Apro la busta (unpackaging si dice oggi) che il postino mi ha lasciato e sorpresa: l’editore Castelvecchi mi manda la raccolta degli articoli di Antonio Cederna, un bel librone intitolato La distruzione della natura in Italia (prefazione di Tomaso Montanari, introduzione di Maria Pia Guermandi). Ecco gli articoli e i saggi di uno dei padri dell’ambientalismo italiano, penna chirurgica di uno straordinario giornalista e intellettuale che scrisse sul settimanale Il Mondo, sul Corriere della Sera e La Repubblica. Fu anche consigliere comunale di Roma e deputato della sinistra indipendente.
Conoscevo i suoi scritti (pubblicati da Einaudi nel ’75). Ora ritornano in una nuova versione perché non basta mai (e si fa sempre meno) denunciare vandali e distruttori del territorio, saccheggiatori dei beni culturali, turbo-capitalismo che specula sulla bellezza d’Italia.
Però anche un corteo di ricordi bussa alla porta. Tornano gli anni in cui grazie all’inviato de La Stampa Mario Fazio dirigevo Italia Nostra (Antonio Cederna fu tra i fondatori). Lo dico non per narcisismo – tento di starci alla larga il più possibile – ma perché a parlare di ambiente oggi sono tanti, ma non sono molti a focalizzarsi sui responsabili, a circostanziare scempi edilizi e sfregi ai parchi nazionali, alle coste, ai parchi cittadini e al verde pubblico.
Antonio Cederna, come molti amministratori e colleghi (all’epoca era un giornalismo più libero) chiamavano le cose per nome e combatteva concretamente e senza elitarismi, come ben scrive Montanari: “Antonio Cederna è vivo e presente, oggi. E lo è grazie a tre rarissime caratteristiche:
1. La vastità degli argomenti che copriva (l’urbanistica e la salvaguardia del territorio; la distruzione del patrimonio monumentale diffuso; le operazioni di speculazioni sui siti monumentali – come quella, terrificante, dei principi Torlonia a Roma –, ma anche le scempiaggini della cosiddetta politica culturale, a partire dalla follia delle grandi mostre promozionali, oggi al loro apice);
2. La dimensione profondamente politica (e giammai estetica) delle sue idee e della sua scrittura;
3. La durezza con cui attaccava frontalmente figure potentissime, anche all’interno della burocrazia della tutela.
Bisognerebbe ristampare la galleria di ritratti dei soprintendenti e dei direttori generali corrotti, incapaci, servilmente disposti a tradire la propria missione per compiacere i pezzi più grossi di loro. Se Cederna non è mai apparso una vestale piangente del patrimonio in rovina, ma piuttosto il comandante di una efficace resistenza civile, lo si deve al fatto che non era possibile tacciarlo di passatismo, nostalgia, elitarismo”.
Mi torna in mente il figlio, Giuseppe Cederna, noto attore, scrittore-camminatore con cui avevo presentato a Roma e a Cuneo il suo Il grande viaggio (Feltrinelli) e i miei Terre alte (Ponte alle Grazie) e La cavalcata selvaggia (Tea). Parlammo delle loro origini montanare, valtellinesi, gente tenace e “scomoda” a cominciare dalla celebre zia Camilla. Dunque, bentornato Antonio Cederna. Rileggeremo il tuo libro che parla di un delitto allora ai primi stadi e oggi sempre più perfetto: l’estinzione dell’umanità sulla terra e della bellezza.