Un numero sta rimbalzando online, quello dei “685 mila migranti irregolari” che sarebbero pronti a partire dalla Libia verso le coste italiane. La fonte, dice il Corriere che ne ha dato notizia, è il rapporto che gli apparati di sicurezza inviano settimanalmente al governo. Tanto che il dato è già stato ripreso da molte altre testate e agenzie. Peccato che non corrisponda al vero. La cifra è infatti sovrapponibile al totale delle presenze straniere in Libia. L’ultimo censimento dell’Oim, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni dell’Onu, ne conta 683 mila. E tra queste ci sono i circa 500 mila migranti che nel Paese hanno un lavoro. La disoccupazione straniera in Libia è infatti al 26% e la fragile economia nazionale continua ad avere bisogno della manodopera che per lo più arriva da Stati confinanti come Niger ed Egitto, nazioni che non compaiono tra le principali da cui provengono i migranti sbarcati in Italia. Eppure il governo già commenta il dato degli 007 e rilancia annunciando modifiche al “decreto Cutro” appena messo a punto dopo il naufragio avvenuto il 27 febbraio scorso.

“Nei rapporti settimanali sull’immigrazione che vengono mandati al governo italiano, gli apparati di sicurezza e gli analisti sottolineano come in Libia, nei campi di detenzione ma non solo, ci siano 685 mila migranti irregolari pronti a partire per sbarcare sulle coste italiane”. E’ quanto riporta oggi il Corriere, ricordando che dal primo gennaio al 10 marzo gli arrivi complessivi sulle nostre coste (non solo dalla Libia) sono ad oggi 17.592. Il triplo rispetto a quelli registrati nello stesso periodo del 2022 e del 2021 (5.976 e 5.995). Ma il dato, si legge, “rischia di rappresentare solo un anticipo, un’avvisaglia di quello che potrebbe accadere nei prossimi giorni”. Perché quelli pronti a partire dalla Libia sarebbero, appunto, 685 mila. Possibile? Stando ai dati ufficiali dell’Oim, che nell’ottobre 2022 ha censito 683.813 migranti nel Paese (erano 679 mila ad agosto 2022), perché accada quanto paventano i nostri 007 la Libia dovrebbe svuotarsi del tutto, un evento che metterebbe in ginocchio la sua economia. Perché degli stranieri presenti il 90% sono adulti e il 78% uomini. Di questi, tre su quattro hanno un lavoro. Tra le migliaia di migranti intervistati dai funzionari Onu, il 47% spiega che “le rimesse inviate in patria sono la principale fonte di reddito per la loro famiglia”, si legge nel rapporto appena pubblicato dall’Oim.

Se tutte queste persone non aspettassero altro che prendere il mare verso le coste italiane, le nazionalità che sbarcano dovrebbero corrispondere o almeno rispettare la composizione della presenza straniere in Libia, che per la maggior parte riguarda i paesi confinanti: il 24% dei migranti viene dal Niger, il 22% dall’Egitto, il 19% dal Sudan, il 12% dal Chad e il 4% dalla Nigeria. Mentre le nazionalità dichiarate nel 2023 al momento dello sbarco in Italia sono la Costa d’Avorio con 2.383 sbarchi sui 17.592 totali, la Guinea con 2.334, e il Bangladesh con 1.506. L’Egitto, che è anche un paese di partenza della rotta mediterranea, è solo al sesto posto. E questo perché, si legge in altri rapporti dedicati alle principali nazionalità presenti in Libia, “la metà dei migranti nigeriani intervistati ha espresso l’intenzione di rimanere in Libia“, mentre chi fa progetti a lungo termine per lo più ha “intenzione di tornare nel Paese d’origine”. E così gli egiziani, che nel 52% dei casi manifestano l’intenzione di restare nel Paese. Del resto ci sono accordi tra questi paesi e la Libia che riguardano proprio i lavoratori, “che a partire dall’edilizia rappresentano una risorsa che rimane fondamentale”, ricordano le Nazioni Unite. Definirli tutti “irregolari” pronti a partire non potrebbe essere più diverso dalla realtà.

Il ricercatore dell’Ispi, Matteo Villa, ha commentato su Twitter il dato dei servizi: “E’ un errore: sono i migranti presenti, non quelli pronti a partire”. E ricorda le stime dei servizi nel 2022: “L’anno scorso previdero 400 mila sbarchi. Le mie previsioni: 110.000. Gli sbarchi effettivi: 105.000“. Eppure la previsione degli 007, scrive ancora il Corriere, “circola nei tavoli interministeriali che sono chiamati a occuparsi di questo tema che, per quanto antico e strutturale, ha ripreso il pieno carattere dell’emergenza”. Perché se gli arrivi sono stati 104mila l’anno scorso, “la cifra sui possibili arrivi dalla Libia è quasi sette volte superiore“. A prendere sul serio un simile calcolo, si potrebbe credere che la maggior parte degli stranieri in Libia siano chiusi nei tristemente famosi centri di detenzione e intenzionati a partire non appena possibile. Ma al 12 febbraio 2023 “si stima che 3.596 persone si trovino in centri di detenzione (DC) in tutta la Libia”, scrive nel suo ultimo report l’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati. Eppure molte testate online continuano a riprendere l’allarme lanciato dai servizi, e il governo reagisce annunciando possibili modifiche al decreto immigrati appena varato. Il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, apre alla possibilità di rivedere il “decreto Cutro”, riporta l’AGI: “Ora il testo andrà al Senato, e lì vedremo se è o meno necessario migliorarlo”.

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