenendo che gli uomini non hanno commesso il fatto o comunque esistono dubbi sulla loro responsabilità. Il pubblico ministero ha però subito replicato che non vi sono dubbi sulle responsabilità degli imputati sulla base dei dettagliati verbali di confessione nei quali ognuno descrive il proprio ruolo. Verbali, ha continuato, mai contestati nel merito dalla difesa e confermati sia dai filmati mostrati in aula, che a suo dire escludono anche che le confessioni siano state estorte con la violenza, sia dalla perizia balistica.