Sabato 11 marzo ho partecipato anche io alla manifestazione nazionale a Piombino contro il rigassificatore che sta per attraccare a pochi passi dalle abitazioni e dalle scuole. Una nave lunga trecento metri e alta quaranta, con una capacità rigassificatrice di cinque miliardi di mc di gnl e un potenziale inquinante e distruttivo.
La manifestazione di sabato però, non era solo contro il rigassificatore di Piombino, ma contro tutti gli assurdi progetti che stanno piombando addosso ai territori già devastati: “Territori in cammino, liberiamoci dal Fossile” era scritto sullo striscione che apriva la manifestazione. Ed eravamo a migliaia, da ogni parte d’Italia, da tante città già duramente provate da un inquinamento assurdo e infinito. Una manifestazione carica di energia, ma anche di rabbia. Gente di tutta età, stanca di vedere morire i propri cari per inquinamento, “avvelenati dal profitto”. Nei vicoli risuonavano chiare e da brividi le parole di un giovane di Civitavecchia, città ammorbata dalle polveri della centrale a carbone.
Uno/due rigassificatori in arrivo a Ravenna, cinque rigassificatori in Sardegna, il più grande del mondo andrà in Calabria e altri nelle Marche e in Sicilia, oltre a quelli già attivi a Panigaglia (La Spezia), a Livorno e a Porto Viro (Rovigo). A che servono? E’ chiaro ormai che tutti questi progetti che stanno rivoltando l’Italia come un calzino (non solo rigassifcatori, ma anche nuovi metanodotti, nuovi impianti di stoccaggio, nuove trivelle) mirano solo ad un obiettivo: far diventare l’Italia un Hub del gas per l’Europa. Le nuove opere fossili porteranno a una capacità di importazione e trasporto di 106 miliardi di mc all’anno, con una sovracapacità del 45% rispetto al fabbisogno nazionale attuale, in costante calo. Ci staccheremo dal gas russo, ma ci legheremo agli Usa e ad altri paesi in Africa e Medioriente che non sono certo specchio di democrazia. Ed è anche da questi territori devastati dall’estrazione del gas e del petrolio, dai regimi dittatoriali (con cui i nostri governi fanno accordi), dalla siccità, dalle guerre, che i migranti scappano e rischiano la vita nel mare, davanti alle nostre coste.
Altro dato vergognoso: oltre 20 miliardi di fondi pubblici vengono erogati in sussidi per sostenere l’industria fossile ogni anno, quando potrebbero essere utilizzati per l’efficientamento energetico delle scuole, delle case, per la creazione di impianti fotovoltaici sopra ogni casa. Solo questo, insieme alla riduzione dei consumi, potrà salvarci dalla più drammatica crisi sociale, climatica ed ecologica dell’umanità.
Per inciso, il sindaco di Piombino, Francesco Ferrari (Fratelli d’Italia), mentre parlava, è stato fischiato da alcuni manifestanti, per la sua posizione favorevole ai progetti legati al fossile (di questo governo, in continuità con quello precedente e con quello precedente ancora e ancora e ancora). Favorevole appunto, ma non a Piombino, “città che ha già troppo dato e troppo sofferto”.
Si può dire che tante sono le città che hanno troppo dato e troppo sofferto, che il sindaco manca di empatia verso le altre città, ma non si può negare che almeno lui, la sua città e i suoi cittadini li difende. E se tutti i sindaci d’Italia (o almeno la maggior parte) facessero come lui, saremmo già in un Paese migliore. Il Comune di Piombino ha anche fatto un ricorso al Tar per fermare il rigassificatore, insieme a Greenpeace e al Wwf, il cui verdetto è stato rimandato a luglio.
Pippo Tadolini, attivista del Coordinamento Ravennate Fuori dal Fossile ha detto al microfono: “Magari noi di Ravenna avessimo un sindaco che fa quello che ha fatto lui contro il rigassifcatore”. A Ravenna, il sindaco Michele De Pascale (Pd), il rigassificatore l’ha nvece proprio cercato e chiamato, e non pago di uno, ora ne avrà due, quello che a Piombino non vogliono. Sembra infatti che la nave resterà a Piombino “solo” tre anni e poi migrerà a Ravenna.
Sperando che da due non passiamo a tre!
A Ravenna, città già pesantemente inquinata da decenni di petrolchimico e altre attività inquinanti, resta aperto anche il fronte della CCS (Carbon capture and storage). Lo scorso 26 gennaio infatti, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha autorizzato il primo progetto “sperimentale” sul CCS a Ravenna: la captazione di 25mila tonnellate di anidride carbonica dalla centrale turbogas di Casal Borsetti. Un impianto molto pericoloso, che gode di procedure semplificate, e che non farà altro che nascondere (letteralmente) la CO2 sotto al tappeto per poter continuare a bruciare gas. Ma sulla sua sicurezza, sulla sua utilità ci sono molti dubbi.
I Territori in cammino continuano a manifestare contro il fossile, per il diritto alla vita e alla salute: in Sardegna il 15 aprile, il 6 maggio a Ravenna. Partecipate!