Il brano accostato al canto partigiano "Bella ciao". "Qualcosa nel consiglio d’ interclasse non è funzionato ma posso garantire che non c’è alcun approccio politico ma solo una riflessione a livello storico”, spiega la responsabile a Ilfattoquotidiano.it
È scontro alla scuola primaria Bissolati di Cremona. Al centro della polemica un equivoco – a quanto pare – dettato dal confronto tra genitori e insegnanti in un consiglio di interclasse sull’insegnamento dei valori della Resistenza. Da una parte alcune mamme e papà che accusano i docenti di parlare di Faccetta nera e Bella ciao, dall’altra la dirigenza e gli insegnanti che spiegano che si tratta solo di un “percorso di confronto per riflettere sulla Liberazione”. A spiegare il tutto a IlFattoquotidiano.it è la dirigente dell’istituto Daniela Marzani che, contattata domenica nel tardo pomeriggio, resta stupita: “Essendo la preside di 45 sezioni non partecipo ad ogni interclasse com’è normale che sia ma una volta informata di quanto si vociferava ho chiesto alla responsabile di plesso: non abbiamo alcuna intenzione di insegnare “Faccetta nera”. Si tratta di un equivoco. Il progetto educativo musicale è stato travisato. Qualcosa nel consiglio d’ interclasse non è funzionato ma le posso garantire che non c’è alcun approccio politico ma solo una riflessione a livello storico”.
Marzani non ha alcuna intenzione di alimentare polemiche ma butta acqua sul fuoco: “Se i genitori avessero avuto qualche disaccordo potevano parlarne nella sede opportuna anziché rivolgersi ai media. I problemi si risolvono nell’interclasse non certo sulla stampa”. La riunione tra genitori e insegnanti avrebbe, infatti, travalicato il buon senso. Secondo l’Ansa l’ira di mamme e papà sarebbe esplosa contro il brano divenuto inno del regime fascista: “È una canzone ignobile e non andrebbe insegnata a dei bambini delle elementari”, ha detto una madre. E un padre ha rilanciato: “La storia non può essere spiegata con Faccetta nera”. E ancora: “Il testo parla chiaro” – dichiara un genitore – citando a memoria le parole della marcetta delle «Camicie Nere» pronte a vendicare “gli eroi caduti” e a liberare la “bell’abissina”.
Senza dubbio si tratta di uno dei brani più controversi della storia della musica italiana. Il testo racconta di un soldato italiano in partenza per l’Abissinia che promette «un’altra legge e un altro re» a una «moretta» dell’odierna Etiopia. La canzone non nasce, però, come celebrazione del fascismo, tanto che Benito Mussolini tentò di farla bandire per l’esplicito (e poco imperiale) movente interetnico. Fu sulla scia di quell’idea che piega la musica (e le arti in genere) a scopi politici che Faccetta nera si trasformò in un elogio musicale al Ventennio. E, per questo, nell’immaginario collettivo tutt’oggi si contrappone a Bella ciao, canto partigiano per antonomasia. Anch’esso tutt’altro che esentato dalle polemiche. A placare la diatriba è ancora una volta la dirigente: “Fossi stata presente alla riunione avrei invitato tutti a una riflessione più prudente per evitare contestazioni di questo genere ma cerchiamo di parlare delle risorse e delle questioni vere della scuola senza alimentari casi sul nulla”.